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La
patologia da alcool tuttavia comprende i disturbi psiconeurologici che vanno
sotto il nome di dipendenza da alcool o alcolismo. Spesso la terminologia
riferita a tali disturbi è imprecisa. L'Associazione Americana di Psichiatria
ha stabilito alcuni criteri diagnostici per distinguere l'abuso alcolico dalla
dipendenza da alcool, un manuale chiamato DSM III. Per
abuso alcolico si intende modalità di uso patologico dell'alcool per almeno un
mese, in grado di causare problemi delle attività sociali o lavorative. Per
dipendenza da alcool si intende un uso patologico dell'alcool con compromissione
delle attività sociali o lavorative dovuta all'alcool, con manifestazione di
tolleranza o astinenza. Si parla di alcolismo quando si instaura il fenomeno
della dipendenza. La
nosologia della patologia alcool-correlata si è notevolmente ampliata negli
ultimi anni per cui, oltre alla patologia gastrointestinale ed epatica, altri
organi ed apparati quali l'apparato cardiovascolare, l'apparato respiratorio,
l'apparato osteomuscolare, il sistema endocrino-riproduttivo, sono coinvolti
talora in modo irreversibile dall'abuso alcolico. La
facilità di assorbimento e di diffusibilità dell'alcool, dovute alle sue
caratteristiche. Il metabolismo dell'etanolo avviene prevalentemente nel fegato,
ma una certa quantità viene metabolizzata a livello della mucosa gastrica. L'ampio
spettro delle malattie e dei disturbi causati da abuso alcolico giustifica il
ricorso frequente da parte di tali pazienti, a cure mediche. Da indagini sui
ricoveri ospedalieri nelle divisioni mediche, risulta che il 40% di essi
riconoscano l'alcool quale causa diretta od indiretta. Nonostante
le obiettive e riconosciute difficoltà nell'identificare il paziente con
patologia o problemi alcool-correlati, il medico ha a sua disposizione varie
possibilità soprattutto per distinguere l'abusatore con o senza danno e
alcool-dipendente. L'anamnesi
andrà raccolta cercando, soprattutto quando si sospetti un atteggiamento di
difesa e di negazione, altre informazioni indirette suggestive per alterazioni
funzionali del soggetto, quali precedenti ricoveri per incidenti o infortuni,
frequenti cambiamenti di lavoro o periodi di disoccupazione. Nell'approccio
diagnostico alcuni test bioumorali sono di notevole utilità e possono essere
considerati quali test di screening per confermare il sospetto clinico di abuso
alcolico. In termini di costo e beneficio, gli esami più utili sono l'aumento
della gammaglutamiltraspeptidasi (GGT) e del volume globulare medio (MCV). Il
loro uso in combinazione consente di aumentarne la specificità, che raggiunge
il 90% con una sensibilità di circa il 60%. Alcolismo
è un fenomeno complesso, che può essere esaminato sotto profili diversi
(sociale, psicologico, clinico, medico, biologico). Per questo motivo a lungo si
è discusso sulla definizione da dare a questo fenomeno. Come già accennato
nell'introduzione, attualmente, in accordo con il DSM III, si descrivono l'abuso
e la dipendenza da alcool che a loro volta possono presentarsi con diverse
modalità: la prima caratterizzata da una costante assunzione quotidiana di
grandi quantità di alcool, la seconda da una costante abitudine a bere notevoli
dosi durante i fine settimana, la terza è rappresentata da lunghi periodi di
sobrietà intervallati da periodi di condotta sregolata con intossicazioni
quotidiane che durano settimane o mesi. La
manifestazione essenziale del disturbo è comunque rappresentata da un insieme
di sintomi cognitivi-comportamentali e fisici che indicano che il soggetto ha
una difettosa capacità di controllare l'uso di alcool. Per
scopi pratici una distinzione utile ci pare quella tra alcolismo primario e
alcolismo secondario; è definito come alcolista primario colui che sviluppa una
tossicodipendenza da alcool, in assenza di precedente nevrosi sintomatica o
psicosi; è definito come alcolista secondario colui che sviluppa una
tossicodipendenza da alcool come risultato di una nevrosi o psicosi antecedente. Per
poter stimare il fenomeno dell'alcolismo l'OMS fin dal 1965 ha proposto una
analisi statistica che tenesse conto di: 1)consumo
pro capite di alcolici; 2)incidenza
dei ricoveri per alcolismo in ospedale psichiatrico; 3)incidenza
mortalità per cirrosi alcolica; 4)percentuale
di morti dovute ad altre cause alcool-correlate; 5)incidenza
di ricoveri per alcolismo negli ospedali generali. In
Italia i consumi di alcool hanno presentato nell'arco di tempo che va dal 1950
al 1970 un aumento di circa il 50% con una successiva lenta ma continua
deflessione dal 1975 ad oggi. Nel contempo si è assistito, parallelamente
all'incremento dei consumi, ad un incremento (159%) della mortalità per
cirrosi. Tenendo
conto di dati indiretti, quali la produzione e l'importazione di bevande
alcoliche, e dei dati sopra descritti, possiamo stimare approssimativamente 4
milioni di bevitori eccessivi ed almeno un milione di alcooldipendenti. Varie
teorie sono state formulate negli anni per cercare di spiegare la genesi dell'alcooldipendenza.
I fattori che si ritiene diano un contributo allo sviluppo dell'alcolismo
possono essere genetici, familiari, socioculturali, nonché psicologici e
relazionali. Descriveremo brevemente questi diversi aspetti e cercheremo di
mettere in evidenza i singoli contributi dati per la comprensione di un fenomeno
dalla sicura eziologia multifattoriale. Durante
tutto il XIX secolo si possono rinvenire vari riferimenti circa la
trasmissibilità dell'alcooldipendenza da una generazione all'altra. Per
riuscire a stabilire quanto in realtà spetti all'ereditarietà e quanto
all'ambiente familiare sono stati eseguiti diversi studi: 1)studio sui gemelli;
2)studio su adozione e fratellastri; 3)studi su marker genetici. Lo studio sui
gemelli consiste nel paragonare gemelli monozigoti con dizigoti partendo dal
presupposto che essi differiscano solo per la composizione genetica e che
l'ambiente sia simile per membri di entrambe le coppie. Studi
condotti su coppie di gemelli maschi con un genitore alcooldipendente hanno
dimostrato che la percentuale di concordanza per uso elevato di alcool risultava
nel gruppo dei gemelli monozigoti doppia rispetto a quella riscontrata in
gemelli dizigoti anche se tale rilievo non risultava comunque sempre confermato.
Per quanto riguarda gli studi sulle adozioni il dato emerso è che i figli di
alcooldipendenti sono 4 volte più esposti al rischio di diventare
alcooldipendenti nonostante l'allontanamento dalla famiglia di origine dopo le
prime settimane di vita. L'associazione
tra dipendenza alcolica ed altri caratteri riconosciuti come ereditari ha
portato alla ricerca di marker genetici per l'alcooldipendenza. Va ad esempio
ricordato come sia stata riscontrata e descritta un'associazione tra gruppo
sanguigno A e dipendenza alcolica, dato peraltro non confermato da successivi
studi condotti su ampie popolazioni. Studi condotti su vari marker genetici,
anche se non hanno portato a conclusioni univoche, appaiono comunque
interessanti soprattutto per comprendere il fenomeno biochimico della dipendenza
da alcool. Recenti
studi hanno potuto ad esempio documentare la maggior frequenza, a livello del
DNA contenuto nel cromosoma 11 dei neuroni, di un gene anomalo che codifica, per
il recettore D2 della dopamina. Ciò starebbe a dimostrare, per lo meno in una
fetta di pazienti alcolisti, la presenza di anomalie recettoriali che potrebbero
spiegare la ereditarietà della malattia. Sono
state spesso segnalate anomalie nella personalità dei genitori di pazienti
alcooldipendenti. La revisione della letteratura di questi ultimi vent'anni
porta a considerare come il comportamento dell'alcooldipendente sia un sintomo
di un disagio interpersonale in un contesto familiare che non fornirebbe
l'ambiente emotivo, comportamentale e psicologico adeguato per lo sviluppo di un
Io forte e responsabile. Studi condotti su ragazzi, osservati intorno ai 15
anni, e poi ricontrollati all'età di 30, hanno dimostrato che i soggetti che
avrebbero poi sviluppato alcooldipendenza avevano una famiglia disgregata con
genitori irresponsabili. Si
potrebbe in definitiva confermare l'ipotesi di Jellinek di un alcolismo
familiare e di uno non familiare, il primo caratterizzato da un esordio in età
più giovanile con evoluzione ingravescente, decorso più rapido e gentilizio
positivo per alcolismo. Intendiamo
per fattori socio-culturali l'insieme di influenze in grado di esercitare una
pressione sull'individuo in quanto appartenente ad un determinato ambiente e
gruppi etnici con usi e costumi tradizionali propri. Infatti, l'uso di alcool
presenta differenziazioni anche notevoli tra le società e le culture diverse.
Possiamo infatti, in accordo con Bales, suddividere gli atteggiamenti che una
società ha verso l'alcool in 4 modelli: 1)astinenza
totale: esempio di questo tipo di modello è la società musulmana in cui l'uso
di sostanze alcoliche è proibito. In queste società il fenomeno alcolismo è
raro; 2)ambivalenza:
sono quelle società, come la statunitense, la irlandese che oscillano tra il
permissivismo e il proibizionismo. L'incapacità di assumere una posizione
univoca davanti al problema fa sì che i soggetti che abusano di sostanze
alcoliche vivano questa loro assunzione con sentimenti di estrema colpevolezza; 3)permissività
bassa: in questo tipo di società, l'uso dell'alcool è accettato solo
nell'ambito di specifici ambienti, rituali, cerimonie. Un esempio di questo
modello possono essere considerati gli ebrei, i quali pur consumatori di alcool,
risultano pressoché indenni da problemi e da patologie alcool-correlati; 4)permissività
totale: in queste società l'uso è tollerato anche in forti quantità o per lo
meno fino a che l'abusatore non assume atteggiamenti riprovevoli sotto il
profilo sociale-relazionale. In tali società, pur essendo il fenomeno presente
in tutte le classi sociali, l'abuso coinvolgerebbe maggiormente gli strati
sociali più poveri. In queste fasce probabilmente la scarsa informazione, le
pressioni sociali, le deformazioni culturali portano a una minor percezione del
livello di rischio con un facile passaggio dall'uso all'abuso ed alla
dipendenza. Le
teorie psicologiche tendono a individuare caratteristiche personologiche che
predispongono il soggetto alla dipendenza da alcool. Un contributo alla
comprensione di questo aspetto è stato dato dal modello psicoanalitico, ma
anche dalla teoria dell'apprendimento e dalla teoria dei tratti di personalità. Tale
modello individua come motivazione inconscia all'uso dell'alcool una tendenza
all'autodistruzione, una fissazione orale, ed una omosessualità latente,
sentimenti di inferiorità-superiorità. L'alcooldipendente, secondo questa
interpretazione, è fondamentalmente un soggetto che durante l'infanzia ha
vissuto sentimenti di rabbia verso i propri genitori, in quanto essi non sono
stati capaci di gratificare il suo bisogno di dipendenza e di oralità. Da
adulto il soggetto ricorrerà all'alcool per appagare questo suo bisogno e
contemporaneamente prendersi una rivincita verso i genitori, ma nel momento
della sobrietà proverà sensi di colpa e di punizione per aver vissuto questi
sentimenti ostili verso i genitori. L'ipotesi di una omosessualità latente
negli alcolisti è emersa dalla osservazione che alcolisti maschi hanno spesso
difficoltà nella loro vita sessuale anche prima dell'insorgenza di ipogonadismo
conseguente all'abuso alcolico. Nell'infanzia
di questi pazienti spesso vi è un padre assente che si è curato poco di loro e
che non ha soddisfatto le loro esigenze di cure; ciò porta ad un processo di
eccessiva identificazione con il padre e al bisogno inconscio di ricevere cure
da un uomo, il ché è chiaramente inaccettabile a livello conscio con la
comparsa di un conflitto di identità che porta all'alcolismo. Per ciò che
riguarda il senso di inferiorità-superiorità si ipotizza che questo sentimento
troverebbe le sue origini nella fanciullezza di soggetti con genitori
eccessivamente protettivi. In questi giovani si verrebbe ad affermare il bisogno
di provare a se stessi ed agli altri le proprie capacità di controllo. L'alcool
in questi casi assume l'aspetto di una lotta per il controllo in cui la
sconfitta viene vissuta come conferma della propria inferiorità. Nel frattempo
l'alcool viene ad essere l'unico mezzo per tentare una nuova lotta per una
rivincita. Tale
teoria parte dall'assunto di base che ad un impulso segue una risposta e che se
alla risposta segue una ricompensa questo rapporto tra stimolo e risposta viene
rinforzato. Viceversa se allo stimolo-risposta non segue una ricompensa a lungo
andare la risposta a quello stimolo si estingue. L'alcool ha la capacità di
alleviare l'ansia e la tensione per cui se allo stimolo ansia si risponde con
l'ingestione di alcool si ottiene la ricompensa del benessere. Si potrebbe
obiettare che, cessato l'effetto dell'alcool, vi sono, non solo il ritorno
dell'ansia, ma anche sensi di colpa e di frustrazione per cui ciò dovrebbe fare
cessare il ricorso all'uso dell'alcool. Paradossalmente invece questo fatto
agisce come stimolo, anzi come rinforzo dello stimolo: alla fine il soggetto
assumerà alcool non più come risposta allo stimolo ansia ma indipendentemente
da qualsiasi stimolo. Questa
teoria si basa sulla ricerca di tratti di personalità specifici che possono in
qualche modo predisporre all'alcool dipendenza. Molti studi sono stati condotti
alla ricerca di una personalità alcolica o prealcolica. Oggi tutti gli studi
fatti utilizzando vari test di personalità, concludono che non esiste una unica
personalità alcolica, ma solo tratti in comune tra gli alcooldipendenti di
solito collegati alla oralità come precedentemente esposto. Lo
studio dei fattori fisiologici e biologici è certamente importante per capire
soprattutto la diversa vulnerabilità di alcuni soggetti verso l'alcool. Nell'uomo
l'alcool-deidrogenasi, enzima che catalizza la conversione della maggior parte
dell'alcool ingerito in acetaldeide, è caratterizzato da un estremo
polimorfismo genetico e la frequenza dei diversi genotipi varia fortemente da
una razza all'altra. Un esempio di ciò sono la popolazione giapponese e gli
indiani d'America. I primi si può dire siano difesi dall'abuso per la scarsa
capacità di ossidare l'acetaldeide, con conseguente aumento degli effetti
sgradevoli derivanti dall'ingestione di alcolici, i secondi sono dotati di una
eccessiva capacità di ossidare l'etanolo che li ha portati probabilmente a
consumi più elevati e dannosi. Per
quanto riguarda i quadri clinici neuropsichiatrici dell'etilismo va subito
sottolineato la notevole varietà dei disturbi ai quali sottendono anche
differenti meccanismi patologici. Riteniamo utile, se pur brevemente, ricordare
l'azione dell'alcool a livello cerebrale ed il ruolo svolto dai suoi metaboliti
a livello dei neurotrasmettitori. L'alcool
agisce a livello delle sinapsi con effetto depressivo e sedativo. A
concentrazioni elevate l'effetto sedativo diventa anestetico e produce una vera
e propria narcosi. Va però precisato che l'effetto depressivo non si esplica
contemporaneamente su tutte le strutture del cervello, ma inizia dalla corteccia
cerebrale per poi discendere ai nuclei nervosi e interessare per ultimi i centri
del respiro. A
questa gradualità dell'interessamento va attribuita la prima fase
dell'intossicazione con un prevalente effetto disinibente ed euforizzante; le
inibizioni corticali sono indebolite e possono così liberarsi pulsioni,
sentimenti, emozioni represse. Il soggetto che sperimenta questa sensazione di
benessere può essere indotto a usare regolarmente sostanze alcoliche per
ottenere questi effetti. Per ciò che riguarda il rapporto tra alcool e
neurotrasmettitori cerebrali le ricerche in questi ultimi anni hanno sempre più
insistentemente suffragato l'ipotesi di una relazione sia con le catecolamine,
sia con la serotonina. Prima
di descrivere analiticamente ogni singolo disturbo psichiatrico, ci pare utile
descrivere brevemente la storia naturale dell'alcooldipendente. Con Jellinek
possiamo riconoscere una prima fase sintomatica, caratterizzata dall'uso
occasionale o costante di alcolici in dosi progressivamente crescenti. Ciò
indica un graduale aumento della tolleranza (necessità di aumentare la dose per
ottenere gli stessi effetti farmacologici). La
tolleranza all'alcool è sia di tipo farmacodinamico che farmacocinetico in
quanto vi è sia un adattamento dei siti attivi, sia una induzione enzimatica.
La curva della tolleranza è una curva a campana con un livello massimo
raggiungibile e che si mantiene stabile per un certo periodo di tempo per
diminuire drasticamente nella fase dell'alcolismo cronico. Dopo la fase
sintomatica il soggetto passa gradualmente alla fase della dipendenza per cui il
paziente non riesce più a fare a meno dell'alcool. La dipendenza è, quindi,
sia fisica sia psichica. Sulla genesi della dipendenza le ipotesi sono molte,
alcuni la considerano un disturbo caratteriale, altri una devianza
comportamentale, un tentativo di automedicazione, oppure la risultante di un
evento metabolico; quest'ultima ipotesi nasce dall'osservazione che
l'acetaldeide può legarsi ad ammine biogene con produzione di sostanze ad
azione oppioide. Questo spiegherebbe perché il naloxone è in grado di
antagonizzare alcuni effetti dell'alcool. Dalla
fase della dipendenza, caratterizzata anche da alterazioni manifeste del
carattere del soggetto che diventa irascibile, impulsivo, ansioso, con disturbi
sessuali e comparsa delle patologie organiche, si arriva alla fase cronica
dell'alcolismo, con ridotta tolleranza all'alcool, ebbrezza prolungata,
incapacità a mantenere una attività lavorativa stabile, segni di
deterioramento fisico e mentale. Secondo il DSM III i disturbi mentali organici
da alcool possono essere classificati come segue. Nonostante
l'alcool, come precedentemente descritto abbia un effetto depressivo sul SNC, i
primi effetti, a basse dosi, sono disinibenti, per cui il soggetto può apparire
all'inizio dell'intossicazione, più brillante, loquace, espansivo con una
sensazione soggettiva di benessere. Proseguendo
nell'intossicazione il soggetto presenta rallentamento ed incoordinazione
motoria, disartria, riduzione della percezione del dolore, ottundimento fino
alla perdita di coscienza. Conseguenza frequente di tali disturbi è la
facilità a causare incidenti stradali ed a subire infortuni sul lavoro. Inoltre
il soggetto è più facilmente esposto a cadute con possibili fratture ed
ematomi cranici. Per
quanto riguarda il trattamento, se l'intossicazione non è grave per il paziente
sarà sufficiente l'osservazione clinica. Il
paziente dovrà essere mantenuto in ambiente confortevole e sereno evitando sia
la contenzione che altri atteggiamenti ostili. È consigliabile sempre un controllo della glicemia per
correggere tempestivamente l'ipoglicemia, responsabile di alterazioni mentali, e
inoltre indagare sulla eventuale assunzione di psicofarmaci quali benzodiazepine
o oppiacei la cui assunzione in dosi elevate può simulare o aggravare un coma
etilico. Può
essere opportuno reidratare il paziente somministrando liquidi per via orale, e
se ciò non è possibile per via parenterale.
È stato proposto recentemente, per alcolemie particolarmente elevate,
l'uso di farmaci che accelerino il metabolismo dell'alcool (Metadoxina). Se sono
presenti convulsioni si possono somministrare benzodiazepine o valproato. La
caratteristica essenziale del disturbo è un cambiamento notevole del carattere
di un individuo, il quale diventa di solito molto aggressivo, con dosi di alcool
insufficienti a produrre lo stesso effetto. Spesso
all'anamnesi di questi soggetti c'è un trauma encefalico o un'encefalite che
potrebbe spiegare la bassa tolleranza all'alcool.
È da notare che il soggetto torna normale non appena cessa l'effetto
dell'alcool e che può esservi amnesia per il periodo di intossicazione.
La Grande Crociata
Il
sacrificio di milioni di esseri umani per
riscattare la barbarie nazista
Questa
è una sindrome che si manifesta in un soggetto che ha una storia di
alcooldipendenza sufficientemente lunga, che abbia interrotto l'assunzione di
bevande alcoliche da qualche ora a qualche giorno. I
primi sintomi a comparire sono tremori grossolani delle mani, della lingua,
delle palpebre, nausea, vomito, malessere generale, tachicardia, sudorazioni ed
ipertensione dovuta ad iperattività del SNA, depressione e irritabilità. I
sintomi scompaiono in 2-5 giorni a meno che non subentri un delirium. La
terapia di elezione si basa sulla somministrazione di benzodiazepine (clordiazepossido,
oxazepam), anticorpi (sodio valproato) o altri farmaci attivi a livello del
sistema GABAergico quale l'acido gammaidrossibutirrico. La
causa di questa sindrome è una brusca cessazione dell'introito alcolico in un
soggetto che assume alcolici da molti anni. L'insorgenza
della sindrome avviene, solitamente, al secondo-terzo giorno dalla sospensione
brusca e pare sia dovuta sia alla rapida diminuzione dell'effetto depressivo sul
SNC sia all'aumentata eccitabilità centrale secondaria a turbe dell'omeostasi
calcica e neurotrasmettitoriale. Sembrerebbe
che la brusca diminuzione del potus induca un aumento della concentrazione del
calcio all'interno della cellula nervosa con liberazione di neurotrasmettitori
eccitatori quali aspartato e glutammato. La
fase prodromica è caratterizzata da inquietudine, apprensione, insonnia, a cui
segue la fase conclamata con paziente confuso, agitato, in preda ad una viva
sensazione di terrore, e con allucinazioni uditive-visive di solito a carattere
terrificante, in particolare microzoopsie. Tali allucinazioni sono solitamente
notturne e accompagnate da una intensa partecipazione affettiva, per cui vengono
ricordate dal paziente anche in seguito, quando la crisi è cessata. Vi è di
solito disorientamento spazio-temporale, con senso di profondo malessere, febbre
e possibili squilibri idroelettrolitici con emoconcentrazione e possibilità di
acidosi metabolica. Il
paziente va ospedalizzato e la terapia si baserà essenzialmente sulla
reidratazione e sull'uso, come già precedentemente ricordato, di benzodiazepine
e anticonvulsivanti. Nel caso di grave agitazione psicomotoria potrà essere
utile l'impiego di promazina. Viene tuttora utilizzata l'infusione di etanolo
alle concentrazioni del 10-20%, terapia non da tutti accettata. La
manifestazione essenziale del disturbo è rappresentata da allucinazioni uditive
o visive che compaiono senza che vi siano alterazioni dello stato di coscienza. Le
allucinazioni uditive sono di solito a carattere persecutorio e minacciose. Di
solito insorgono dopo 48 ore dalla cessazione o riduzione dell'assunzione di
bevande alcoliche, ma sono assenti i segni fisici del delirium tremens. La
presenza di deliri di persecuzione può porre il problema di una diagnosi
differenziale con la schizofrenia, ma in questa non vi è nessuna relazione
temporale tra sintomi psicotici e la cessazione dell'uso di alcool, inoltre il
decorso è cronico e l'età di insorgenza della allucinosi alcolica è
relativamente più tardiva rispetto alla schizofrenia. Dal momento che l'allucinosi
alcolica è un fenomeno transitorio e benigno la terapia è diretta soprattutto
alla tutela del paziente che può essere ricoverato per qualche giorno fino alla
cessazione della crisi. Il
delirio di gelosia è classificato tra le psicosi alcoliche e insorge di solito
nella fase cronica dell'alcolismo. La genesi del disturbo è spiegata da alcuni
Autori sulla base della impotenza tipica degli alcolisti e del rifiuto al
rapporto sessuale da parte della partner. Altri Autori pensano che l'alcool
abbia solo la funzione di mettere in evidenza una disposizione paranoica e una
gelosia patologica. Il disturbo si manifesta in modo insidioso con idee di
tradimento e la ricerca ossessiva di prove dell'infedeltà della partner con
atteggiamenti che possono divenire anche violenti e aggressivi. Bisogna porre
una diagnosi differenziale rispetto a paranoia e anche demenza, psicosi
maniaco-depressiva, personalità psicopatiche. Il
disturbo amnestico alcolico è una manifestazione psicorganica dovuta a deficit
vitaminico conseguente all'uso cronico di alcool e che si identifica con la
sindrome di Korsakoff quando il deficit è tiaminico. Le
alterazioni anatomopatologiche di tipo degenerativo colpiscono soprattutto i
corpi mammillari e le zone diencefaliche viciniori. La malattia ha un inizio
graduale e subdolo con progressivo deficit della memoria di fissazione, segue un
deficit dell'attenzione, perdita della capacità introspettiva e di giudizio. Il
paziente che non è cosciente del suo stato, confabula per sopperire
all'amnesia, con possibilità di falsi riconoscimenti, e falsi ricordi. La
prognosi è seria perché la maggioranza dei pazienti si deteriora sempre più
fino alla demenza. Si
può tentare una terapia con dosi massicce di tiamina che è, però, senz'altro
più utile per la polineuropatia periferica spesso concomitante. Dovuta
a deficit vitaminico si distingue dalla sindrome di Korsakoff per la diversità
di zone colpite e per la sintomatologia. Le strutture colpite sono quelle
reticolari del tronco-encefalo, in particolare il segmento ponto-mesencefalico.
Da ciò la sintomatologia abbastanza tipica con nistagmo sia verticale sia
orizzontale per interessamento dei nuclei oculomotori e vestibolari, paralisi
dei muscoli retti esterni con strabismo convergente, atassia. Il paziente è
confuso e a volte è presente delirio. La
prognosi è infausta se il quadro clinico è completo, oppure si può avere la
regressione con terapia vitaminica, residuando a volte una sindrome di Korsakoff. Il
quadro clinico è quello della demenza con turbe dell'attenzione, della memoria,
della critica, dell'affettività e del comportamento. Si ritiene che sia dovuta
non solo all'azione diretta dell'alcool sulle strutture cerebrali, e indiretta
per i deficit nutrizionali, ma anche alla progressiva emarginazione sociale e
familiare di questi soggetti, con progressivo impoverimento della vita
intellettuale e affettiva. L'individuazione
di soggetti, che abusando di sostanze alcoliche, è estremamente difficile senza
una loro valida collaborazione. D'altra parte l'esigenza di una diagnosi precoce
stimola alla ricerca di una metodologia diagnostica affidabile. Riteniamo,
però, indispensabile per il medico che si confronta con il paziente
alcooldipendente, prima di qualsiasi altro strumento, la piena disponibilità ad
ascoltare il paziente non solo nelle sue richieste più esplicite ma soprattutto
in quelle più nascoste, senza giudicare, ma cercando di dimostrare la propria
comprensione e di stabilire un'alleanza terapeutica con il paziente in modo di
ottenere la piena fiducia per seguire un completo programma di trattamento. Per
quanto riguarda i test biochimici utilizzabili nella quotidiana pratica clinica,
i più affidabili sono il Volume Globulare Medio (MCV) e la gamma
glutamil-transferasi (GGT). Bisogna tener conto nel valutare questi parametri
che molti farmaci (ad es. barbiturici, rifampicina, altri psicofarmaci), agendo
come induttori enzimatici, possono determinarne un aumento. Inoltre la GGT si
eleva nel corso di epatopatie ad impronta colostatica ed anche in corso di
malattie infiammatorie croniche dell'intestino. Va
sottolineato che con la sospensione dell'abuso la GGT torna nella norma in circa
un mese. L'altro parametro spesso usato è l'MCV che ha una sensibilità del 50%
e specificità, su popolazione generale, del 90%. Altri
strumenti utilizzabili, per la diagnosi sono il Michigam Alcoholism Screening
Test (MAST), il Self-Administered Alcoholism Screening Test (SAST) ed il Munich
Alcoholism Test (MALT). Tali
questionari indagano per lo più sulla modalità di consumo di alcolici e sulla
eventuale presenza di disturbi familiari, sociali, lavorativi connessi
all'assunzione di bevande alcoliche. La
lettura del MAST è di tipo quantitativo (tante più risposte positive tante
più probabilità di alcooldipendenza). Il SAST è composto di 34 voci ed è
usato sui coniugi per determinare la presenza di alcolismo. È utile per effettuare una convalida crociata in
presenza di un membro della coppia che nega il problema. Il MALT è un test
composto da 31 items, diviso in due parti: il MALT 1 composto da 7 voci,
compilate dal medico che si basa sull'anamnesi, obiettività, esami di
laboratorio e colloqui con i familiari e amici ed il MALT 2 di autovalutazione
con 24 items che indagano il comportamento del soggetto rispetto all'alcool, il
deterioramento emotivo e sociale, la presenza di segni di tolleranza e
dipendenza. La novità di questo test, che ne spiega anche la diffusione, è di
poter disporre sia di dati obiettivi (MALT 1), sia di dati soggettivi (MALT 2). La
valutazione del medico ha però più peso nel punteggio totale rispetto alla
autovalutazione (rispettivamente 4 a 1 per ogni risposta positiva). Un punteggio
uguale o superiore a 11 è diagnostico per alcolismo, da 6 a 10 vi è un fondato
sospetto. Altro
test molto utilizzato è il CAGE. Questo test comprende solo 4 domande che
indagano sui problemi derivanti dall'assunzione e sulla presenza di dipendenza.
Il test è considerato positivo se vi è risposta affermativa ad almeno due
domande. In indagini su popolazione ospedaliera si è dimostrato in grado di
identificare 9 alcolisti su 10. Immagini che hanno fatto la storia di questo
secolo che sta finendo.
I
disturbi del comportamento, emotivi e psichiatrici nelle persone che abusano di
alcool possono porre al medico il problema di una diagnosi differenziale
rispetto ad altre patologie psichiatriche. La prima diagnosi differenziale da
porre è tra alcolismo primario e secondario, viste le differenti implicazioni
prognostiche e terapeutiche.
È essenziale a questo proposito condurre una anamnesi familiare accurata
per evidenziare precedenti psichiatrici. L'età di insorgenza può essere
indicativa per patologia schizofrenica che esordisce più precocemente rispetto
all'alcolismo. Una
diagnosi differenziale può esser posta osservando il comportamento del soggetto
in astinenza. Si considera indicativo di un alcolismo secondario il persistere
di disturbi psichiatrici nonostante l'astinenza. In questi casi un trattamento
farmacologico adeguato risolve spesso la sintomatologia psichiatrica. Alcolismo reattivo
È una situazione di abuso di alcool conseguente ad uno specifico e ben
determinato trauma che il soggetto ha subito di recente e che si autolimita nel
tempo. Tipico esempio è quello degli anziani che subiscono una perdita
affettiva importante (coniuge, figli). Può
sfociare nella vera alcooldipendenza, se l'abuso prosegue fino all'instaurarsi
della tolleranza e dipendenza. Un adeguato supporto psicoterapico può evitare
che il problema si cronicizzi. TERAPIA Considerata
l'eziologia multifattoriale dell'alcolismo è da aspettarsi una pari varietà di
approcci terapeutici, che possono essere psicoterapeutici e/o farmacologici. Gli
approcci psicoterapeutici includono la psicoterapia individuale, la terapia di
gruppo, il psicodramma, la terapia familiare e di coppia, gli approcci di aiuto
reciproco come Alcolisti Anonimi e più recentemente i Clubs di Alcolisti in
trattamento. Non
è possibile, in questa sede, trattare in modo esauriente ogni singolo approccio
per cui ci limiteremo a fornire delle indicazioni generali sui diversi
trattamenti. Va
osservato che la riuscita di qualsiasi trattamento è subordinata alla capacità
di motivare sufficientemente il paziente alla astinenza usando nel colloquio sia
i dati medici ricavati dalla visita ma anche cercando di far leva sulle
dinamiche personali intrapsichiche emerse con il colloquio. Per
ciò che riguarda i trattamenti ad orientamento psicoanalitico, quello
individuale è considerato idoneo solo per soggetti selezionati, con una
situazione familiare ed economica stabile, una buona capacità introspettiva e
di analisi e che soddisfi, in ultima analisi i requisiti minimi, ma
indispensabili per un qualsiasi trattamento psicoterapico. La terapia di gruppo
è attualmente il trattamento più praticato. Questa
terapia dovrebbe aiutare l'alcolista a realizzare le proprie difficoltà, a
esprimere i propri sentimenti, rivivendoli attraverso le esperienze degli altri. Al
vantaggio di poter trattare più alcolisti con l'intervento di un singolo
operatore e di soddisfare i bisogni di dipendenza di questi pazienti, vi è lo
svantaggio di una terapia che non permette l'approfondimento di ogni singolo
caso con un lavoro più sui comportamenti che sulle dinamiche intrapsichiche
più profonde. Intorno
agli anni '50 con gli studi soprattutto di Steinglass si comincia a profilare
anche per gli alcolisti una terapia di tipo familiare. Questo modello si basa
sul concetto che la famiglia vada considerata come un sistema e sull'analisi
delle relazioni all'interno della famiglia. Il
comportamento dell'alcolista è considerato in relazione al comportamento degli
altri membri familiari e la chiave di interpretazione è per il terapeuta
l'analisi della comunicazione sia verbale che non verbale. E'
facilmente intuibile che questo tipo di trattamento richiede la presenza di un
terapeuta specificamente preparato in terapia familiare. I
gruppi di auto-aiuto come AA e Clubs si basano invece su trattamenti autogestiti
(AA) o con operatori preparati tramite corsi appositi ma senza competenze
specifiche. Gli
AA costituiscono un'associazione formata dagli stessi alcolisti; questa
associazione è nata nel 1935 per l'esperienza di due alcolisti che, per usare
le loro parole, "vollero raggiungere la sobrietà". Il
principio base è che l'alcolismo è una malattia e che coloro che sono ammalati
non possono guarire ma solo lottare ogni giorno per l'astinenza. L'associazione
ha un programma che si riassume nei cosiddetti "dodici passi", si
tratta di vere e proprie norme comportamentali. L'associazione si preoccupa
anche di coinvolgere i familiari e i parenti che si riuniscono in sedi separate
rispetto ai loro parenti alcolisti. Si possono rintracciare delle
caratteristiche dei soggetti alcolisti che predicono se il trattamento con AA è
quello più adatto; tali caratteristiche sono: sesso maschile, età maggiore di
40 anni, appartenenza a una buona classe sociale, un forte bisogno di
appartenenza a un gruppo ad orientamento religioso, gravi disturbi somatici
connessi all'alcolismo. Accanto
agli AA intorno agli anni '50 in Jugoslavia e da circa 20 anni in Italia si è
andato affermando un altro approccio terapeutico ideato da V. Hudolin. Si tratta
fondamentalmente di una terapia di gruppo, che viene iniziata con un periodo di
preparazione che si svolge in parte in ambito ospedaliero in parte sul
territorio. Il trattamento prevede il pieno coinvolgimento della famiglia
dell'alcolista e mira ad affrontare le dinamiche individuali ma anche i problemi
relazionali all'interno della famiglia. In
questo tipo di trattamento è previsto anche l'ausilio farmacologico di tipo
avversativo (disulfiram) impiegato anche come supporto psicologico. I
farmaci che possono essere usati nel trattamento dell'alcooldipendenza sono
essenzialmente di due tipi: 1)farmaci che sensibilizzano all'alcool come il
disulfiram; 2)farmaci che diminuiscono l'appetizione all'alcool. I
farmaci sensibilizzanti sono farmaci che producono reazioni sgradevoli quando il
soggetto assume alcool contemporaneamente ad essi. Il disulfiram è il più
usato, è assorbito velocemente per via orale, ma esplica la sua massima azione
dopo circa 12 ore per via della sua liposolubilità che ne condiziona la
redistribuzione. Il
50% del farmaco è eliminato entro 24 ore con urine, feci, respiro. L'azione
farmacologica consiste in un blocco dell'aldeide deidrogenasi e quindi
sull'effetto tossico esplicato dalla acetaldeide in circolo. Oggi
si usa il farmaco oltre che per il suo effetto avversivante soprattutto come
supporto per il paziente che lo assume volontariamente e ben informato degli
effetti possibili anche gravi se egli assume alcool. Le controindicazioni
all'uso del disulfiram comprendono: malattie del miocardio, grave insufficienza
polmonare, grave insufficienza epatica, insufficienza renale cronica, disturbi
mentali organici, neuropatie periferiche, psicosi, gravidanza.
È stato inoltre proposto l'innesto sottocute, con azione farmacologica
fino a 6 mesi, attualmente sempre meno usato. I
farmaci che diminuiscono l'appetizione verso l'alcool, detti anche antagonisti,
sono ancora usati in via sperimentale. Gli studi sono stati avviati dopo la
scoperta che l'apomorfina oltre all'attesa reazione di avversione, ha provocato
anche una diminuzione dell'appetizione verso l'alcool. Patologia organica: epatopatia alcolica EPIDEMIOLOGIA L'abuso
alcolico è sicuramente il fattore etiologico più importante nel campo della
patologia cronica del fegato, almeno nei Paesi del mondo occidentale o comunque
in tutte le aree a prevalenza elevata di malattia. È del resto ben noto come vi sia una relazione
statistica tra consumo di alcool pro capite e mortalità per cirrosi epatica,
sia esaminando i dati delle varie Nazioni, sia paragonando diverse aree
geografiche all'interno di un unico Paese. I dati derivati da varie indagini
epidemiologiche tendono inoltre a dimostrare come il rischio relativo di
ammalare sia proporzionale sia alla quantità che alla durata del consumo. Tali
osservazioni, derivate soprattutto dagli studi di Pequignot e di Lelbach,
dimostrano che il rischio aumenta progressivamente al di sopra dei 40 g/die per
l'uomo e i 20 g/die per la donna. Anche dati raccolti nella nostra area
geografica si allineano con quelli appena citati, riscontrando anzi una
progressione esponenziale in funzione dell'aumento dei consumi. Tuttavia
dall'analisi dell'insieme dei dati emerge un'altra osservazione, che conferma
quanto comunemente osservabile nella pratica clinica: lo sviluppo di una forma
di patologia cronica e cirrotica riguarda solo una percentuale non superiore al
30-50% dei soggetti con abuso alcolico. Questo ha portato a studiare altri
fattori di rischio per la cronicizzazione del danno, quali le infezioni da HBV
e, ultimamente, da HCV. I dati emersi di una elevata prevalenza di marcatori di
infezione (positività per un qualsiasi marker di HBV e/o di anti HCV, senza un
significativo aumento di prevalenza di marcatori di replicazione virale,
presenti in circa il 60% dei pazienti con cirrosi alcolica in Italia) sono
tuttora oggetto di controversa interpretazione. Si ritiene che essi
rappresentino solo il segno di una elevata esposizione ad agenti infettivi, per
fattori legati ad igiene di vita, frequente ospedalizzazione, alta morbilità,
senza avere identificabile ruolo eziologico. Si può invece ipotizzare che
infezioni spesso subcliniche da tali agenti, a cui questi soggetti sono più
esposti per i motivi suddetti, aggravino di volta in volta il decorso della
malattia epatica, senza una vera cronicizzazione dell'infezione. Ciò potrebbe
dare ragione della enormemente più elevata prevalenza di cirrosi in zone
geografiche come l'Italia in cui si ha un consumo di alcolici molto diffuso e
prolungato, anche a dosi comunemente accettate come non a rischio, nei confronti
ad altri Paesi ad esempio Nord Europei ad elevato consumo di alcolici, spesso in
maniera accessuale, ma a bassa circolazione di agenti virali epatotropi. In
altre parole più lungo è il consumo più probabile è l'incontro con altri
fattori, virali, ma probabilmente anche tossici, la cui azione potenzia e viene
potenziata dall'abuso cronico di alcool. PATOGENESI Quella
che fino a 30 anni fa veniva ritenuta una malattia a patogenesi prevalentemente
disnutrizionale è stata negli ultimi anni oggetto di una serie di studi che
hanno focalizzato vari meccanismi implicati sia nel danno acuto che nella
cronicizzazione dello stesso. Si può comunque ritenere che le profonde
alterazioni metaboliche provocate dall'eccessivo introito di etanolo giochino un
ruolo fondamentale non solo nell'innesco ma anche nel mantenimento e nella
progressione del danno epatico. Tali alterazioni possono, in estrema sintesi,
essere ricondotte ai seguenti eventi: -compromissione
del metabolismo intermedio; -danno
sui meccanismi ossidoriduttivi; -formazione
di metaboliti intermedi tossici; -stato
ipermetabolico. Tale
suddivisione è puramente formale, essendo ognuno di tali eventi intimamente
collegato con gli altri. Infatti
è ben risaputo come i sistemi di ossidazione dell'etanolo portino, attraverso
iperproduzione di equivalenti ridotti (NADH, H+) e all'eccessivo consumo di
ossigeno, ad alterazione dei sistemi enzimatici mitocondriali, responsabili dei
meccanismi respiratori cellulari. In definitiva lo stato ipercatabolico e
iperossidativo fanno sì che nella zona centrolobulare o zona 3 di Rappaport si
instauri uno stato di ipossiemia provocando quindi un danno ischemico cellulare.
Tale evento è inoltre accentuato dal fatto che gli epatociti ivi localizzati
sono più ricchi di enzimi microsomiali e quindi più implicati nel metabolismo
dell'etanolo.
È stato da tempo ben documentato come i sistemi ossidativi misti
presenti nel reticolo endoplasmatico liscio, rappresentato da microsomi, sono
inducibili dall'introito cronico di alcool, arrivando a metabolizzare in tale
sede più del 50% dell'alcool introdotto, grazie a una Km più elevata di quella
dell'alcooldeidrogenasi citoplasmatica. La
prima tappa ossidativa dell'etanolo porta inoltre, in aggiunta alle conseguenze
dell'eccessiva produzione di equivalenti ridotti, alla formazione di elevate
quantità di acetaldeide: tale sostanza è caratterizzata da una particolare
instabilità e reattività con varie molecole sia proteiche che lipidiche,
componenti fondamentali della struttura delle membrane cellulari. L'attivazione
della perossidazione lipidica, dimostrata in corso sia di epatopatia alcolica
che di altre epatopatie dismetaboliche, non è solo dovuta alla azione
dell'acetaldeide e di altri radicali prodotti dall'ossidazione dell'etanolo, ma
anche dalla depauperazione dei meccanismi di difesa cellulare quali ad esempio
il glutatione ridotto. Tale evento avviene probabilmente per la capacità della
acetaldeide di complessare la metionina, precursore del glutatione stesso. Studi
condotti recentemente hanno inoltre potuto documentare come addotti tra
acetaldeide e singoli aminoacidi siano in grado di formare epitopi, che
rappresentano degli apteni verso cui è possibile evocare una risposta immune. Su
tale base vanno probabilmente interpretati i numerosi anticorpi verso svariati
antigeni epatocitari da più tempo descritti in corso di epatopatia alcolica (LMA
= Liver Membrane Antibody, anticorpi anti corpi di Mallory, anti LSP = Liver
Specific Protein ecc.). La risposta autoimmune potrebbe quindi rivestire un
ruolo importante anche nell'aggravamento del danno, spesso riscontrabile a
distanza di qualche giorno da un eccesso di introito, e non solo, come già
proposto da vari Autori, nell'innesco di meccanismi autoimmuni che giustifichino
la progressione della malattia anche dopo la sospensione del potus descritta in
circa il 20% dei soggetti con epatite alcolica. Le
alterazioni metaboliche sono comunque sufficienti a spiegare le due lesioni più
frequentemente dimostrate in corso di epatopatia alcolica: la steatosi e la
fibrosi. La prima riconosce i principali meccanismi nella diminuzione della
ossidazione degli acidi grassi, per danno mitocondriale, nell'aumentata sintesi
di trigliceridi, quale via di smaltimento di equivalenti ridotti,
nell'alterazione dei meccanismi di secrezione delle lipoproteine, per
denaturazione da parte dell'acetaldeide dei microtubuli. A
spiegare l'attivazione della fibrogenesi i meccanismi coinvolti sembrano essere
l'azione stimolante diretta o indiretta (tramite la liberazione di linfochine)
dell'acetaldeide e del lattato sui fibroblasti e su alcuni enzimi coinvolti
nella sintesi del collagene (prolin-idrossilasi). CLASSIFICAZIONE La
classificazione clinica della patologia epatica alcoolcorrelata è estremamente
difficile in quanto spesso vi è una dissociazione tra sintomatologia,
alterazioni bioumorali e danno istologico. Seppur con qualche difficoltà si è
giunti nel 1981 a classificare la malattia sotto il profilo anatomo-patologico,
per cui vengono descritti i seguenti quadri: -steatosi
epatica; -epatite
alcolica; -cirrosi; -epatocarcinoma. Steatosi epatica La
steatosi epatica è un evento pressoché obbligato in presenza di consumo di
alcool, anche se raramente ha una sua identità clinica precisa. L'alcool
induce, come già esposto, accumulo di lipidi a livello citoplasmatico
attraverso due meccanismi: aumentata sintesi e diminuita secrezione cellulare.
Come effetto immediato e più eclatante di tale evento vi è l'aumento del
volume cellulare e l'epatomegalia, alterazioni completamente reversibili dopo 30
o 40 giorni di astinenza. I
test di funzionalità epatica si correlano scarsamente con il grado di steatosi
anche se è frequente un modesto aumento delle transaminasi e della bilirubina,
mentre sono più evidenti alterazioni bioumorali (aumento di GGT e MCV)
correlate più strettamente con l'abuso alcolico. Clinicamente
la steatosi epatica è, nella maggior parte dei casi, completamente asintomatica. La
prognosi è buona, considerata la reversibilità della lesione con l'astensione
dall'assunzione di alcolici, anche se l'associazione con la sclerosi
perivenulare centrale sembra indicare l'evolutività verso la cirrosi. Non
esiste una terapia farmacologica specifica ed i provvedimenti terapeutici più
efficaci sono l'astinenza ed il miglioramento della nutrizione. Attualmente
l'impiego di farmaci quali similimarina, glutatione, adenosilmetionina e altri
sembrano poter accelerare il processo di normalizzazione degli indici bioumorali. Epatite alcolica L'epatite
alcolica può manifestarsi o in pazienti con lesioni epatiche già presenti, o
in soggetti con fegato normale. La
forma acuta è caratterizzata da necrosi cellulare con quadro più o meno
conclamato di insufficienza epatocellulare. Secondo alcuni Autori l'evoluzione
verso la cirrosi epatica avviene obbligatoriamente attraverso ripetuti episodi
di epatite che portano al progressivo scompaginamento della struttura epatica.
Normalmente l'episodio acuto è preceduto da eccessi di introito alcolico su una
base di abuso cronico. Clinicamente
l'epatite alcolica può variare da quadri estremamente impegnativi (dolore
addominale diffuso, febbre, ittero, encefalopatia) a quadri paucisintomatici od
addirittura essere silente. Gli esami bioumorali confermano iperbilirubinemia ed
aumento della fosfatasi alcalina con alti livelli di transaminasi e grave
compromissione della funzione sintetica. La
diagnosi non è sempre semplice in quanto è possibile la mancata corrispondenza
tra alterazione degli indici bioumorali, quadro istologico e decorso clinico. Si
possono infatti documentare lesioni istologiche rilevanti con necrosi estesa,
senza un pari aumento degli indici di citolisi e deterioramento clinico, mentre
quadri clinici gravi possono presentare un aspetto morfologico meno drammatico. L'astinenza
dall'alcool, il miglioramento dell'alimentazione e una terapia di supporto sono
i trattamenti usualmente impiegati anche se con scarsi risultati. Nelle forme
severe infatti la mortalità varia dal 20 al 50%. Alcuni studi controllati hanno
dimostrato l'utilità della terapia corticosteroidea (metilprednisone 40 mg/die)
anche se il suo effetto sulla sopravvivenza a lungo termine non è stato ancora
confermato. Altri trial terapeutici a lungo termine hanno dimostrato l'utilità
del trattamento anche nelle forme più severe di epatite alcolica con un farmaco
ad azione antitiroidea, il propiltiouracile. L'uso di tale sostanza si basa
sull'ipotesi che il danno epatocellulare alcool-indotto possa dipendere dalla
condizione di ipermetabolismo ed eccessivo consumo di ossigeno provocato
dall'etanolo soprattutto a livello centrolobulare. Cirrosi epatica La
cirrosi alcolica si è stimato colpisca tra il 20 e il 50% dei soggetti che
abbiano avuto un abuso di alcool sufficientemente prolungato. In particolare, si
manifesterebbe nel 50% dei soggetti che per circa 20 anni abbiano fatto uso di
bevande alcoliche in quantità pari a 210 g/die. Il
quadro clinico non è differente da altre forme di cirrosi con
epatosplenomegalia, spider naevi, eritema palmare, ascite, edemi declivi,
accompagnato da denutrizione più o meno marcata. Sono
inoltre più evidenti i segni di femminilizzazione probabilmente legati
all'aumento della concentrazione sierica di estrogeni e ai concomitanti danni
gonadici indotti dall'etanolo. Dal
punto di vista bioumorale vi è una diminuzione della capacità di sintesi con
ipoalbuminemia, prolungamento del tempo di protrombina, leucopiastrinopenia,
aumento delle gammaglobuline. L'astinenza
da alcolici è in grado spesso di migliorare il controllo delle complicanze
(ascite, emorragia digestiva) e di influenzare favorevolmente la sopravvivenza. Epatocarcinoma Va
in ultimo sottolineata la possibile evoluzione della cirrosi in epatocarcinoma,
in cui l'intensa attività rigenerativa tipica della cirrosi gioca un ruolo
fondamentale, probabilmente più importante dell'azione carcinogena diretta
dell'alcool stesso. Non esistono infatti dati epidemiologici sufficienti per
definire l'epatocarcinoma come una malattia direttamente alcoolcorrelata. Apparato gastrointestinale L'apparato
gastrointestinale può subire danno acuto o cronico, reversibile o irreversibile
in seguito alla introduzione eccessiva di alcool. A
livello del cavo orale sono state descritte glossiti, malattie del peridonzio
causate sia dalla malnutrizione che dalla scarsa igiene di soggetti
alcooldipendenti. L'esofago può essere sede di danni acuti o cronici. La
sindrome di Mallory-Weiss, caratterizzata da fissurazioni longitudinali della
mucosa del giunto esofagogastrico, è secondaria ad accessi di vomito, eventi
frequenti negli alcolisti, specialmente durante crisi di astinenza. Il quadro
clinico può divenire drammatico con ematemesi massiva o rottura dell'esofago,
tale da richiedere intervento chirurgico. L'alcool
è stato considerato quale agente sinergico con il fumo nel determinare
l'insorgenza del carcinoma dell'esofago. Il meccanismo ipotizzato è quello di
danno diretto sulle cellule della mucosa esofagea ad opera dell'acetaldeide, con
conseguente flogosi e rigenerazione cellulare, e quello di possibile solvente
per sostanze cancerogene, maggiormente attivate in sede per l'azione induttrice
dell'etanolo. La
diagnosi di tutte queste forme è essenzialmente endoscopica o radiologica, nel
caso si sospetti una perforazione. La
terapia è di solito di tipo conservativo e solamente nei gravi casi di rottura
dell'esofago si richiede l'intervento chirurgico. L'uso dei farmaci anti-H2
recettori, diminuendo la secrezione cloridropeptica, protegge la mucosa
dall'azione lesiva del reflusso acido. Un'altra
patologia frequente è la gastrite acuta, caratterizzata da lesioni della mucosa
gastrica che compaiono ad un'ora dalla somministrazione di una dose di etanolo
ad elevata concentrazione (> 20%). Le
stesse lesioni regrediscono tuttavia in 16-72 ore. La sintomatologia può
variare da dolori gastrici lievi a quadri di ematemesi importante. Per ciò che
concerne sia l'ulcera gastrica che duodenale non esistono studi epidemiologici o
fisiopatologici che dimostrino una azione ulcerogena dell'etanolo. L'azione
dell'alcool a livello digiunale si esplica di sicuro sui villi sia con
alterazioni reversibili (acute emorragiche) sia con danno cronico che causa
atrofia dei villi con conseguente alterato assorbimento dei nutrienti e quadro
di malnutrizione e diarrea. La
diagnosi ed il trattamento delle forme gastriche sono analoghi a quelle
descritte per l'esofago. Pancreas La
pancreatite acuta, anche se assai più frequentemente legata a patologie delle
vie biliari, può riconoscere nell'abuso etilico un suo momento causale. Un
ruolo patogenicamente importante sembra essere svolto a tal proposito dalla
formazione di radicali liberi. I
meccanismi di danno cronico pancreatico sono stati descritti manifestarsi
mediante tre possibili meccanismi: effetto citotossico diretto, presenza di
precipitati proteici intraduttali dovuti alla formazione di succo pancreatico
iperproteico, alterazioni dei rapporti pressori tra duodeno e sfintere di Oddi e
dotto del Wirsung con arresto del flusso pancreatico verso il duodeno e reflusso
del contenuto nel dotto del Wirsung. Un
dolore addominale violento, nausea e vomito dopo una abbondante bevuta deve
sempre indurre nel medico il sospetto di pancreatite acuta o il riacutizzarsi di
pancreatite cronica. La terapia è soprattutto sintomatica e di sostegno. Nella
pancreatite cronica il dolore, l'eventuale diabete e la maldigestione con
steatorrea rappresenteranno i principali elementi del quadro clinico. Il
controllo del diabete, che compare nel 30% dei pazienti, è favorito dalla
capacità del paziente di mantenere l'astinenza. La terapia a base di enzimi
pancreatici è indicata essenzialmente nei casi con steatorrea. Malassorbimento intestinale L'assunzione
di alcool non sembra alterare significativamente la mucosa dell'intestino, ma
interferisce sulla motilità, sul flusso ematico e sulla rigenerazione
dell'epitelio. È stata
inoltre dimostrata l'azione inibente sull'attività di alcuni enzimi degli
enterociti. Tali fattori possono concorrere a determinare malassorbimento, che
in condizioni di carente introito alimentare, evenienza comune negli alcolisti,
può portare ad un quadro di malnutrizione. Apparato cardiovascolare L'apparato
cardiovascolare non è indenne dagli effetti dannosi dell'etanolo. Anche a
piccole dosi infatti, l'alcool, in pazienti cardiopatici, potrebbe scatenare un
attacco anginoso. La somministrazione acuta di etanolo può produrre alterazioni
delle funzioni meccaniche nonché delle proprietà elettriche del cuore.
È stata più volte descritta correlazione positiva tra assunzione di
alcool ed ipertensione arteriosa, forse mediata dalla stimolazione del sistema
ipofiso-surrenalico o correlata all'aumento della renina e dell'aldosterone. A
livello miocardico la inibizione da parte di alte concentrazioni di etanolo
della ATPasi Na+/K+ porta ad un aumentato ingresso di calcio nelle cellule con
effetto inotropo negativo. L'insorgenza di aritmie è più frequente quando si
hanno brusche variazioni dell'alcolemia, come tipicamente accade ai cosiddetti
bevitori del "fine settimana" o "Holiday hearth syndrome"
dei Paesi anglosassoni. L'abuso
cronico di alcool è causa inoltre di cardiopatie clinicamente distinguibili in
tre tipi: 1)forma
ipercinetica tipo "beri-beri", provocata da deficit di vitamina B1; 2)forma
ipocinetica o cardiomiopatia alcolica propriamente detta; 3)cardiopatie
congenite del bambino affetto da sindrome alcoolfetale conseguente ad abuso
della madre durante la gestazione. La
cardiopatia alcolica sembra essere relativamente poco frequente, ma spesso i
disturbi cardiaci decorrono in modo subclinico con sintomatologia molto vaga e
solo in alcuni casi lo scompenso cardiaco è clinicamente manifesto. Il quadro
clinico è spesso analogo a quello delle cardiopatie da altra origine. Spesso è
necessario raccogliere una accurata anamnesi alcologica e ricercare altri segni
di abuso per confermare il sospetto di patologia alcoolcorrelata. L'astensione
assoluta dagli alcolici porta ad un drammatico miglioramento sia dei parametri
emodinamici che della sintomatologia. La terapia in queste forme è
sovrapponibile a quella adottata in corso di aritmie e cardiopatie di diversa
eziologia. Sistema emapoietico L'alcool
può essere la causa di alterazioni del sistema emopoietico per azione diretta o
indiretta. Il danno indiretto è secondario a deficit nutrizionali o consegue
all'interessamento patologico di altri organi, ad esempio in corso di epatopatia
cronica. Gli
effetti diretti si possono manifestare a livello del midollo osseo con comparsa
di aree di necrosi e sovvertimento della normale architettura per megaloblastosi.
A livello periferico le alterazioni bioumorali più tipicamente descritte sono
anemia e piastrinopatie. La forma più frequente di anemia è quella
megaloblastica, anche se non è del tutto rara la comparsa della forma
sideroblastica. Quest'ultima è dovuta al deficit di vitamina B2 (piridossalfosfato)
in corso di malnutrizione, mentre la forma megaloblastica al deficit di folati.
La macrocitosi presente in circa l'80% degli abusatori (aumento del volume
globulare medio) è invece secondaria alle alterazioni della composizione
lipidica delle membrane cellulari. La
trombocitopenia è il risultato di più concause. Accanto ai deficit
nutrizionali e vitaminici, alle alterazioni immunologiche e turbe metaboliche,
la concomitante splenomegalia è spesso il fattore più rilevante. Sistema muscolo-scheletrico L'associazione
tra osteoporosi ed abuso alcolico è stata solo di recente oggetto di studio. I
meccanismi patogenetici non sono stati ancora definiti in modo chiaro, ma pare
che sia deficit nutrizionali sia turbe endocrine quali un iperparatiroidismo
secondario ad ipomagnesemia svolgano un ruolo importante. La
miopatia alcolica acuta è un'entità clinica da tempo nota la cui patogenesi
può riconoscere vari meccanismi. Tra questi un ruolo importante sembra avere
l'acetaldeide prodotta dall'ossidazione in loco dell'etanolo. Tale sostanza è
in grado di ostacolare la contrattilità dell'actomiosina e inibire in maniera
dose-dipendente l'attività dell'ATPasi delle membrane. Anche
l'ipokaliemia frequente specialmente in corso di sindrome da astinenza, può
giocare un ruolo importante nella genesi del danno miocellulare. In corso di
intossicazione acuta, ma anche in caso di brusca sospensione dell'alcool, è
stata descritta inoltre un'aumentata permeabilità dei canali del calcio a
livello delle miocellule con alterazioni dei rapporti ionici e possibilità di
necrosi delle miofibre. Clinicamente
la forma si caratterizza con astenia, crampi e dolorabilità delle masse
muscolari. Gli indici bioumorali utili per la diagnosi sono costituiti
dall'aumento sierico di CPK, LDH ed AST. Nelle forme più gravi può essere
presente emoglobinuria. I tracciati elettromiografici sono caratterizzati da
diminuzione dei potenziali di contrazione. La
miopatia acuta è reversibile con l'astensione completa da bevande alcoliche e
solitamente non necessita di terapia specifica, tranne nei casi più gravi in
cui la mioglobinuria abbia portato ad insufficienza renale da tubulonefrosi. Nella
miopatia cronica alcolica pare invece che il ruolo principale sia svolto da
processi degenerativi tipo denervazione nonché dalle turbe nutrizionali. Nella
miopatia cronica i sintomi sono meno evidenti con astenia e dolori spesso
secondari alla concomitante neuropatia. Nella fase avanzata di malattia può
essere presente una asimmetria delle masse muscolari con dolori che si
riacutizzano in corso di intossicazioni alcoliche. In tali casi il monitoraggio
della malattia si attua mediante successivi dosaggi degli indici bioumorali di
necrosi muscolare e mediante valutazione del tracciato EMGrafico. Anche se non
esiste terapia specifica l'astinenza evita, comunque, la progressione del danno
e soprattutto la riacutizzazione del dolore. Strutture oculari Le
cellule specializzate della retina hanno la capacità di metabolizzare
l'etanolo, seppur in piccolissime quantità. Tale capacità potrebbe spiegare in
parte i danni riportati dalle strutture oculari con quadri di blefariti,
corioretiniti ed emorragie dei vasi retinici. Lesione particolarmente grave è
la neurite ottica retrobulbare ritenuta secondaria a deficit nutritivi. Si
caratterizza per obnubilamenti visivi con una graduale riduzione dell'acuità
visiva. Apparato endocrino-riproduttivo L'abuso
cronico di etanolo può determinare diversi effetti sull'asse
ipotalamo-ipofiso-gonadico. Le alterazioni sono meno evidenti nelle donne mentre
negli uomini si manifestano con ipotrofia testicolare, oligospermia,
ginecomastia e femminilizzazione, e conseguente impotenza. La patogenesi è
dovuta al danno diretto alle cellule del Leydig del testicolo ad opera
dell'acetaldeide e dei radicali liberi formatisi in situ, ma anche ai meccanismi
indiretti dovuti a deficit nutrizionali (in particolare vitamina A e zinco). Inoltre
il concomitante danno epatico, attraverso le alterazioni della metabolizzazione
degli estrogeni e dell'aldosterone, sicuramente contribuisce a determinare
ginecomastia e gli altri segni di femminilizzazione. I danni a livello gonadico
sono irreversibili in quanto anatomici e non funzionali. Non
esiste una terapia specifica, e quella sostitutiva, per lo più inefficace, può
risultare potenzialmente dannosa a livello epatico. L'astinenza non migliora
solitamente in modo significativo il quadro clinico, ma è in grado di arrestare
la progressione del danno. Apparato respiratorio Negli
alcooldipendenti si è riscontrata un'alta incidenza di malattie polmonari e
bronchiti croniche. Ciò è riconducibile al danno diretto dell'etanolo sulle
ciglia vibratili e su tutto il sistema muco-ciliare rendendo l'apparato
respiratorio più vulnerabile alle infezioni. Inoltre l'etanolo sembrerebbe in
grado di alterare la struttura alveolare con conseguente danno dei meccanismi di
diffusione e minor capacità di ossigenazione della emoglobina. In
corso di etilismo cronico è tuttavia difficile valutare quanto sia dovuto a
meccanismi diretti e quanto a fattori concomitanti, quali la facilità
d'infezione delle prime vie aeree, il frequentemente associato tabagismo e la
possibilità di alterazioni conseguenti ad ingestione nelle vie aeree di
materiale rigurgitato (in corso di episodi di intossicazione acuta o di crisi
astinenziali). Malattie del sistema nervoso POLINEUROPATIA La
neuropatia alcolica colpisce una elevata percentuale di abusatori ed alcolisti.
È causata da degenerazione assonica con andamento retrogrado e colpisce
prima le diramazioni distali. Il meccanismo di danno sembrerebbe dovuto alla
tossicità diretta dell'etanolo o dell'acetaldeide, suo principale metabolita,
accompagnata da concomitante deficit vitaminico. La
sintomatologia ricorda quella tipica delle neuropatie, ed interessa prima la
componente sensitiva con parestesie e dolore accentuato dal contatto e dal
movimento. Fa seguito ridotta mobilità e nei casi gravi sono state descritte
paralisi motorie. La
diagnosi si basa, oltre che sul quadro clinico, sull'evidenza di un tracciato
elettromiografico caratteristico anche se non specifico, in quanto descritto in
altre forme di polineuropatia metabolica. L'approccio
terapeutico, oltre alla somministrazione di vitamine soprattutto del complesso
B, consiste nel ridurre e controllare la sintomatologia dolorosa.
Letture consigliate Clark
P.M.S., Kricka L. J.: Medical conseguences of alcohol abuse. Ellis Horw
Wood, Chichester, 1980. Hudgson
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Salvagnini Ricercatore
Cattedra di Malattie dell’Apparato Digerente Istituto
di Medicina Interna, Università di Padova R.
Riolo Clinica
Psichiatrica, Università di Padova P.
Burra Cattedra
di Malattie dell’Apparato Digerente, Istituto
di Medicina Interna, Università di Padova R.
Naccarato Professore
Ordinario di Malattie dell’Apparato Digerente, Istituto
di Medicina Interna, Università di Padova PILLOLE
DI STORIA CONTEMPORANEA dal
sito LA
GRANDE CROCIATA Collana monografica:
Annali
dell’Africa Orientale Italiana
Immagini che hanno fatto la storia di questo
secolo che sta finendo.
La Grande Crociata
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sacrificio di milioni di esseri umani per
riscattare la barbarie nazista
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