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ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA
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In
condizioni fisiologiche la sopravvivenza media degli eritrociti circolanti è di
circa 120 giorni, il che equivale ad una perdita catabolica giornaliera di 6,25
g (750/120) di emoglobina. L'omeostasi è garantita da una sintesi emoglobinica
di pari entità.
Il
mantenimento dei valori fisiologici della massa eritrocitaria e del contenuto
emoglobinico totale del sangue circolante è affidato quindi ad un equilibrio
dinamico fra distruzione e produzione di eritrociti e di emoglobina
Alla
realizzazione di tale equilibrio concorrono molteplici elementi:
1)esistenza
di un territorio midollare ("microambiente") che per estensione e per
caratteristiche anatomo-funzionali sia adeguato allo svolgimento di tutte le
attività differenziative, proliferative, maturative inerenti al processo
eritropoietico;
2)normalità
quantitativa e funzionale del compartimento di cellule staminali e dei fattori
umorali deputati alla regolazione del loro orientamento in senso eritropoletlco;
3)normalità
dei processi metabolici che presiedono alla proliferazione cellulare (sintesi
del DNA);
4)normalità
dei processi metabolici che portano alla sintesi di emoglobina (porfirine,
ferro, globina);
5)normalità
strutturale e metabolica degli eritrociti;
6)normalità
dei processi emocateretici;
7)assenza
di perdite abnormi di eritrociti per lesioni delle pareti vasali.
L'alterazione
di uno dei predetti elementi, se supera i limiti dei numerosi meccanismi di
compenso, porta alla rottura dell'equilibrio omeostatico e ad una diminuzione
del patrimonio eritrocitario ed emoglobinico circolante (anemia).
Per anemia, quindi, si intende la diminuzione della concentrazione di emoglobina (Hb) nel sangue circolante. Nella tab.01
Poiché
la concentrazione di Hb non riproduce sempre fedelmente la quantità totale di
emoglobina circolante nel corpo, la definizione più corretta di anemia è
quella che si basa sul volume eritrocitario totale o massa eritrocitaria. Con
questo criterio distinguiamo l'anemia assoluta dalla anemia relativa (o
pscudoanemia o anemia spuria): nella prima condizione la massa eritrocitaria è
diminuita rispetto ai valori attesi; nella seconda la massa eritrocitaria è
normale e la diminuzione della concentrazione di Hb circolante è dovuta ad
aumento del volume plasmatico (anemia da emodiluizione).
Le
anemie possono essere classificate su base morfologica o fisiopatologica.
1)La
classificazione morfologica fa riferimento al volume globulare medio (MCV, mean
cell volume) e distingue tradizionalmente le anemie in: microcitiche (MCV <
82 fl), normocitiche (MCV compreso fra 82 e 92 fl) e macrocitiche (MCV > 92
fl). Se invece si considera la concentrazione di emoglobina nell'interno del
globulo rosso (MCHC, mean cell hemoglobin concentration) le anemie possono
essere distinte in ipocromiche (MCHC < 30 g/dl) e normocromiche (MCHC > 30
g/dl).
2)
La classificazione fisiopatologica (tab.02
di
vita in circolo delle cellule eritroidi prodotte. Le anemie con inadeguata
proliferazione eritropoietica (o anemie da insufficienza eritropoietica) possono
in tal modo essere distinte da quelle con adeguata proliferazione eritropoietica,
nelle quali la riduzione dell'Hb circolante sarà riconducibile alla distruzione
intramidollare degli eritroblasti (eritropoiesi inefficace) o alla riduzione
della sopravvivenza in circolo degli eritrociti (emolisi o emorragia).
L'approccio
diagnostico al paziente anemico può essere operativamente distinto in tre fasi,
cui corrispondono differenti "obiettivi" diagnostici:
1)La
prima fase si propone di ottenere una definizione fisiopatologica o funzionale
qualitativa, cioè una definizione del meccanismo principale dell'anemia
utilizzando i parametri ematologici semplici: MCV, conteggio dei reticolociti,
misura della concentrazione sierica della bilirubina indiretta, valutazione
dello stato corporeo del ferro, esame morfologico del midollo osseo.
L'MCV
è un dato facilmente disponibile e che indirizza immediatamente alle cause più
frequenti di anemia. Infatti la microcitosi eritrocitaria esprime un difetto di
sintesi della emoglobina per alterata disponibilità di uno dei suoi componenti:
ferro (anemie iposideremiche), anello tetrapirrolico dell'eme (porfirie ed
anemie sideroblastiche) e globina (sindromi talassemiche). La macrocitosi
eritrocitaria si produce invece, nella maggior parte dei casi, per difettosa
sintesi del DNA (anemia da carenza di folati o di vitamina B12).
Il
numero dei reticolociti circolanti permette di distinguere due fondamentali
situazioni fisiopatologiche: anemia con efficace eritropoiesi compensatoria,
nella quale il numero dei reticolociti sarà aumentato proporzionalmente alla
severità dell'anemia, e anemia iporigenerativa, nella quale il gettito dei
reticolociti è sproporzionatamente basso rispetto al grado di anemia.
L'esame
morfologico del midollo osseo fornisce informazioni qualitative sulla
maturazione della linea eritropoietica ed è il metodo primo di valutazione
dell'entità dell'eritropoiesi usato nella pratica ematologica.
Gli
indici dello stato corporeo del ferro (sideremia, TIBC e ferritinemia) e la
concentrazione della hilirntina non coniugata circolante completeranno questa
fase diagnostica.
2)La
diagnosi clinica ha l'obiettivo di inserire la diagnosi funzionale qualitativa
nel contesto clinico del paziente. L'anemia, infatti, può essere presente come
sintomo e segno associato ad altra patologia (anemia secondaria) oppure può
rappresentare l'evento patologico fondamentale ed unico (anemia primitiva).
3)La
diagnosi fisiopatologica quantitativa, infine, è necessaria per orientare la
prognosi e la terapia del paziente. Giunti alla diagnosi clinica di anemia
primitiva o secondaria, è infatti a volte utile una specificazione
fisiopatologica accurata e quantitativa del meccanismo dell'anemia. Questa è
indispensabile nelle situazioni in cui la patogenesi dell'anemia nell'interno
della stessa entità clinica è variabile e solo un dettagliato studio
funzionale dell'eritropoiesi (con studi cinetici in vivo o colturali in vitro)
può fornire la sua corretta definizione. A tale fine ci si avvarrà soprattutto
di tre parametri ottenibili con studio di ferro- ed eritrocinetica: il turnover
midollare del ferro, misura della eritropoiesi totale; il turn over del ferro
inefficace, misura della eritropoiesi inefficace e la durata di vita media delle
emazie, misura dell'emolisi periferica.
Oggetto di questa trattazione sono le sole condizioni anemiche da diminuita produzione
di globuli rossi e/o di emoglobina (anemie iporigenerative), cioè le anemie che
secondo la classificazione fisiopatologica sono dovute ad una risposta
eritropoietica inadeguata oppure ad eritropoiesi inefficace. La caratteristica
ematologica che accomuna tutte le anemie iporigenerative è una inadeguata
dismissione di reticolociti nel sangue periferico.
Una
più precisa definizione di anemia iporigenerativa è fornita dagli studi di
eritrocinetica (ferrocinetica associata alla determinazione della durata di vita
delle emazie). I movimenti del ferro nel plasma sono infatti influenzati
primariamente dalla sintesi e dal destino dell'emoglobina, in modo che i
parametri di cinetica del ferro radioattivo possono essere utilizzati per la
quantificazione dell'eritropoiesi. Il profilo funzionale distintivo delle anemie
iporigenerative è la diminuzione del turnover del ferro dal midollo verso gli
eritrociti (frazione efficace della eritropoiesi), che si esprime nella grande
maggioranza dei casi con una diminuzione della percentuale di incorporazione
eritrocitaria del radioferro.
Un
grave e sistemico sovvertimento della struttura midollare (per alterazione delle
sue componenti angioreticolari e/o per infiltrazione delle lacune midollari da
parte di cellale neoplastiche) è proprio delle malattie leucemiche, della
mielofibrosi idiopatica, di taluni linfomi, del mieloma multiplo e dei carcinomi
metastatizzanti nel midollo osseo (prostata, mammella, polmone, neuroblastoma
ecc.); raramente consegue a processi di mielite granulomatosa (ad esempio
mielite tubercolare).
Peculiare
di tutte queste forme morbose è un'anemia di tipo variabile, più spesso di
tipo normocitico normocromico, più raramente di tipo diverso (macrocitico
normocromico o microcitico ipocromico), con anisopoichilocitosi delle emazie,
emazie a lacrima e frequente comparsa in circolo di cellule immature della serie
eritroblastica e granuloblastica. Nella maggioranza dei casi, l'anemia è
modesta e ben tollerata; raramente è severa tanto da obbligare a trasfusioni
ripetute. In una frazione di pazienti più elevata dell'atteso l'anemia ha
caratteri macromegaloblastici per concomitante carenza di vit. B12 o acido
folico. La leucopenia è poco comune e la piastrinopenia è eccezionale.
Il
principale evento omeostatico atto a mantenere una normale popolazione di
cellule midollari e quindi una normale popolazione di cellule ematiche
circolanti è rappresentato dalla capacità delle cellule staminali totipotenti
di autoreplicarsi e di differenziarsi in cellule staminali orientate verso l'eritropoiesi,
la granulocitopoiesi e la megacariocitopoiesi. L'alterazione della omeostasi del
compartimento delle cellule staminali può derivare da una riduzione del numero
delle cellale staminali stesse, da una difettosa regolazione ormonale o
cellulare della loro proliferazione o da disturbi del microambiente midollare.
Tali
alterazioni possono dare origine: a)a sindromi in cui prevale dal punto di vista
clinico ed ematologico la deplezione del compartimento staminale, con difetto
quantitativo di tutte le linee cellulari derivanti (anemie aplastiche), oppure
b)a sindromi in cui prevale l'aspetto disemopoietico delle popolazioni cellulari
maturanti, che presentano peculiari alterazioni morfologiche e biochimiche
(sindromi mielodisplastiche). Pur non essendo ancora perfettamente chiaro il
limite biologico e patogenetico di queste due sindromi, è facile, nella grande
maggioranza dei casi, distinguerle dal punto di vista morfologico e clinico.
I
meccanismi che alterano il gioco omeostatico necessario per mantenere un
adeguato pool di cellale staminali normofunzionanti possono operare a livello
della cellula staminale totipotente oppure soltanto a livello delle cellule
staminali orientate verso l'eritropoiesi. Ovviamente nel primo caso
l'alterazione dell'eritropoiesi costituisce solo una delle espressioni di un
più ampio sovvertimento che concerne pure le altre linee differenziative
mieloidi, la granuloblastica e la megacariocitaria, sicché si realizzano quadri
di pancitopenia (anemie aplastiche globali). Nel secondo caso, più raro, è
compromessa la sola eritropoiesi, e si instaura eritrocitopenia pura (anemie da
eritroblastopenia pura).
In
questo gruppo di anemie l'evento fondamentale risiede verosimilmente nella
riduzione quantitativa delle cellule staminali multipotenti. I recenti successi
terapeutici ottenuti nelle anemie aplastiche con trapianto di midollo osseo,
costituiscono un importante elemento a favore della tesi di un difetto
intrinseco delle cellule staminali. Tuttavia, osservazioni cliniche (risposta
alla globulina antilinfocitaria) e prove di laboratorio hanno suggerito che, in
una parte almeno dei pazienti affetti da anemia aplastica, operino meccanismi
immunologici di soppressione dell'ematopoiesi.
Una
conferma della patogenesi immunitaria è fornita pure dall'esperienza del
trapianto di midollo in questa malattia: nel trapianto di midollo da gemello
geneticamente identico al ricevente, in cui la procedura di trapianto non
comporta terapia immunosoppressiva, la ricostituzione di emopoiesi normale
avviene in un numero di casi inferiore che nell'allotrapianto, in cui il
trapianto è preceduto da immunosoppressione.
Conseguenza
della deficienza quantitativa e qualitativa del compartimento staminale è
comunque la riduzione del patrimonio midollare di cellule emopoietiche e la
pancitopenia periferica. Istologicamente il midollo osseo attivo è sostituito
da un tessuto adiposo, diffuso a tutte le lacune midollari in cui possono talora
residuare piccole isole di tessuto mielopoietico.
L'anemia
è in genere di tipo normocitico ma talora presenta note macrocitiche; grave è
sempre la reticolocitopenia. L'evoluzione maturativa dei pochi eritroblasti
presenti appare normale, ma l'emoglobinosintesi, per motivi non ancora chiariti,
risulta spesso parzialmente alterata per una attivazione di catene globiniche
gamma, sicchè il contenuto eritrocitario di emoglobina fetale (HbF) è
aumentato.
Il
turnover del ferro verso l'eritropoiesi, indice di eritropoiesi totale, può
essere molto diminuito, ma in alcuni casi raggiunge valori fino a due volte il
normale. Questa condizione di insufficienza eritropoietica relativa esprime la
capacità proliferativa residua del tessuto eritropoietico stimolato dalla
eritropoietina, ed ha l'equivalente morfologico nelle cosiddette "tasche
calde", focolai di tessuto emopoietico iperplastico circondati da midollo
grasso.
Costante
è la grave leucopenia, preponderantemente di tipo neutropenico. Il numero dei
linfociti circolanti è all'esordio usualmente normale, e normali appaiono di
solito le funzioni immunitarie umorali e cellulari. In fasi avanzate di malattia
è però spesso rilevabile linfopenia ed una riduzione del livello di B e T
linfociti con diminuita risposta ai mitogeni è precocemente presente nelle
aplasie associate ad epatite virale. Non è accertato tuttavia se questo
disturbo dell'immunità cellulare sia una conseguenza o faccia parte del momento
patogenetico della aplasia.
Sempre
cospicua è la piastrinopenia. Elevato è il contenuto nel plasma di
eritropoietina. A causa della malattia stessa e della terapia trasfusionale si
sviluppa costantemente cospicua siderosi dei macrofagi (midollari, splenici,
epatici), mentre scarsi sono i sideroblasti.
Il
quadro clinico comporta manifestazioni strettamente correlate alla pancitopenia.
Si notano pertanto i segni dell'anemia (pallore, dispnea da sforzo, astenia), i
sintomi inerenti alle complicazioni infettive legate alla grave neutropenia, le
manifestazioni emorragiche purpuriche da piastrinopenia. Epatomegalia e
splenomegalia non fanno parte dei segni tipici ed iniziali delle anemie
aplastiche globali: tuttavia ripetuti episodi infettivi possono provocare
l'insorgenza di una modesta splenomegalia ed epatosplenomegalia può
manifestarsi tardivamente per la frequente siderocromatosi. Il decorso può
essere acuto o cronico e la malattia lasciata a sé comporta quasi sempre
prognosi infausta.
Un'utile
suddivisione clinica distingue i pazienti con malattia moderata (ipoplasia
midollare) da quelli con malattia severa. L'aplasia severa è definita da un
numero di granulociti inferiore a 0,5*10 alla nona/1, di piastrine inferiore a
20*10 alla nona/1, di reticolociti inferiore a 20*10 alla nona/1 e da un midollo
ipoplastico o aplastico. I pazienti con aplasia severa hanno prognosi peggiore e
pongono problemi terapeutici diversi da quelli dei soggetti con aplasia
moderata.
L'etiologia
e la patogenesi delle anemie aplastiche globali non sono certamente univoche
(vedi tab.03
Nella
maggior parte dei casi si tratta di forme acquisite: talora idiopatiche (e sono
quelle che più strettamente riproducono il quadro clinico-ematologico generale
dianzi delineato), ma più spesso riconducibili a ben individuati fattori, tra
cui spiccano per la loro importanza numerosi farmaci e agenti infettivi (forme
secondarie).
I
farmaci e le sostanze chimiche potenzialmente tossiche per il compartimento di
cellule staminali si possono suddividere in due gruppi:
1)il
primo comprende sostanze ed agenti ad azione citopenizzante obbligata,
dose-dipendente (tutti i citostatici antitumorali ed immunodepressori, benze
ionizzanti);
2)il
secondo gruppo riguarda farmaci ad azione citopenizzante occasionale: emergono
qui la bassa percentuale di casi di aplasia rispetto all'enorme numero di
fruitori dei medicamenti, la non stretta e costante correlazione fra dosaggio
terapeutico ed effetto citopenizzante, l'aplastizzazione spesso tardiva rispetto
all'epoca dell'esposizione al farmaco.
Esempio
tipico di questa categoria è il cloramfenicolo, ma ad essa appartengono
anche
altri antiinfiammatori, diuretici, antidiabetici orali. Deve essere quindi
ipotizzata una compartecipazione di situazioni intrinseche a determinati
individui (meiopragia delle cellule staminali, difetti metabolici di
disintossicazioni, sensibilizzazione al farmaco) e tali da renderli
particolarmente suscettibili all'effetto nocivo del medicamento.
L'anemia
aplastica si può sviluppare durante il decorso o dopo infezioni virali, quali
mononucleosi infettiva, rosolia, herpes zoster, HIV, parvovirus ed epatite
virale. Notevole rilievo ha quest'ultima: le aplasie meta- o post-epatitiche si
sviluppano più spesso nei giovani entro 6 mesi dalla malattia virale e
frequentemente sono causate dal virus della epatite C. Sono forme di aplasia
sempre grave con mortalità del 90% entro un anno.
Oscuri
sono i rapporti fra i processi di aplasia midollare globale e l'emoglobinuria
parossistica notturna: le due malattie possono combinarsi o succedersi in vari
rapporti cronologici.
Certamente
basi immunologiche hanno le aplasie che talora conseguono alle emotrasfusioni in
bambini gravemente immunodeficienti, in cui si può ravvisare un GVHD con
rigetto immunologico delle cellule staminali dell'ospite.
L'aplasia
in rapporto a gravidanza, evento insolito, può migliorare dopo il parto o dopo
l'interruzione della gravidanza.
Le
forme di aplasia midollare congenita sono molto rare. Esse hanno note di
costituzionalità e di familiarità e trovano il loro prototipo nella anemia
congenita di Fanconi; il quadro clinico ed ematologico si discosta per qualche
aspetto dalle anemie aplastiche globali acquisite. L'anemia di Fanconi è
caratterizzata da grave congenita insufficienza midollare (più spesso di tipo
aplastico, ma talora con midollo parzialmente cellulato) e da pancitopenia
periferica associata a malformazioni di vario tipo (iperpigmentazione cutanea,
anomalie scheletriche e renali, microcefalia, ritardo sessuale e mentale).
Caratteristica è la presenza di rotture cromosomiche nei linfociti stimolati
con fitoemoagglutinina: dimostra l'esistenza di ipersensibilità del DNA
cellulare agli agenti ionizzanti ed alchilanti con difetto dei meccanismi di
riparo. L'anemia di Fanconi è ereditata legata ad un gene recessivo.
Ancor
più rare sono le altre forme costituzionali menzionate nella tab.03
Il
trattamento dell'anemia aplastica acquisita è fondato su tre cardini maggiori:
sospensione o allontanamento dei fattori etiologici documentati o potenziali;
ricostituzione di una emopoiesi normale; terapia di supporto (trasfusioni e
prevenzione delle infezioni).
Il
trapianto di cellule emopoietiche normali è un approccio terapeutico razionale
della anemia aplastica. Il paziente candidato al trapianto dovrà essere
trasfuso il meno possibile e mai con sangue dei fratelli possibili donatori per
evitare alloimmunizzazioni che peggiorano il decorso post-trapianto. Il
condizionamento prima del trapianto si effettua fondamentalmente con
ciclofosfamide e la profilassi della GVHD con metotrexate e/o ciclosporina A.
Le
percentuali di sopravvivenza globali a 2 anni sono del 40-60% ma nei soggetti
giovani e che non hanno ricevuto trasfusioni prima del trapianto si può
ottenere l'80% di sopravvivenza a 2 anni. GVHD cronica è presente in circa il
1015 % dei casi e la sua incidenza e gravità aumentano con l'età. Considerando
che la terapia con il trapianto di midollo si è dimostrata superiore alla
terapia con farmaci immunosoppressori solo nei pazienti con età inferiore a 20
anni, il trapianto deve rappresentare la prima scelta terapeutica dell'aplasia
midollare solo nei pazienti con età inferiore a 20 anni che abbiano un fratello
aploidentico.
La
presunta o accertata esistenza di una componente immunologica tra i fattori
patogenetici dell'anemia aplastica hanno giustificato tentativi di trattamento
immunosoppressore con globulina antilinfocitaria o antitimocitaria. Questa
terapia porta ad una parziale o completa ricostituzione della emopoiesi nel
40-60% dei pazienti. I dosaggi sono di 15-40 mg/ kg e.v. per 4-10 giorni. La
risposta si manifesta entro il terzo mese e in caso di mancata risposta la
somministrazione può essere ripetuta.
Gli
androgeni hanno un sicuro effetto stimolante sull'emopoiesi in vitro. I
risultati con testosterone e con androgeni semisintetici (ossimetolone,
metenolone, nandrolone) a dosaggi elevati e per periodi prolungati sono
soddisfacenti nelle aplasie moderate, mentre in meno di un terzo dei pazienti
con aplasia severa si ottiene una risposta favorevole.
Il
cortisone pur avendo un effetto favorevole sulla diatesi emorragica da
piastrinopenia, si è dimostrato poco efficace sulla ricostituzione del midollo
e sulla sopravvivenza dei pazienti se usato a dosi basse o medie. Esperienze
recenti hanno documentato buone risposte a dosi molto elevate di
metilprednisolone nella aplasia severa.
Le
forme pure di aplasia eritroblastica ("pure red cell aplasia")
costituiscono una sindrome caratterizzata da totale assenza o spiccatissima
riduzione degli eritroblasti nel midollo e dei reticolociti nel sangue
periferico, gravissima anemia di tipo normocromico e normocitico, diminuzione
delle espressioni metaboliche della degradazione della emoglobina (bilirubina e
bilinogeno fecale), ipersideremia. Granulocito- e megacariocitopoiesi sono
invece normali; non esiste mielopoiesi eterotopa. A seconda che si tratti di
forme congenite o acquisite, primitive o secondarie, acute o croniche (vedi
classificazione, tab.03
Eritroblastopenia
cronica idiopatica dell'adulto (ECIA). -
È una rara emopatia, propria dell'età adulta o senile, forse più
frequente nel maschio, ad inizio subdolo e decorso cronico progressivamente
ingravescente, con il quadro di anemia arigenerativa. La prognosi è
estremamente riservata, benché siano possibili remissioni spontanee o risposte
favorevoli alla terapia (cortisonici, testosterone).Frequenti cause di morte
sono l'insufficienza cardiaca, le complicanze epatitiche (virali) e la
siderocromatosi da ripetute trasfusioni.
Si
ritiene oggi che tale emopatia sia inquadrabile tra le forme autoimmuni e se ne
distinguono due forme:
a)ECIA
tipo I o A, caratterizzata da presenza nel siero di elevata benché inefficace
attività eritropoietinica e di un inibitore di natura immunoglobulinica (IgG)
attivo a livello midollare;
b)ECIA
tipo II o B. caratterizzata da assenza di attività eritropoietinica nel siero e
presenza nel siero di un inibitore IgG con attività anti-eritropoietinica.
Eritroblastopenie
secondarie acute.- Sono rappresentate da episodi acuti e transitori di
eritroblastopenia, insorgenti nel corso di anemie emolitiche congenite o
acquisite, quali la sferocitosi ereditaria, la falcemia, l'emoglobinuria
parossistica notturna (eritroblastopenie acute tipo Owren), oppure nel corso di
malattie infettive o di condizioni di insufficienza renale acuta o a seguito di
assunzione di farmaci, quali noramidopirina, carbimazolo, barbiturici,
fenilidantoina, carbutamide ecc. (eritroblastopeniencute tipo Gasser).
Dal
punto di vista clinico il primo gruppo è sempre segnato dall'instaurarsi di
grave anemia, preceduta talora da sindrome febbrile, a volte estesa ad altri
membri della famiglia, con sintomatologia bronchitica acuta o gastroenteritica,
a denotare l'etiologia infettiva dell'episodio. La grave anemizzazione manca
invece o è meno appariscente nel secondo gruppo, in quanto la normale durata di
vita degli eritrociti maschera la transitoria deficienza eritrocitopoietica.
La
patogenesi è oscura e certamente non univoca. In alcuni casi è stato accertato
un effetto inibente l'eritropoiesi da parte del Parvovirus, che risulterebbe
l'agente etiologico di crisi aplastiche in corso di anemie emolitiche. Un
meccanismo immunomediato, in cui il farmaco agirebbe da aptene, è invece
sospettato in talune eritroblastopenie acute tipo Gasser.
La
terapia comprende trasfusioni, cortisonici, acido folico.
Eritroblastopenie
secondarie croniche. -Sono più frequenti nell'età senile o presenile e nelle
femmine ed appaiono per lo più in corso di timoma (con o senza associazione di
miastenia grave), di deficienze immunologiche, di malattie del collageno o
autoimmuni, di carcinomi broncogeni, di leucemia linfatica cronica. Si presume
che siano in gioco fattori immunologici, con autoimmunità diretta verso i
precursori eritroidi o verso l'eritropoietina.
Eritroblastopenla
congenita di tipo Dlamond-Blackian.- È
una rara condizione che si manifesta abitualmente prima del IV mese di vita con
ingravescente anemia arigenerativa ed eritroblastopenia. Si prospetta
un'eredità autosomica recessiva, ma una familiarità è solo eccezionalmente
documentabile (a differenza dell'anemia di Fanconi). La patogenesi della
malattia non è chiara. Due meccanismi sono stati prospettati: un difetto
congenito intrinseco della cellula staminale orientata all'eritropoiesi con
perdita della sensibilità all'eritropoietina; un'alterazione del sistema
immunitario. Questa seconda ipotesi è sostenuta dalla sensibilità della
malattia ai corticosteroidi, che correggono spesso, almeno temporaneamente,
l'anemia. L'anemia è per lo più macrocitica con caratteristiche eritrocitarie
che ricordano quelle dell'eritropoiesi fetale: aumento della HbF e presenza
dell'antigene i sulla superficie dei globuli rossi.
Il
trapianto di midollo osseo può essere effettuato nei pazienti che si dimostrano
refrattari alla terapia steroidea.
SINDROMI MIELODISPLASTICHE (SMD)
Vengono
raccolte sotto questa denominazione alcune complesse emopatie acquisite, di
ignota etiologia, non ancora completamente chiarite nel loro fondamento
patogenetico, che sono definite dalla presenza variamente associata di una serie
di caratteristiche: l'anemia, quale espressione ematologica prevalente; il
coinvolgimento delle altre serie emopoietiche con piastrinopenia e leucopenia;
il midollo normo- o ipercellulare; i segni morfologici di disemopoiesi;
l'evoluzione frequente verso la leucemia acuta mieloide.
In
passato queste condizioni venivano riportate sotto differenti denominazioni
quali: anemie refrattarie, per indicarne la refrattarietà alla terapia con vit.
B12 e acido folico; anemie diseritropoietiche idiopatiche acquisite, per
evidenziarne un fondamentale substrato patogenetico; pancitopenie a midollo
ricco, per caratterizzarne l'aspetto morfologico ed ematologico; infine di
sindromi preleucemiche.
Le
sindromi mielodisplastiche interessano ambedue i sessi e in prevalenza gli
anziani (età media superiore ai 50 anni). Possono tuttavia comparire in età
più giovane come evento prodromico di una leucemia acuta in pazienti che hanno
ricevuto chemioterapia antineoplastica o terapia radiante.
L'anemia,
il più frequente sintomo di esordio della malattia e problema clinico e
terapeutico prevalente, è di tipo arigenerativo, macrocitico e solitamente
grave. Nelle cellule eritroidi sono presenti difetti enzimatici, modificazioni
antigeniche della membrana e disturbi della sintesi dell'emoglobina (comparsa di
HbF e di HbH). Granulocitopenia e piastrinopenia sono frequenti e si associano
ad anomalie morfologiche dei granulociti (iposegmentazione nucleare e
ipogranularità citoplasmatica) e delle piastrine (anisocitosi). Anomalie
cromosomiche sono, presenti in un terzo dei pazienti (monosomia 7, trisomia 8,
delezione 5q-).
La
tab.04
Dal
punto di vista morfologico le SMD hanno le seguenti caratteristiche.L'anemia
sideroblastica idiopatica acquisita (ASIA) è definita dalla presenza in un
midollo ipercellulare di sideroblasti ad anello (eritroblasti con corona
perinucleare di granuli Perls positivi) in misura superiore al 40%. L'anemia
refrattaria (AR) è caratterizzata da iperplasia eritroblastica midollare senza
sideroblasti e senza eccesso di blasti. Minimo è il coinvolgimento delle serie
granulocitopoietica e piastrinopoietica. L'anemia refrattaria con eccesso di
blasti (AREB) presenta nel midollo una percentuale di blasti mieloidi compresa
fra il 5 e il 20%. In questa forma sono quasi costanti varie anomalie dei
granuloblasti e dei megacariociti. L'anemia refrattaria in trasformazione
leucemica (AREBt) include pazienti che accanto alla blastosi midollare (>20%)
presentano blastosi periferica in percentuale di circa il 20-30%. La leucemia
mielomonocitlca cronica (LMMC) è definita dal riscontro di monocitosi vera nel
sangue periferico (monociti > 1000/ mm3), da blastosi midollare di tipo
mielomonocitico e da aumento del lisozima sierico ed urinario. Secondo alcuni
Autori sarebbe più opportuno un suo inserimento nell'ambito delle malattie
mieloproliferative croniche.
Dal
punto di vista funzionale, gli studi di cinetica cellulare e gli aspetti
morfologici dell'eritropoiesi (diseritropoiesi) hanno da tempo messo in luce la
costante presenza di gradi elevati di mielopoiesi inefficace. Tuttavia recenti
ricerche di eritrocinetica hanno documentato che il meccanismo patogenetico
della anemia è variabile anche nell'ambito della stessa forma di SMD. Mentre
nelle anemie sideroblastiche l'eritropoiesi inefficace è il meccanismo
prevalente dell'anemia, nella anemia refrattaria alla eritropoiesi inefficace si
associano disturbi quantitativi dell'eritropoiesi, e, infine, nell'anemia
refrattaria con eccesso di blasti e nella LMMC i disturbi quantitativi dell'eritropoiesi
sono predominanti ed il profilo funzionale è quello della insufficienza
eritropoietica relativa o assoluta. Nella ASIA, infatti, l'eritropoiesi è
espansa fino a 8 volte il normale con il 70-90% di eritropoiesi inefficace,
mentre nella anemia refrattaria l'eritropoiesi totale non supera le tre volte il
normale; l'eritropoiesi, infine, è ridotta o appena aumentata nell'anemia
refrattaria con eccesso diblasti e nella LMMC.
Da
questi reperti e dai risultati delle colture in vitro dei precursori eritroidi,
la AR, la AREB la AREBt e la LMMC si configurano come disturbi interessanti la
cellula staminale totipotente che perde capacità proliferativa. Al contrario,
l'ASIA si configura come disordine clonale della eritropoiesi caratterizzato da
una linea cellulare anomala in cui il difetto si estrinseca prevalentemente nel
compartimento delle cellule maturative. Per questa ragione le anemie
sideroblastiche, pur avendo alcune caratteristiche proprie anche delle altre
sindromi mielodisplastiche, vengono in questa trattazione descritte nel capitolo
delle anemie da disturbi della sintesi di emoglobina.
La
prognosi e le cause di morte sono differenti nelle diverse sindromi. La
trasformazione leucemica è molto frequente nella AREB, è costante nella AREBt
e nella LMMC, mentre sono le complicanze infettive e l'emosiderosi che
predominano nella AR e nella ASIA.
La
terapia è prevalentemente sostitutiva. La terapia per le leucemie acute non è
efficace e aggrava la citopenia e la prognosi. Tentativi con farmaci ad effetto
differenziativo sono stati fatti in questi ultimi anni (ARAC a basse dosi, vit.
D3, acido 5-cisretinoico, alfa-interferone ricombinante), ma i loro risultati
sono modesti e ancora di difficile valutazione.
Anemie da difetto di sintesi del DNA (anemie
megaloblastiche)
Nella
patologia dell'uomo sono note numerose condizioni emopatiche (anemiche)
caratterizzate da disturbo della sintesi del DNA per carenza assoluta o relativa
(rispetto alle richieste metaboliche) di vitamina Bl2 (cobalamina) e/o di acido
folico (acido pteroilglutammico), dovute a cause di varia natura. In più rare
condizioni, l'alterazione della sintesi del DNA trae origine da deviazioni
metaboliche, acquisite o congenite, indipendenti dalle predette carenze
vitaminiche.
l)isomerizzazione
del metilmalonil-CoA, tappa della via catabolica del propionato, e sua
trasformazione in succinil-CoA, prodotto intermedio del ciclo di Krebs;
2)sintesi
della metilmetionina e rigenerazione del tetraidrofolato, enzima indispensabile
per la sintesi delle purine.
L'acido
folico, nella sua forma attiva di tetraidrofolato (FH4), entra come coenzima
nelle reazioni metaboliche di trasferimento di un atomo di carbonio. Le reazioni
metaboliche cellulari che richiedono acido folico sono numerose e ne citiamo le
più importanti: trasformazione
della
serina in glicina, sintesi del timidilato, catabolismo dell'istidina e sintesi
delle purine.
Per
comprendere la patogenesi delle anemie macromegaloblastiche è necessario
ricordare alcuni aspetti nutrizionali della cobalamina e dei folati. La vit.
Bl2, a differenza delle altre vitamine del gruppo B. non è sintetizzata dai
vegetali, ma solo da microorganismi. Ne sono quindi ricchi il suolo e l'acqua, e
in alcuni animali trae origine da batteri intestinali. Nell'uomo la sintesi
batterica gastrointestinale avviene in tratti in cui la vitamina non è
assorbibile e pertanto il fabbisogno di cobalamina è coperto esclusivamente da
fonti alimentari. Gli alimenti che la contengono sono solo quelli di origine
animale (fegato, carne, pesce, uova, latte).
La
vit.Bl2 introdotta con gli alimenti ("fattore estrinseco") viene
assorbita elettivamente attraverso i microvilli dell'ileo terminale tramite
eventi complessi. Infatti nello stomaco la vit. Bl2 si lega ad una classe di
proteine (chiamate proteine-R per la loro rapida mobilità elettroforetica) che
la trasportano al duodeno, ove torna libera. Qui avviene il legame fra la
componente benzimidazolo-nucleotide della cobalamina ed una glicoproteina
("fattore intrinseco") prodotta dalle cellule parietali della mucosa
gastrica. Così legata la vit. Bl2 viene protetta dall'attività degradativa
degli enzimi digestivi fino all'intestino ove esistono recettori specifici per
il "fattore intrinseco" che ne consentono l'assorbimento. Nel plasma
la cobalamina viene legata a tre proteine vettrici (transcobalamina I, II, III)
che pur con proprietà diverse convogliano la vitamina a tutto l'organismo;
l'immagazzinamento principale avviene nel fegato (che normalmente ne contiene 5
mg). Il fabbisogno giornaliero di cobalamina è di 2-2,5 micro g.
Pure
i folati sono di esclusiva origine alimentare, in forma di pteroilpoliglutammati.
L'assorbimento intestinale (nel digiuno e nel tratto prossimale dell'ileo) è
facilitato da una "coniugasi" che idrolizza i legami
glutammilpeptidici. L'acido folico è poi trasformato nell'organismo nella forma
attiva (FH4). Il fabbisogno alimentare di folati è di 0,4 mg pro die, il che
comporta un assorbimento intestinale di circa 50 micro g.
Appare
evidente che una carenza di cobalamina o di folati potrà conseguire a
deficienze alimentari o a difetto dell'assorbimento delle due vitamine o ad
anomalie del trasporto della vit. B12 o della sua possibilità di essere
adeguatamente immagazzinata nel fegato.
Una
deplezione di vit. B12, tale da implicare segni biochimici e poi clinici di
avitaminosi, richiede sempre l'esaurimento delle scorte epatiche di cobalamina,
che si completa in circa 5 anni.
Le
riserve di folati nell'organismo sono invece più scarse di quelle della vit.
B12 e vengono deplete nel corso di pochi mesi.
Alla
carenza di vit. B12 e di folati conseguono:
1)Alterazione
della cinetica cellulare per sintesi sbilanciata degli acidi nucleici con
insufficiente replicazione del DNA, ma normale sintesi di RNA e proteine. Ne è
causa la ridotta sintesi di timidina monofosfato, precursore del DNA, che oltre
a compromettere la sintesi dell'acido nucleico, provoca despiralizzazione
cromosomica. L'attività proliferativa della cellula si riduce per allungamento
del tempo di sintesi e del periodo intercinetico totale, il che consente alla
cellula di realizzare un minor numero di divisioni mitotiche nel corso del ciclo
maturativo e di raggiungere un volume superiore alla norma (macrocitosi).
2)Alterazioni
metaboliche delle cellule nervose (limitatamente agli stati di carenza
cobalaminica). La neuropatia da carenza di vit. B12, dovuta a demielinizzazione
del neurone, ha una patogenesi non certa. Il blocco della reazione
omocisteina-metionina priverebbe il tessuto nervoso di una sostanza essenziale
per le reazioni di metilazione a livello della sintesi della mielina.
È stato pure ipotizzato che il danno mielinico possa essere dovuto alla
inefficace isomerizzazione del malonil-CoA a succinil-CoA.
La
neuropatia da carenza di folati è rarissima. Grandi quantità di acido folico
sono presenti nel sistema nervoso e ciò impedirebbe la deplezione dei folati a
questo livello.
Negli
stati di carenza cobalaminica la macrocitosi assume, soprattutto negli
eritroblasti, morfologia peculiare, essendo l'ingrandimento diametrico delle
cellule congiunto ad una particolare ampiezza del citoplasma e ad una
caratteristica finezza dell'intreccio della rete cromatinica nucleare: pertanto
in tali casi si parla di megaloblastosi piuttosto che di semplice maao~lastosi
eritroblastica (che è più tipica delle carenze foliche). Così pure gli
eritrociti derivati dai megaloblasti non solo hanno volume superiore alla norma
(macrociti), ma anche forma leggermente ovale invece che rotonda, per cui
vengono indicati come megalociti. La distinzione fra megalo- e macrocitosi
tuttavia non sempre è netta e non può assurgere a criterio diagnostico nei
confronti del fattore vitaminico carente.
La
macro-megaloblastosi eritroblastica è un fenomeno morfologico così saliente in
questo gruppo di affezioni da essere caratterizzante e si parla pertanto di
anemie megaloblastiche.
Malgrado
il rallentamento di molte sue attività metaboliche, il megaloblasto si divide e
si può anche supporre che un maggior numero di cellule staminali venga
"commissionato" in senso eritroide: il midollo osseo degli stati di
carenza cobalaminica e della maggior parte di quelli da carenza folica (fanno
eccezione in particolare le anemie da farmaci anti-folici) presenta infatti
iperplasia eritroblastica. A ciò si contrappone tuttavia una scarsa formazione
di eritrociti, sia in conseguenza del minor numero di divisioni mitotiche, sia
per la distruzione precoce degli eritroblasti ed eritrociti del midollo osseo
stesso: si realizza così una tipica situazione di eritropoiesi inefficace, che
può coinvolgerefino al 90% degli eritroblasti. La sua dimostrazione deriva da
studi cinetici e da rilievi biochimici. La clearance plasmatica del radioferro
è accelerata, il turnover del ferro plasmatico è aumentato fino a 5-10 volte
il normale, e l'incorporazione eritrocitaria del radioferro è fortemente
diminuita. Vi è aumento della escrezione fecale del bilinogeno, che per il 40%
non deriva dal catabolismo degli eritrociti circolanti, e vi è un aumento della
produzione di bilirubina precocemente marcata dopo iniezione di glicina
radioattiva. I rilievi biochimici della eritropoiesi inefficace consistono
nell'aumento nel siero di alcuni enzimi cellulari quali la LDH1 e la
fosfoesosoisomerasi. Il difetto qualitativo della eritropoiesi è presente anche
nel compartimento delle cellule circolanti: gli eritrociti hanno durata di vita
ridotta e questa componente emolitica contribuisce all'aumento del tasso di
bilirubina indiretta (fino a 3 mg/dl).
Granuloblasti
e megacariociti e le cellule che ne derivano palesano pure anomalie morfologiche
(macrocitosi, polisegmentazione nucleare) ascrivibili alle stesse anomalie
metaboliche e funzionali descritte per la serie eritroide; esistono quindi anche
granulocitopenia e piastrinopenia.
L'anomalia
della DNA-sintesi interessa verosimilmente tutte le cellule proliferanti
dell'organismo: la macrocitosi è ben evidente negli epiteli del cavo orale e
della mucosa gastrica. La ridotta attività proliferativa è responsabile,
infine, dell'insorgenza dell'atrofia della mucosa linguale e probabilmente,
almeno in parte, di quella della mucosa gastrica.
La
classificazione etiopatogenetica delle anemie macro-megaloblastiche è riportata
nella tab.05
Ai
fini diagnostici può essere seguita un'altra classificazione, che suddivide le
anemie macro-megaloblastiche in forme idiopatiche ed essenziali (anemia
perniciosa di Addison-Biermer; orotico aciduria ereditaria) e nel vasto ed
eterogeneo gruppo delle anemie maao-megalocitiche perniciosiformi, in rapporto a
fattori causali noti o ad una malattia di base.
È ovvio che le diverse etiopatogenesi e la presenza o meno di una
malattia di base condizionano il quadro clinico ed in parte quello ematologico
delle anemie macro-megaloblastiche, che possono esprimersi con fenomenologie
diverse.
Nelle
seguenti pagine saranno ricordati solo i quadri clinico-ematologici più
importanti.
QUADRI CLINICO-EMATOLOGICI DA CARENZA DI
COBALAMINA
a)Deficienze
alimentari. - Possono insorgere solo nei vegetariani stretti e talora nel
lattante sotto-alimentato; il quadro clinico-ematologico è simile a quello
dell'anemia perniciosa biermeriana (v. oltre).
b)Compromissione
dell'assorbimento intestinale. - Di tale gruppo il classico prototipo è
l'anemia perniciosa essenziale di Addison-Biermer, oggi piuttosto rara in Italia
dato il largo uso ed abuso di vitamina B12 somministrata parenteralmente per le
più varie indicazioni.
L'emopatia
è dovuta a carenza di "fattore intrinseco". Questa situazione, in
rari casi, può essere presente già in età giovanile ed appare allora quale
anomalia congenita clinicamente manifesta solo nello stato omozigote. Esaurite
le scorte di vit. B12 accumulate durante la gravidanza, nel corso di 2-3 anni
insorge l'anemia.
Di
gran lunga più frequenti sono le forme insorgenti nell'adulto o nella
senilità. Una certa predilezione etnica per le popolazioni europee
nord-occidentali, la non rara familiarità e l'associazione con gli aplotipi HLA
A2, A3, B7 e B12 denotano un possibile sfondo genetico. Evento di basilare
importanza è certamente la grave atrofia della mucosa gastrica con achilia
completa: questa appare legata, a sua volta, alla presenza in tali soggetti di
anticorpi anti-mucosa gastrica o anti-cellule parietali o anti-fattore
intrinseco.
L'ipotesi
autoimmune è confortata da dati clinici e di laboratorio. L'atrofia della
mucosa gastrica è contraddistinta da un cospicuo infiltrato di cellule
linfatiche e plasmacellule; la malattia si associa frequentemente a condizioni
di sicura patogenesi autoimmune (tireotossicosi, tiroidite, iposurrenalismo,
pemfigo, vitiligo); inoltre è frequente il riscontro di anticorpi contro altri
organi o tessuti (anticorpi anti-tiroide).
È possibile, ma non del tutto accertato, che tale fenomeno autoimmune
sia all'origine di tutto l'evento morboso, potendo la stessa atrofia gastrica
essere interpretata quale esito di una gastropatia arigenerativa da carenza
cobalaminica.
L'inizio
della malattia è assai subdolo. Nel periodo di stato la sintomatologia è
poliedrica ma costante nei suoi segni: cute pallida e subitterica (colore di
cera vecchia), glossite atrofica, disturbi digestivi legati all'achilia
completa, modesta epatosplenomegalia, segni di insufficienza cardiaca e di
stenocardia (da ipossiemia), presenza di turbe psichiche (stato confusionale,
manifestazioni paranoidi) e neurologiche, dovute queste ultime a lesioni
degenerative dei cordoni laterali e posteriori del midollo spinale (più
raramente sono interessate altre sedi) con quadri simil-tabetici e talora
paraplegici o a tipo di lesione spinale trasversa.
L'anemia
è di tipo megalocitico arigenerativo e può toccare limiti di estrema gravità:
esistono leuco- e piastrinopenia.
Il
midollo osseo è ricco di cellule, con iperplasia eritroblastica di tipo
megaloblastico e prevalenza di elementi immaturi o semimaturi.
La
sideremia è elevata ed evidenti sono i segni di eritropoiesi inefficace.
La
diagnosi di carenza cobalaminica si avvale dei rilievi clinico-ematologici e di
reperti biochimici. La diagnosi di certezza deriva dalla dimostrazione di un
ridotto livello di vit. B12 nel siero e dalla aumentata escrezione urinaria di
acido metilmalonico (per la mancata conversione in succinil-CoA),
dall'alterazione dell'assorbimento intestinale della vitamina (test di Schilling)
e dall'alterazione del test di soppressione con desossiuridina. Quest'ultimo si
basa sull'osservazione che la incorporazione di timidina radioattiva nel DNA di
cellule midollari normali è soppressa quando queste cellule sono preincubate
con desossiuridina: la mancata soppressione è significativa di carenza
cobalaminica. Il test che da solo consente la diagnosi di carenza di vit. B12 è
il dosaggio della concentrazione sierica della vit. B12, attualmente ottenibile
con metodi radioimmunologici.
Un
tempo a prognosi infausta, la malattia può oggi essere facilmente corretta
(tranne che per alcune manifestazioni neurologiche) con la somministrazione
parenterale di piccole dosi di vit. B12 (200 micro g a giorni alterni, ripetute
per 6-8 volte). La terapia di mantenimento deve durare tutta la vita e consiste
nella somministrazione intramuscolo di 500, ug di vit. B12 ogni 3 mesi. Può
essere utile talora l'impiego dei cortisonici allo scopo di influire sui
fenomeni autoimmuni dimostrabili in molti casi di anemia perniciosa.
Quadri
simili a quelli della anemia di Addison-Biermer possono essere rinvenuti nelle
altre condizioni elencate nella tab.05
QUADRI CLINICO-EMATOLOGICI DA CARENZA FOLICA
I
reperti ematologici sono simili a quelli delle anemie da carenza cobalaminica:
la pancitopenia è tuttavia in genere meno grave e minore è l'iperplasia degli
eritroblasti, che hanno caratteristiche più di macroblasti che di megaloblasti.
Non è raro che nelle carenze alimentari di folati ed anche in quelle da
difettoso assorbimento (e tipicamente nella sprue) siano in atto carenze
multiple, di folati, di cobalamina ed anche di ferro. Sicché l'anemia, invece
che francamente macrocitica risulta talora normocitica per il coesistere di due
popolazioni eritrocitarie (anemie dimorfe).
La
diagnosi riposa sui rilievi clinicoematologici e sui reperti biochimici, che
nelle forme pure di carenza folica dimostrano normalità o modesta riduzione del
tasso ematico di vit. B12, assenza di compromissione del test di Schilling e
invece costantemente ridotta attività folica del siero ed elevata escrezione
urinaria di acido formiminoglutammico (FIGlu), quale espressione di una ridotta
conversione di istidina in glutammato per deficiente rigenerazione del
tetraidrofolato.
La
terapia delle carenze foliche consiste nella somministrazione per bocca o per
via parenterale di acido folico a un dosaggio di 1-5 mg al giorno.
FORME RARE DI CARENZA COBALAMINICA E
MEGALOBLASTOSI DA BLOCCO DI DNA-SINTESI VITAMINICO-INDIPENDENTI
Accenniamo
solo alla rara anemia megaloblastica tipo Imerslund (emopatia familiare di tipo
anemico pernicioso, manifesta già nell'infanzia e dovuta, almeno in alcuni
casi, alla deficienza dei recettori intestinali per il "fattore
intrinseco") ed alla eccezionale anemia megaloblastica da deficienza
congenita della transcobalamina II.
Rara
ed assai interessante è l'orotico acidurza ereditaria, anomalia ereditaria del
metabolismo della pirimidina (blocco della conversione dell'acido orotico in
uridin-5-fosfato), trasmessa come carattere autosomico dominante. Comporta una
anemia tipicamente megaloblastica.
Va
fatta menzione delle anemie megaloblastiche da farmaci in cui possono essere in
giuoco antiepilettici (difenilidantoina), barbiturici, nitrofurantoina, ad
azione antifolica. Tipica è la megaloblastosi da aminopterina e da metotrexate,
che ostacolano la conversione dei folati inattivi in FH4 inibendo la
diidrofolicoreduttasi. In queste condizioni la terapia con folato è inefficace
perché la mancanza di folato-reduttasi non permette la trasformazione nella sua
forma attiva e viene usato l'acido folinico (N5-formilFH4) alla dose di 3-6 mg/die
im. Anche altri citostatici antitumorali (azauridina, 5-fluoruracile,
6-mercaptopurina, citosina arabinoside, idrossiurea), in vario modo inibendo la
sintesi del DNA, possono provocare insorgenza di megaloblastosi midollare e di
anemia macrocitica.
Anemie da alterazioni del compartimento
maturativo
I
l compartimento maturativo degli eritroblasti comprende tutte le fasi di trasformazione delle cellule nucleate (dotate di molteplici capacità sintetiche quali globina, profirine, eme, e degli organuli cellulari a ciò preposti, quali mitocondri, apparato ribosomiale ecc.) in eritrociti, cellule anucleate e prive di organuli cellulari, a struttura estremamente semplificata ma ottimale al fine del trasporto di ossigeno che è loro peculiare. Evento biochimico fondamentale della maturazione eritroblastica è la sintesi di emoglobina: attraverso distinte linee biosintetiche quantitativamente ben bilanciate hanno luogo la sintesi della protoporfirina IX e delle catene polipeptidiche della globina; in presenza di opportune quantità di ferro liberamente disponibile nel citoplasma eritroblastico si giunge alla fine alla sintesi dell'eme e della molecola completa di emoglobina.
È evidente che si tratta di processi biosintetici complessi, le cui
tappe evolutive possono essere alterate in molteplici punti e per cause varie:
in ogni caso ad una lesione delle predette biosintesi consegue una diminuita
formazione di emoglobina.
Una
classificazione alquanto schematica delle anemie da alterazioni del
compartimento maturativo può contemplare tre gruppi principali, a seconda che
la ridotta emoglobinosintesi sia imputabile ad alterazioni del metabolismo
marziale, ad alterazioni della sintesi delle porfirine e dell'eme, ad
alterazioni quantitative della sintesi della globina.
Caratteristica
comune a tutti questi eventi è l'insorgenza di anemia microcitica ipocromica.
Il midollo osseo mostra nella maggior parte dei casi iperplasia degli
eritroblasti, soprattutto di quelli appartenenti agli stadi immaturi o
semimaturi.
In
questo capitolo tratteremo solo delle alterazioni del metabolismo del ferro e
della sintesi dell'eme. Ne escludiamo le anemie da alterazione della sintesi
della globina, che riconoscono momenti patogenetici complessi e plurimi in cui
l'emolisi rappresenta spesso l'evento dominante dal punto di vista
fisiopatologico e clinico. In quest'ambito si identificano due gruppi principali
di anemie: le alterazioni strutturali della globina (emoglobinopatie
propriamente dette) e le alterazioni quantitative della sintesi delle catene
globiniche (sindromi talassemiche).
ANEMIE IPOCROMICHE IPOSIDEREMICHE
La
maggior parte delle anemie da compromissione del compartimento maturativo è
riconducibile ad una scarsa disponibilità di ferro per la sintesi
dell'emoglobina. La tab.06
È noto che il ferro viene introdotto con gli alimenti sotto due forme:
ferro eminico (ferro prevalentemente contenuto nella carne) che viene assorbito
come tale, e ferro non eminico che, trasformato in ferro ionizzato bivalente
nell'ambiente acido e in presenza di sostanze riducenti dello stomaco, viene
legato a sostanze chelanti. L'assorbimento avviene ad opera degli epiteli
apicali dei villi del tratto prossimale del tenue. Nell'interno delle cellule
della mucosa, il ferro viene trasformato in ferro trivalente, legato ad una
proteina di trasporto molto simile alla transferrina plasmatica e quindi
dismesso nel torrente circolatorio. Anche nella cellula della mucosa
intestinale, come in tutte le cellule dell'organismo, esiste un pool di ferro di
deposito (ferro ferritinico) la cui dimensione sembrerebbe regolare
l'assorbimento intestinale del ferro.
Il
ferro legato alla transferrina circolante nel plasma viene trasportato agli
eritroblasti e a tutte le cellule in cui vengono sintetizzate proteine eminiche
(catalasi, citocromo-ossidasi, citocromi). Il ferro entrato negli eritroblasti
viene incorporato nell'emoglobina, e per emolisi o per eritropoiesi inefficace
rilasciato poi quale prodotto del catabolismo dell'emoglobina alle cellule del
sistema monocitomacrofagico, dove in forma soprattutto di ferritina ed
emosiderina costituisce il ferro di deposito e il pool labile di riserva
marziale, da cui può essere facilmente mobilizzato per le richieste dell'eritropoiesi.
Il
pool di ferro ferritinico ed emosiderinico delle cellule epatiche costituisce
infine la parte predominante del pool di riserva del ferro parenchimale.
Una
volta entrato nel circolo interno, il metallo viene perduto dall'organismo solo
in piccole quantità (1 mg/die) in condizioni fisiologiche. Le perdite avvengono
con gli epiteli desquamanti (cute, tubo digerente, rene) e, nella donna, con il
sangue mestruale, la gravidanza, l'allattamento. Per quanto il circolo chiuso
del ferro sia una realtà fisiologica, è necessario un continuo appor
to di
ferro con gli alimenti per bilanciare le pur piccole perdite fisiologiche.
Poiché di regola l'assorbimento non supera il 10% del ferro introdotto, il
fabbisogno alimentare del metallo è di circa 15-20 mg/die, ed è un po' più
elevato nei bambini, negli adolescenti e nella donna in età fertile che nel
maschio adulto.
La
valutazione delle condizioni iposideremiche si basa sui seguenti accertamenti:
a)Indici
eritrocitari. La carenza di ferro è tipicamente caratterizzata da ipocromia e
microcitosi delle emazie. Tale caratteristica morfologica è comune tuttavia a
tutti i disturbi della sintesi emoglobinica (talassemie, anemie sideroblastiche,
intossicazione da piombo).
b)Sideremia,
capacità totale legante il ferro (TIBC-total iron binding capacity) e
saturazione della transferrina. Nel soggetto normale la sideremia varia da
120+30 micro g/dl al mattino a 80+30 micro g/dl alla sera. Valori inferiori a 60
micro g/dl sono considerati patologici (iposideremia). Si riscontrano sia nella
carenza di ferro sia nella anemia da malattia cronica. La transferrina sierica
può essere dosata con metodi radioimmunologici quale proteina (1,60-2,90 g/l)
ma usualmente la si valuta come quantità totale di ferro che è capace di
legare (TIBC): il valore medio normale è di 300 micro g/dl, equivalente a 56
micro mol/L La transferrina viene sintetizzata nelle cellule epatiche in misura
inversamente proporzionale al contenuto epatocitario di ferro. Una
transferrinemia bassa con TIBC elevata (superiore a 350 micro g/dl) significa
diminuzione del contenuto corporeo del ferro (sideropenia). La saturazione
percentuale della transferrina (sideremia 100/TIBC; valore normale medio 30%) è
il parametro più importante per la valutazione della capacità di trasporto del
ferro ai tessuti. Una saturazione inferiore al 15 % indica con certezza un
trasporto diminuito.
c)Protoporfirina
libera eritrocitaria. Un'aumentata quota di protoporfirina IX non legata al
ferro nell'interno del globulo rosso è indice di disturbo biosintetico dell'eme
e può essere utilizzata come indice di carenza marziale.
d)Ferritina
sierica. La ferritina, proteina di deposito tipicamente tessutale, circola in
quantità minime nel siero del soggetto normale (15-250 micro g/l). Le sue
variazioni si sono dimostrate espressione fedele delle riserve del ferro
corporeo, specialmente per la sideropenia. Una ferritina sierica inferiore a 10
micro g/l è sicura espressione di carenza marziale.
e)Ferro
colorabile nel midollo. La colorazione specifica per il ferro (blu di Prussia)
delle cellule midollari, permette una visualizzazione e quantificazione del
ferro emosiderinico presente nei macrofagi e negli eritroblasti (sideroblasti)
del midollo. Nella carenza marziale si riduce il numero di sideroblasti e
scompare il ferro macrofagico.
Numerose
sono le possibili cause di iposideremia e molteplici i meccanismi patogenetici.
1)
È ovvio che la causa più semplice, ed anche la più frequente, di
alterazione del metabolismo marziale sia la carenza attuale del metallo. A
questa situazione potranno condurre:
-le
carenze alimentari di ferro, riconoscibili nel nostro Paese come cofattore
importante ma non quale evento principale;
-le
perdite protratte di sangue, per emorroidi, ipermenorrea, malattia ulcerosa,
gastroduodenite, ernia diaframmatica dello stomaco, anchilostomiasi, tumori
emorragipari (tubo digerente, rene), emosiderosi idiopatica isolata del polmone,
ecc.
-il
malassorbimento intestinale per interventi chirurgici demolitori sullo stomaco e
il tenue, fistole gastrocoliche, stenosi digiunale, steatorrea idiopatica.
La
carenza marziale è un evento che si instaura lentamente e ne possono essere
riconosciute tre fasi:
a)carenza
marziale semplice o prelatente: vi è diminuzione delle riserve di ferro ma
eritropoiesi normale; è svelata solo dalla diminuzione della ferritina sierica
e della sideremia;
b)eritropoiesi
sideropenica senza anemia, o carenza marziale latente: è dovuta a diminuzione
della saturazione della transferrina e si presenta con alterazioni morfologiche
della eritropoiesi (ipocromia e microcitosi);
c)anemia
sideropentca: la severità dell'anemia dipende dalla gravità e dalla durata
della sideropenia. La sintomatologia soggettiva della anemia compare solo a
valori di Hb inferiori a 10 g/dl, poiché a valori superiori sono attivi i
meccanismi di compenso del trasporto di ossigeno ai tessuti.
Il
quadro clinico comporta non solo i segni e sintomi dello stato anemico, ma pure
quelli inerenti agli effetti tessutali della carenza marziale con le note
alterazioni ungueali (coilonichia) e dei peli, le ragadi alle commessure
labiali, l'atrofia papillare della lingua, l'achilia, la disfagia da ulcerazioni
e spasmi esofagei (sindrome di Plummer-Vinson), le alterazioni psichiche
(irritabilità, abnorme compulsione al cibo, mutevolezza dell'umore).
Tutti
i segni dello stato carenziale si risolvono con la somministrazione di ferro per
os o, nei casi con documentato malassorbimento intestinale del metallo, per via
parenterale, prolungata ben oltre la normalizzazione del quadro ematico onde
ricostituire il pool del ferro di riserva. Un buon indice per monitorare la
ricostituzione delle riserve corporee di ferro durante la terapia marziale è il
dosaggio della ferritina sierica.
2)Un
quadro ematologico in parte analogo può insorgere attraverso un meccanismo
diverso, cioè a causa di una ridotta disponibilità per l'eritropoiesi del
ferro di deposito monocito-macrofagico (anemia iposideremica da emosiderosi
macroiagica, o anemia da malattia cronica).
È quanto si osserva in molte malattie infettive, nell'artrite reumatoide,
in molti tumori maligni. Si ritiene che in tali situazioni sia diminuita la
capacità dei macrofagi di rilasciare il ferro al plasma (sideropessi
macrofagica).
Vari
sono i meccanismi patogenetici, ma il principale risiede certamente nella
aumentata sintesi di apoferritina nelle cellule del sistema monocito-macrofagico.
È stata pure dimostrata una aumentata sintesi di lattoferrina da parte
dei neutrofili: la lattoferrina entrerebbe in competizione con la transferrina a
livello della cellula macrofagica per la captazione del ferro dismesso verso il
plasma; la captazione della lattoferrina da parte dei macrofogi comporta la
restituzione del ferro dismesso. Mediatore dell'alterazione del metabolismo del
ferro sembra essere un fattore prodotto dalle cellule fagocitarie stesse,
chiamato mediatore endogeno leucocitario (LEM) o interleuchina-1 (IL-1) che
aumenterebbe sia la sintesi della lattoferrina che di ferritina.
Nell'anemia
da malattia cronica la anemia è modesta, la sideremia e la saturazione
percentuale della transferrina sono basse, normale o bassa la TIBC e aumentata
è la ferritina sierica. Questi due parametri consentono la diagnosi
differenziale con l'anemia sideropenica.
3)Una
carenza di transferrina può essere di per sé causa di anemia iposideremica.
È quanto si osserva nella eccezionale atransferrinemia congenita, ma
anche nel corso di numerose malattie in cui vi è deficiente sintesi di questa
beta-globulina (infezioni, epatopatie) oppure sua aumentata degradazione
(infezioni, tumori, collagenosi ecc.) od anche sua perdita all'esterno (nefrosi,
enteropatia essudativa).
4)Una
condizione particolare di carente disponibilità del metallo è infine
rappresentata dalla rarissima anemia ipocromica microcitica descritta in bambini
da Shabidi, Nathan e Diamond, in cui esistono ipersideremia, ipersiderosi degli
epatociti ed assenza di ferro nei macrofagi midollari; si presume che esista in
tali casi un difetto nel processo di rofeocitosi che consente il passaggio di
ferro tra macrofagi, trasferrina ed eritroblasti.
ANEMIA DA ALTERAZIONI DELLA SINTESI DELLE
PORFIRINE E DELL'EME
Porfirie
Come
noto, la sintesi delle porfirine ha luogo (negli eritroblasti e negli epatociti
in primo luogo) sotto il controllo di enzimi citoplasmatici e mitocondriali a
partire da succinil COA e da glicina attivata dal piridossal-fosfato. Per
intervento di una aminolevulinico (ALA) sintetasi si forma dapprima delta-ALA e
quindi (catalizzato da una ALA- deidrasi) porfobilinogeno (PBG), monopirrolo da
cui originano i tetrapirroli uro- e coproporfirinogeno (I e III). Per
ossidazione e decarbossilazione del copropor-firinogeno III si ha protoporfirina
IX in cui viene inserito Fe bivalente ad opera di una eme-sintetasi, sicché si
forma l'eme.
Difetti
enzimatici della catena biosintetica dell'eme, quasi sempre su base genetica ed
ereditaria, portano all'insorgenza di quadri morbosi, noti come porfirie,
caratterizzati da eccessiva produzione ed escrezione di porfirine e di loro
precursori. Di queste solo la porfiria eritropoietica congenita e in minor
misura la protoporfiria eritropoietica si associano ad anemia.
Porfiria
eritropoietica congenita (CEP, malattia di Gunther). -
È una forma molto rara di porfiria dovuta a carenza di uroporfirinogeno
III- cosintetasi per mutazione dello specifico gene strutturale (disordine
autosomico recessivo). Il quadro clinico è rappresentato da lesioni cutanee da
fotosensibilizzazione (fragilità, irsutismo, discromie, lesioni
similsderodermiche) e da disturbi ematologici.
L'anemia
è un aspetto clinico significativo nella maggior parte dei pazienti. L'anemia
è dovuta sia alla eritropoiesi inefficace che ad emolisi periferica. L'unico
mezzo sicuro per non incorrere in mutilazioni e fotosensibilità è evitare la
luce del sole. La splenectomia può contribuire a ridurre l'emolisi e quindi la
stimolazione del midollo. Le trasfusioni di sangue sono utili per diminuire la
produzione di porfirine inibendo l'attività del midollo osseo. Un altro
approccio terapeutico è quello di legare le porfirine escrete nel lume
intestinale mediante assorbenti come il charcoal e la colestiramina,
ritardandone così l'assorbimento.
Protoporfiria
eritropoietica (protoporfiria eritro-epatica). - Più frequente della porfiria
eritropoietica congenita, la protoporfiria eritropoietica (EPP), detta anche
protoporfiria eritro-epatica, è un disordine ereditato quale carattere
autosomico dominante ed è caratterizzato da spiccata riduzione della
ferrochelatasi e da aumentata concentrazione della protoporfirina libera nel
midollo osseo, negli eritrociti circolanti, nel plasma, nel fegato, nella bile e
nelle feci. Si manifesta già nell'infanzia con lesioni cutanee da
fotosensibilizzazione, complicanze epatobiliari (fino alla insufficienza epatica
conclamata), colelitiasi (calcoli ricchi di protoporfirina). Si osserva talora
modesta anemia micro citica ipocromica, usualmente anemolitica, associata a
presenza di fluorescenza alla luce di Wood delle cellule eritroidi (soprattutto
dei reticolociti). La somministrazione prolungata di P-carotene (120-180 mg/die)
e di colestiramina può produrre un certo effetto benefico. La splenectomia è
indicata nei casi splenomegalici con ipermeolisi.
Anemie sideroblastiche
Hanno
maggior rilevanza ematologica delle porfirie. Trattasi di condizioni diverse per
etiopatogenesi, disordini metabolici e quadro clinico, con un comune
denominatore, rappresentato dalla presenza nel midollo osseo di elevata
quantità, variabile dal 30 al 90 %, di sideroblasti ad anello, cioè di
eritroblasti midollari in cui le reazioni citochimiche per l'emosiderina (Perls)
mettono in evidenza numerosi granuli colorati disposti a corona attorno al
nucleo. Tale reperto morfologico è indice di un accumulo di ferro nei
mitocondri e va distinto da quello presente nei sideroblasti normali o di tipo
intermedio, nei quali il ferro colorabile è costituito da ammassi di ferritina
ed emosiderina intracitoplasmatica non mitocondriale. Altra caratteristica
comune di questo gruppo di emopatie è la presenza di una popolazione di
eritrociti ipocromici e microcitici nel sangue periferico, che in alcuni casi
comporta spiccata microcitosi e in altri presenza di una popolazione dimorfica
di cellale circolanti.
L'eterogeneo
gruppo delle anemie sideroblastiche comprende forme ereditarie e forme
acquisite, la cui classificazione può essere proposta solo come tentativo del
tutto provvisorio (tab.07
Considereremo
fra le anemie sideroblastiche solo le forme più frequenti e tipiche.
Anemia
sideroblastica ereditaria. - È un
disordine che colpisce per lo più i maschi ed è ereditata solitamente quale
trait recessivo legato al sesso (X-linked) con mosaicismo nelle femmine sulla
base di una inattivazione del cromosoma X. In un solo gruppo familiare potè
essere sospettata una eredità autosomica. L'anemia, presente alla nascita o
comunque a comparsa precoce, è di solito grave e di tipo ipocromico microcitico
con spiccata anisopoichilocitosi. Nel midollo si osserva iperplasia
normoeritroblastica.
Esistono
ipersideremia, iperferritinemia e ipersiderosi tissutale. Si documenta spesso
epatosplenomegalia. L'accumulo di ferro, dovuto ad assorbimento marziale
secondario all'aumento della eritropoiesi ed alla terapia transfusionale, è
proporzionale all'anemia e all'età del paziente. Le indagini di ferrocinetica
rivelano eritropoiesi inefficace.
In
un terzo di pazienti è rinvenibile una eliminazione urinaria abnormemente
elevata di acido xanturenico o chinurenico dopo carico orale di triptofano, il
che è stato interpretato quale indice di deficienza o di anomalo metabolismo
della vit. B6. Il contenuto eritrocitario di protoporfirina libera è basso,
quello di coproporfirina è normale o elevato. E' presumibile che il difetto
ereditario interessi l'attività della ALA-sintetasi o forse, in qualche caso,
quella coproporfirinogeno-ossidasi.
In
molti casi è evidente l'effetto normalizzatore della piridossina ("anemia
piridossino-sensibile"): in tali pazienti la prognosi è buona. Gli altri
hanno un fabbisogno trasfusionale elevato e vanno incontro alle complicazioni
del sovraccarico marziale. È
indicata la terapia ferrochelante fin dai primi anni di vita.
Anemia
sideroblastica idiopatica acquisita (ASIA).-
È un disordine raro, acquisito, ad etiologia e patogenesi sconosciute.
Sono stati ipotizzati difetti enzimatici della sintesi dell'eme, in particolare
difetto di eme-sintetasi, oppure difetti del metabolismo del ferro
intramitocondriale con secondario disturbo della sintesi dell'eme.
Ne
sono colpiti soggetti anziani, che presentano anemia macrocitica ipocromica a
carattere dimorfico, ad insorgenza insidiosa, con midollo iperplastico e
presenza di sideroblasti anche negli stadi più immaturi, aumento della
sideremia e della ferritinemia, siderosi dei macrofagi midollari e aumento della
protoporfirina libera eritrocitaria.
Sono
state descritte due varianti della ASIA. La presenza, accanto ai reperti di
diseritropoiesi, di figure displastiche a carico della serie granuloblastica
(ipogranulazione e iposegmentazione dei neurofili) e megacarioblastica (micromegacariociti),
individua la "anemia refrattaria con szderoblastiad anello", che va
distinta dalla "anemia sideroblastica pura" in cui il sovvertimento
maturativo è limitato alla linea eritropoietica. La trasformazione leucemica e
la presenza di aberrazioni cromosomiche sarebbero distintive della prima
variante, che ha pure prognosi più severa. La sopravvivenza a 5 anni è infatti
del 19% nella prima e del 69% nella seconda. La causa di morte più frequente
nella seconda variante è lo scompenso cardiaco refrattario alla terapia
digitalica. Per la sua natura di malattia disemopoetica e preleucemica la ASIA
è stata dal comitato FAB inclusa nelle sindromi mielodisplastiche.
Anemie
sideroblastiche acquisite "secondarie" o sintomatiche. -
Sideroblastosi anche notevole può essere osservata in associazione a svariate
malattie o imputata all'azione di farmaci o tossici. La diagnosi viene posta in
base al rilievo di anemia ipocromica con sideroblastosi midollare, ipersideremia,
siderositissutale ed eritropoiesi inefficace. Tipiche di questo gruppo sono le
anemie degli alcolisti cronici, dei pazienti trattati con isoniazide o
cicloserina o pirazinamide per malattia tubercolare, e soprattutto quelle
associate a saturnismo cronico.
In
quest'ultimo caso possono essere particolarmente evidenti fenomeni di
punteggiatura basofila delle emazie (per aggregazione dei ribosomi), l'aumento
di ALA e di protoporfirina libera negli eritrociti (che presentano fluorescenza
primaria alla luce di Wood), l'elevata eliminazione urinaria di ALA, copro- e
talora di uroprofine, con livelli normali di porfobilinogeno (il che distingue
il saturnismo dalla porfiria acuta intermittente). E' probabile che il piombo
inibisca la biosintesi dell'eme a vari livelli (trasformazione di ALA in PBG, di
copro- in pro-porfirinogeno, nonchè a livello di eme-sintetasi).
Molte
anemie sideroblastiche acquisite secondarie sono sensibili alla piridossina, ma
non tutte.
Anemie rigenerative di natura complessa
ANEMIE DISERITROPOIETICHE CONGENITE (CDA)
Con
il nome di anemie diseritropoietiche congenite vengono indicate alcune rare
condizioni emopatiche ereditarie, interessanti esclusivamente l'eritropoiesi,
caratterizzate da eritropoiesi inefficace e da alterazioni morfologiche degli
eritroblasti, che ne costituiscono i caratteri distintivi, probanti ai fini
classificatori.
L'anemia,
a decorso usualmente cronico, è di entità assai variabile, talora già
presente nell'infanzia, altre volte ad insorgenza subdola, sicché diventa
clinicamente conclamata solo nell'età adulta e in casi rari nell'età senile.
L'anemia
è più spesso normo- o microcitica, talora con caratteristiche
simil-talassemiche (spiccata anisopoichilocitosi, presenza di schistociti e di
cellule a bersaglio), ma può essere lievemente macrocitica. La reticolocitemia
è bassa benché esista iperplasia eritroblastica midollare; l'utilizzazione
eritrocitaria del ferro è scarsa malgrado l'aumento del turnover plasmatico del
ferro. Esistono iperbilirubinemia indiretta ed aumentata escrezione di
bilinogeno fecale. La durata di vita media dei globuli rossi è modestamente
ridotta nella maggioranza dei casi, anche se è descritta la possibilità di CDA
con le caratteristiche eritrocinetiche dell'iperemolisi. L'espansione dell'eritropoiesi
instaura iperassorbimento intestinale di ferro che negli anni provoca siderosi
tissutale, clinicamente evidente anche nei casi non sottoposti a terapia
trasfusionale.
A
seconda del carattere prevalente delle anomalie morfologiche eritroblastiche si
distinguono tre tipi principali di CDA, ma sono descritte pure varianti
inclassificabili.
1)CDA
tipo I. - È caratterizzata da note
di megaloblastosi, immaturità eritroblastica midollare, presenza di
eritroblasti (soprattutto policromatici) binucleati o con nucleo multilobato,
con ponti internucleari cromatinici, eritrofagocitosi. La trasmissione
ereditaria è di tipo autosomico recessivo.
2)CDA
tipo II. - È nota anche con la
sigla HEMPAS (Hereditary Erythroblast Multinuclearity with Positive Acidified
Serum Test). È la CDA più
frequente, ereditata come carattere autosomico recessivo. Si riscontra
epato-splenomegalia. Il 10-40% degli eritroblasti mostra binuclearità o
multinuclearità, mitosi pluripolari e carioressi. In queste cellule la sintesi
del DNA appare spiccatamente ridotta. Non si osservano tuttavia aspetti
megaloblastici. Al microscopio elettronico diagnostica è la presenza di una
doppia membrana cellulare costituita da cisterne intracitoplasmatiche.
Gli
eritrociti mostrano spiccata emolisi in siero acidificato per la presenza di un
antigene membranario anomalo che reagisce con IgM presenti nel 30-40% dei
soggetti normali. A differenza di quanto si osserva nella emoglobinuria
parossistica notturna, il water-sugar test è negativo.
L'agglutinità
delle emazie da parte di sieri anti-i appare nettamente aumentata.
Il
difetto molecolare della malattia risiede nella carenza di
acetilglucosa-miniltransferasi II. Ne consegue un difetto di glicosilazione
della più importante proteina intrinseca della membrana eritrocitaria, la banda
3.
3)CDA
tipo III. - È una eritropatia
tipicamente familiare, trasmessa come carattere autosomico dominante. Il 30%
degli eritroblasti è multinucleato (fino a 12 nuclei) ed ha grandi dimensioni (gigantoblasti).
L'anemia è in genere modesta e comporta solo lievi alterazioni delle emazie (anisopoichilocitosi,
schistocitosi, corpi di Jolly).
Il
trattamento di queste CDA è trasfusionale nelle forme gravemente anemiche,
ferrochelante nelle forme che tendono a sviluppare emosiderosi. La splenectomia
può essere presa in considerazione se è documentata una emolisi splenica. In
questi casi l'intervento riduce il fabbisogno trasfusionale.
ANEMIA DELLA INSUFFICIENZA RENALE CRONICA (IRC)
L'anemia
è una manifestazione clinica pressoché costante dei pazienti con insufficienza
renale cronica (IRC). La sua gravità è indipendente dall'etiologia della
malattia renale e dipende dal grado di insufficienza funzionale del rene. Fa
eccezione l'insufficienza renale da rene policistico dove i livelli di
emoglobina sono più elevati, a parità di valori iperazotemici, che nelle altre
patologie renali. L'anemia è sintomatica in circa la metà dei pazienti, e può
essere così severa da richiedere trattamento trasfusionale; è di tipo
normocromico e normocitico. Il midollo e il sangue periferico non mostrano
alterazioni particolari se si esclude la presenza di emazie spiculate e
frammentate nel sangue periferico.
I
meccanismi che concorrono alla patogenesi dell'anemia dell'IRC sono: diminuita
produzione di eritropoietina a livello renale, riduzione della vita media dei
globuli rossi, presenza di inibitori dell'eritropoiesi.
Il
più importante di tali fattori è la diminuita produzione di eritropoietina (Epo)
da parte del rene. La secrezione di Epo è correlata alla massa renale residua
(bassa nei pazienti anefrici e più alta nel rene policistico). Nei pazienti con
IRC, i livelli di eritropoietina circolante sono nell'ambito della norma o anche
appena al disopra, ma sono inappropriatamente bassi rispetto alla severità
dell'anemia. L'inadeguatezza della sintesi di Epo dipende dalla perdita della
funzione delle cellule che producono eritropoietina a livello renale, pur
persistendo un meccanismo di regolazione della sintesi dell'ormone sensibile al
grado di anemia.
Le
alterazioni biochimiche eritrocitarie che provocano iperemolisi sono numerose:
la più importante è una alterazione della membrana eritrocitaria indotta da
perossidazione lipidica ad opera di radicali liberi. Nei pazienti con IRC sono
alterati i normali meccanismi protettivi degli eritrociti contro gli stress
ossidativi. I livelli di glutatione ridotto (GSH) eritrcitario sono più bassi
rispetto a quelli dei globuli rossi normali, e i livelli plasmatici di
glutatione ossidato (GSSG) sono più elevati. Questo indica una alterazione
della via dello shunt dell'esosomonofosfato deputata, attraverso l'enzima G6PDH,
a fornire grandi quantità di NADPH, elemento chiave per la rigenerazione del
GSH.
Di
minore importanza nella patogenesi dell'anemia dell'IRC sono fattori plasmatici,
quali la spermina e l'ormone paratiroideo, che inibiscono l'eritropoiesi.
Nel
paziente in trattamento dialitico possono intervenire altri fattori aggravanti
l'anemia: carenza di ferro, dovuta ai continui prelievi ematici e alla diatesi
emorragica secondaria ad alterazioni funzionali delle piastrine; carenza di
folati, dovuta a restrizioni dietetiche e perdite durante la dialisi; osteite
fibrosa, secondaria a iperparatiroidismo, che riduce lo spazio midollare;
accumulo di alluminio, derivante prevalentemente dal trattamento con farmaci
leganti il fosforo che contengono alluminio.
Fino
a qualche anno fa il trattamento dell'anemia dell'IRC era basato su androgeni e
trasfusioni di globuli rossi, con efficacia incerta ed effetti collaterali
indesiderati. Dal 1987 è possibile trattare questi pazienti con eritropoietina
umana ricombinante che si è dimostrata in grado di correggere completamente
l'anemia. La risposta è dose dipendente e le dosi consigliate sono da 50 a 100
UI/kg somministrate per via endovenosa tre volte alla settimana alla fine della
procedura di dialisi. La correzione dell'anemia si ottiene in 3-4 mesi e
l'obiettivo della terapia è di raggiungere un Ht non superiore al 35%.
Ad
eccezione di qualche disturbo similinfluenzale in una minoranza di pazienti,
l'impiego dell'eritropoietina ricombinante non provoca effetti collaterali
legati al farmaco. Sono note invece complicanze della terapia legate al
risultato terapeutico di aumento dell'ematocrito: trombosi della fistola artero-venosa della dialisi e crisi ipertensive.
Barosi
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1984.
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C.
Mauri
Ultimo aggiornamento: 23.12.2005
mail to Webmaster
Professore
f.r. di Clinica Medica,
Università
di Pavia
G.
Barosi
Aiuto
ospedaliero Clinica Medica II,
Università
di Pavia
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La Grande Crociata
Il sacrificio di milioni di esseri umani per riscattare la barbarie nazista
Immagini che hanno fatto la storia di questo secolo che sta finendo.
Collana monografica: Annali dell’Africa Orientale Italiana