ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA
Ultimo aggiornamento: 23.12.2013
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vedi anche I FARMACI DELL'EMERGENZA
DIAGNOSI E
TERAPIA DELLE ARITMIE IPERCINETICHE
Il nodo del seno è la struttura normalmente deputata a generare l'attività ritmica di eccitazione del cuore; la sua localizzazione subepicardica all'estremità craniale del solco terminale, in prossimità della giunzione tra vena cava superiore e atrio destro, rende ragione della direzione verso sinistra e in basso dell'attivazione atriale: le onde P sinusali sono caratteristicamente positive in D2 e negative in aVR.
La capacità di generare attività ritmica (attività pacemaker) viene definita “automatismo” ed è mediata dalla depolarizzazione diastolica lenta delle cellule sinusali: al raggiungimento di un valore “soglia” viene iniziato un potenziale d'azione, propagato alle fibre atriali circostanti. Gli effetti opposti delle catecolamine e dell'acetilcolina assicurano la continua modulazione della frequenza di scarica sinusale in rapporto alle esigenze fisiologiche. Cellule con proprietà di “normale automatismo” sono altresì presenti in altre zone dell'atrio (cresta terminale, setto interatriale) della giunzione atrioventricolare, e possono subentrare al nodo del seno in condizioni di rallentamento fisiologico (ipertono vagale) o patologiche (malattia del nodo del seno, blocco atrioventricolare). Meccanismi elettrofisiologici diversi stanno alla base delle aritmie ipercinetiche:
‑ comparsa di alterato automatismo in cellule di miocardio comune, non capaci in condizioni normali di depolarizzazione diastolica, quando per condizioni patologiche il potenziale trasmembrana a riposo è meno negativo;
‑ ritmi da automatismo triggerato (innescato): comparsa di depolarizzazionì anomale solo in seguito a uno stimolo precedente, durante le fasi 2‑3 del potenziale d'azione (early afterdepolarizations, post potenzialí precoci) o in fase 4 (delayed afterdeplarizations, post potenziali tardivi);
‑ aritmie da rientro, rese possibili dal combinarsi di blocco della conduzione in alcune strutture, con il contemporaneo rallentamento della conduzione in altre. Come vedremo, la maggior parte delle tachiaritmie riconosce questo meccanismo.
Vengono definite sopraventricolari tutte le aritmie in cui l'attivazione dei ventricoli procede dal fascio di His: la caratteristica elettrocardiografica distintiva è quindi la presenza di QRS stretti, quando non sia presente già in ritmo sinusale un blocco di branca, o questo non compaia come fenomeno funzionale legato all'improvvisa accelerazione del ritmo.
DIAGNOSI
Il cardiopalmo è in genere l'elemento che fa sospettare un'aritmia: è importante definirne le modalità di insorgenza e regressione (improvvise o graduali), la percezione di un ritmo assolutamente regolare (tachicardia parossistica) oppure disordinato (fibrillazione atriale), la frequenza cardiaca durante l'episodio (una frequenza di 150/min suggerisce, per esempio, un flutter atriale). La presenza di cardiopatia postinfartuale o una cardiomiopatia deve far sospettare una tachicardia ventricolare; la giovane età o la presenza di sindrome di WPW orienteranno verso una TPSV. Da ultimo occorre ricordare che a volte il cardiopalmo è assente, mentre una aritmia è in realtà la responsabile di un episodio sincopale, di angina o di dispnea inspiegate.
L'analisi dell'ECG inizia dai QRS (larghi e aberranti o stretti), quindi prosegue con la ricerca di onde P (sono visibili, di quale polarità nelle varie derivazioni, in rapporto 1: 1, oppure più numerose, o meno numerose dei QRS ?); se in rapporto 1: 1, precedono (PR<RP) o seguono (PR>RP) il QRS?
Ai fini diagnostici si valutano gli effetti sull'aritmia in corso delle manovre vagali, come vedremo in dettaglio.
L'elettrocardiogramma transesofageo può condurre alla diagnosi svelando onde P non visibili all'ECG di superficie; lo studio elettrofisiologico transesofageo permette di valutare l'inducibilità, la possibilità di interrompere l'aritmia, e i precisi rapporti temporali tra attivazione atriale e ventricolare. Lo studio elettrofisiologico endocavitario permette inoltre di definire i parametri di conduzione AV nelle sue componenti (nodo AV e sistema His-Purkinje); di definire la presenza di vie anomale di conduzione, di localizzare e caratterizzare un meccanismo di rientro alla base della tachiarimia in studio mediante le tecniche di stimolazione elettrica programmata e di mappaggio.
TERAPIA
Si avvale di farmaci antiaritmici e presidi non farmacologici. Per i farmaci antiaritmici diversi dalla digitale è comunemente utilizzata la classificazione di Vaugham-Williams
‑ Gruppo I: bloccanti il canale rapido del sodio;
IA: con effetto deprimente la conduzione e di allungamento del potenziale d'azione;
IB: con scarso effetto sulla velocità di conduzione;
IC: con marcato effetto deprimente la conduzione e scarso sulla durata del potenziale d'azione.
‑ Gruppo II: beta bloccanti.
‑ Gruppo III: farmaci che allungano il potenziale d'azione per blocco dei canali del potassio.
‑ Gruppo IV: Ca‑antagonisti.
Tra i presidi non farmacologici ha oggi ruolo di assoluta preminenza l'ablazione transcatetere. L'erogazione di corrente alternata nella gamma della radiofrequenza (300-750 Hz) dalla punta dell'elettrocatetere in contatto con l'endocardio genera per effetto termico una lesione di necrosi coagulativa a margini ben demarcati, del diametro e profondità di pochi mm.
Le dimensioni circoscritte della lesione evitano le complicanze già osservate con l'ablazione a DC shock (depressione della funzione ventricolare sinistra, rotture della parete, aritmie iper o ipocinetiche), ma richiedono un mappaggio estremamente accurato per localizzare la struttura critica per la genesi dell'aritmia. La tecnica si è dimostrata in grado di fornire una cura risolutiva nella sindrome di WPW, nelle TPSV giunzionali con efficacia superiore al 90%; con efficacia minore nelle tachicardie e flutter atriali e in alcune forme di tachicardia ventricolare.
La tecnica comporta lunghi tempi di Rx scopia e quindi un'esposizione radiologica non indifferente per il paziente e gli operatori; le complicanze pur ridotte in centri esperti (Blocco AV non intenzionale, tamponamento cardiaco, embolie sistemiche) devono essere attentamente bilanciate in rapporto al rischio e all'importanza dei sintomi legati all'aritmia che si vuole curare.
EXTRASISTOLIA
SOPRAVENTRICOLARE
Extrasistoli sopraventricolari sono molto comuni, anche in cuori normali; si fanno più frequenti in caso di ischemia, dilatazione acuta degli atri (scompenso cardiaco), ipossia, per stress psicofisico o come effetto di farmaci, fumo, caffè, alcol. Elettrocardiograficamente sono contraddistinte da un'onda P anticipata, di aspetto diverso dalla P sinusale in rapporto alla sede del focolaio ectopico, a volte poco riconoscibile se inscritta sull'onda T precedente; usualmente sono condotte con QRS stretto e PR normale, ma il PR può essere allungato o il QRS a blocco di branca se l'extrasistole è molto precoce; l'impulso atriale ectopico può infine essere bloccato nella giunzione AV, dando come effetto una pausa anziché un battito prematuro.
Usualmente non è richiesta alcuna terapia oltre alla ricerca e cura della cardiopatia di base e alla rimozione dei fattori predisponenti; quando si ritiene preluda a fibrifiazione atriale (post-operatorio, postcardioversione, dilatazione atriale sn, pericardite, scompenso cardiaco, tireotossicosi) si potranno somministrare beta bloccanti, verapamil, digossina, antiaritmici del gruppo I.
TACHICARDIE
SOPRAVENTRICOLARI
Usualmente a carattere parossistico, possono in alcuni casi avere un andamento incessante o permanente. Nel primo caso il paziente riferisce classicamente l'insorgenza repentina di batticuore rapido, regolare, che mantiene la stessa frequenza fino all'improvvisa interruzione dell'episodio.
E’ frequente, durante o dopo l'episodio, la poliuria, dovuta a liberazione di omone natriuretico atriale.
In base al meccanismo elettrogenetico sono classificabili come:
‑ tachicardie da rientro giunzionale (o nodale);
‑ tachicardie da rientro atrioventricolare;
‑ tachicardie atriali (da rientro o automatiche).
Tachicardia parossistica
sopraventricolare da rientro
giunzionale
E’ la forma di TPSV di gran lunga più frequente (40-50% di tutte le TPSV). Colpisce ogni età, in assenza o presenza di cardiopatia, con lieve predilezione per il sesso femminile. La frequenza cardiaca può variare da 150 a 250/min.
Il substrato anatomico per il circuito di rientro è localizzato nel nodo AV, coinvolgendo inoltre la regione atriale circostante, definita dal triangolo di Koch. Nei soggetti predisposti, esistono, all'intemo del nodo AV, due vie funzionalmente: disomogenee: una via a conduzione rapida e periodo refrattario lungo (cosiddetta via rapida, localizzata sul versante antero-superiore del nodo AV), e una via a conduzione lenta e periodo refrattario corto (via lenta, che raggiunge, proveniendo dall'ostio del seno coronarico, la porzione posteroinferiore del nodo), che si congiungono quindi nel nodo compatto. Durante il ritmo sinusale il PR è determinato dalla conduzione lungo la via rapida. L'innesco della TPSV è originato da un'extrasistole atriale con un grado critico di prematurità: l'impulso verrà bloccato lungo la via rapida, ancora refrattaria dopo A precedente battito sinusale, e procederà lentamente lungo la via lenta (l'extrasistole sarà condotta con un PR inaspettatamente lungo). Se il ritardo di conduzione lungo la via lenta sarà sufficiente a consentire A recupero della via rapida dalla refrattarietà, questa verrà percorsa, rapidamente, in senso retrogrado e l'impulso, contemporaneamente all'attivazione dei ventricoli, tornerà ad attivare gli atri (“eco” atriale) e, quindi, nuovamente la via lenta in senso anterogrado. In condizioni neurovegetative adatte, la conduzione lungo 9 circuito si perpetua dando così origine alla tachicardia. Il rapporto A/V è costantemente 1:1 (raramente e solo all'innesco delle TPSV si può osservare un rapporto A/V 2:1 per blocco intrahissiano). L'attivazione quasi contemporanea degli atri (con direzione caudo-craniale) e dei ventricoli spiega le caratteristiche elettrocardiografiche: onde P generalmente non visibili, o sovrapposte al QRS, di cui alterano la parte terminale: apetto a “pseudo S” in DII-DIII-aVF, pseudo r' in V1 .
Oltre a questa forma “tipica” (lenta/rapida, o slow/fast), esistono forme atipiche di tachicardie da rientro giunzionale, presenti nel 10% dei casi: la via rapida può essere percorsa in senso anterogrado e la lenta in senso retrogrado (forma rapida/ lenta, fast/slow), o il circuito avviene fra due vie lente (slow/slow). In questi casi, la separazione della P dal QRS permette di individuarne chiaramente la negatività nelle derivazioni inferiori, positività in aVI e aVR, come atteso in un'attivazione degli atri a partire dal setto interatriale basso; nella forma fast/slow la P precede 9 QRS, nella slow/slow può essere variamente situata tra i QRS.
Le manovre vagali possono interrompere la tachicardia (generalmente per blocco della via lenta) in modo improvviso o dopo breve e modesto rallentamento, o essere del tutto inefficaci. L'induzione di un blocco AV esita sempre nell'interruzione della tachicardia.
TERAPIA
Se le manovre vagali (MSC; manovra di Valsalva) sono inefficaci, la TPSV può essere interrotta con la somministrazione e. v. di farmaci che deprimono la conduzione nel nodo AV. Il Verapamil (5-10 mg), il Diltiazem (0,3 mg/kg), l'Adenosina (3-12 mg) sono efficaci nel 90-100% dei casi entro pochi minuti, e hanno soppiantato la digitale, meno efficace e ad effetto ritardato (> 30).
La profilassi, da iniziare solo in caso di crisi ricorrenti o mal tollerate, ha efficacia limitata dall'ampia variabilità delle proprietà elettrofisiologiche nodali in dipendenza del tono autonomico; si basa sull'impiego di beta bloccanti o calcio antagonisti (Verapamil o Diltiazem), da soli o associati alla digitale. Più efficaci, ma oggi non più utilizzati a causa degli effetti collaterali cardiaci (proaritmia, effetto inotropo negativo) ed extracardiaci, sono gli antiaritmici del gruppo Ic o III.
Pazienti fortemente sintomatici nonostante la terapia sono candidati ad ablazione transcatetere, mirata alla modificazione della via lenta, con efficacia superiore al 90% e rischio di indurre un blocco AV intorno al 2 %.
Tachicardia parossistica da
rientro atrio‑ventricolare (TRAV)
E’ la seconda forma di TPSV per frequenza (30% fra i pazienti sottoposti a studio elettrofisiologico). E’ sostenuta da un macrorientro che comprende l'atrio, il sistema di conduzione nodo‑hissiano in senso anterogrado, i ventricoli e un fascio accessorio atrio‑ventricolare in senso retrogrado. Quando il fascio accessorio è capace di conduzione anterograda (A>V) è presente all'ECG standard in ritmo sinusale il tipico aspetto da preeccitazione ventricolare (sindrome di WPW). Se il fascio accessorio è capace di sola conduzione retrograda (V>A), viene definito “occulto”, poiché l'ECG in ritmo sinusale è del tutto normale, non essendo mai presente preeccitazione veritricolare.
Le caratteristiche elettrofisiologiche della TRAV verranno descritte nella trattazione della sindrome di WPW.
Come la TPSV da rientro nodale, si verifica a ogni età, per lo più in assenza di cardiopatia. Elettrocardiograficamente è caratterizzata da QRS ritmici a frequenza 160‑250/min. Poiché per il suo innesco non è necessario un marcato ritardo di conduzione nodale come avviene invece nel rientro nodale, il primo complesso ventricolare della TRAV è piuttosto precoce rispetto ai cicli sinusali precedenti e facilmente può instaurarsi un blocco di branca funzionale, che può risolversi dopo alcuni battiti per progressivo adattamento della refrattarietà delle branche. Se la scomparsa del blocco di branca si accompagna ad accelerazione della tachicardia (accorciamento del ciclo RR di almeno 25 msec, fenomeno apparentemente paradossale), si può porre diagnosi con certezza di TRAV da via accessoria omolaterale al blocco di branca: il blocco della branca ipsilaterale alla sede della via accessoria causa infatti un prolungamento del circuito di rientro.
A un esame attento è spesso possibile individuare onde P in rapporto 1:1 con i QRS; usualmente la P retrograda segue precocemente il QRS (RP'<P'R). L'asse delle P, quando determinabfle, indica la sede di inserzione atriale della via anomala (fig.04
).Poiché il nodo AV è parte integrante del circuito di rientro, il MSC può terminare la tachicardia, ogniqualvolta determini il blocco nodale della conduzione.
Tachicardia permanente
reciprocante
giunzionale
E’ una rara tachicardia sopraventricolare ad andamento incessante: ogni interruzione è seguita dalla ricomparsa della tachicardia dopo pochi battiti sinusali (fig.05
). Di riscontro più comune in età infantile, può condurre a un quadro di “tachicardiomiopatia” a causa dell'alta frequenza cardiaca persistente per anni. Caratteristicamente le onde P, negative e profonde in D2, D3, aV_F precedono i QRS (PR<RP); il rapporto AV è obbligatoriamente 1A, le manovre vagali interrompono la tachicardia ogniqualvolta inducano il blocco AV. Il nome “Tachicardia di Coumel” è legato all'Autore che ne dimostrò il meccanismo di rientro giunzionale. Viene percorso in senso anterogrado il sistema nodo‑hissiano, in senso retrogrado una via accessoria atrio‑ventricolare occulta a sede parasettale posteriore, a bassa velocità di conduzione e con proprietà decrementali. Raramente la via occulta può avere altra sede.I farmaci (digitale, amiodarone) sono scarsamente efficaci, consentendo per lo più di rallentare la tachicardia rendendola sopportabile; terapia risolutiva è l'ablazione transcatetere della via accessoria, non sempre agevole per la complessità anatomica della regione parasettale posteriore.
Tachicardie atriali
Non sono una forma comune di tachicardia parossistica: più sovente hanno andamento incessante o semipermanente, spesso nel contesto di cardiopatia organica o pneumopatia cronica.
Importante dal punto di vista diagnostico per differenziarle dal rientro nodale o TRAV è la possibilità di mantenimento della tachicardia anche in presenza di blocco AV, spontaneo o provocato con farmaci o manovre vagali: il meccanismo elettrogenetico è per definizione circoscritto agli atri, mentre le strutture di conduzione AV trasmettono passivamente gli impulsi ai ventricoli.
Comprendono:
‑ Tachicardie atriali focali (unifocali, multifocali).
‑ Tachicardie da rientro (seno‑atriale, intra‑atriale).
Tachicardie atriali focali (o
automatiche, o ectopiche)
Le TA “focali” vengono così definite per il comportamento caratteristico di un focolaio automatico: in genere permanenti o semipermanentí (ossia presenti per oltre il 50% delle 24 ore), si manifestano in presenza di cardiopatia (reumatica, ischemica, infarto miocardico), broncopneumopatie croniche, o intossicazione digitalica. Possono raramente presentarsi anche in cuori sani e in giovane età; per il loro carattere incessante possono determinare un quadro di “tachi‑cardiomiopatia”, ossia di dilatazione e ipocinesia ventricolare indistinguibili da una cardiomiopatia dilatativa. Mostrano variazioni di frequenza legate al tono adrenergico; la P che dà inizio alla tachicardia non è di solito molto anticipata ed è uguale alle P successive; è spesso presente il fenomeno del “riscaldamento”, cioè una graduale accelerazione all'inizio dell'episodio, e l'opposto all'interruzione. Non sono dimostrabili i criteri del rientro (non è possibile innescare nè interrompere la tachicardia con la stimolazione elettrica programmata). Usualmente si osserva un PR<RP, ma il PR può variare da momento a momento in rapporto alla frequenza atriale e alla capacità di conduzione del nodo AV, soggetta al tono neurovegetativo e all'effetto di farmaci; si possono osservare periodi di blocco AV 2A, 3:2 (fig.06
). Raramente i farmaci antiaritmici sono efficaci nel sopprimere l'aritmia: l'obiettivo terapeutico è il rallentamento della frequenza ventricolare con beta bloccanti, Verapamil, Diltiazem e digitale da soli o in associazione.La TA da intossicazione digitalica riconosce come meccanismo elettrogenetico un automatismo innescato da postpotenziali tardivi conseguenti al sovraccarico di Ca intracellulare. E’ quasi sempre accompagnata da blocco AV 2:1; la frequenza atriale aumenta progressivamente con l'aumento dei livelli di digossinemia. La sospensione del farmaco e la correzione della ipokaliemia frequentemente coesistente rappresentano la terapia.
I casi di TA persistenti, non da intossicazione digitalica, sintomatici e resistenti alla terapia farmacologica, possono essere trattati con l'ablazione del focus guidata dal mappaggio atriale: l'esperienza acquisita con l'ablazione ha insegnato come i focolai ectopici si localizzino più frequentemente lungo la cresta terminale nell'atrio dx e allo sbocco delle vene polmonari nell'atrio sinistro. La morfologia dell'onda P può indirizzare verso una localizzazione destra (P positiva o bifasica in aVL) o sinistra (P positiva in V 1) del focus.
Tachicardia atriale
multifocale
Questa tachiaritmia, detta anche “ritmo atriale caotico”, si presenta come una successione arítmica a frequenza 100‑130/ min di onde P di differenti morfologie (almeno 3), usualmente condotte 1:1 ai ventricoli. Si verifica comunemente in pazienti anziani, affetti da scompenso cardiaco congestizio o broncopneumopatie croniche, spesso durante le riacutizzazioni; può essere favorita dalla teofillina, e può preludere alla fibrillazione atriale. La terapia è quella dell'affezione di base: correzione dell'ipossia e dei disturbi elettrolitici. Verapamil e amiodarone sono stati usati con qualche successo.
Tachicardia da rientro
seno-atriale
Rappresenta non più del 5% delle TPSV. P più frequentemente osservata in soggetti di età media o avanzata. La frequenza è inferiore alle altre forme di TPSV (130‑180/min), e ciò la rende usualmente ben tollerata. Le onde P sono molto simili a quelle sinusali; si differenzia dalla tachicardia sinusale per il suo comportamento parossistico. Il MSC rallenta e può terminare la tachicardia, indipendentemente dal contemporaneo effetto sulla conduzione AV.
Lo studio elettrofisiologico permette di indurre e interrompere la T. con extrastimoli; l'índuzione non è correlata all'induzione di ritardo di conduzione intraatriale o atrio‑ventricolare; la sequenza di attivazione atriale è uguale a quella sinusale. Risponde alla terapia con Verapamil, beta bloccanti, digitale.
Tachicardie da rientro intra‑atriale
Di riscontro non frequente; ne sono esempio più studiato le forme cosiddette “incisionali”, che colpiscono pazienti sottoposti a interventi cardiochirurgici, sostenute da circuiti di rientro intorno alle cicatrici da atriotomia. Come nel caso del rientro seno‑atriale, hanno andamento parossistico e rispondono ai criteri del rientro: si possono indurre e interrompere con la stimolazione programmata. La distinzione con forme di flutter atriale non comune si fa convenzionalmente in base alla frequenza atriale (non superiore a 240/ min) all'ECG di superficie, con il mappaggio atriale allo studio elettrofisiologico.
Le manovre vagali possono produrre transitorio blocco AV, ma non interrompono la tachicardia. Quando non rispondono alla terapia antiaritmica (farmaci del gruppo Ia, Ic, amiodarone), è possibile la ablazione transcatetere, in questo caso mirata a individuare l'istmo critico e suscettibile di completa interruzione con una linea di lesioni (cicatrice da atriotomianello tricuspidale o altro).
Flutter atriale
Elettrocardiograficamente è definito da una successione ritmica di onde atriali a frequenza 250‑350/mín, di morfologia costante, ad andamento continuamente ondulante, non separate da isoelettrica, con l'aspetto tipicamente “a denti di sega”. In assenza di farmaci antiaritmici, è caratteristico il rapporto 2:1 con i QRS, per blocco fisiologico 2:1 a livello del nodo AV: si verifica quindi una tachicardia ritmica a frequenza vicino a 150/min. Per effetto di farmaci antiaritmici del gruppo I o amiodarone, la frequenza può scendere a 180200/mín, che può ‑ in circostanze di ipertono adrenergico ‑ essere trasmessa 1: 1 ai ventricoli. In presenza di patologia del nodo AV o di terapia digitalica, la risposta ventricolare diventa 4:1, 6: 1, o alternativamente 2:1‑4:1 ecc.
Si verifica di regola in presenza di cardiopatia organica con dilatazione atriale: valvulopatia reumatica, cardiopatia ipertensiva, cuore polmonare, comunicazione interatriale, cardiopatia ischemica, tireotossicosi; più raramente di quanto capiti per la fibrillazione atriale può manifestarsi in assenza di cardiopatia. Può essere instabile, dando luogo a fibrillazione atriale o a ritmo sinusale, o manifestare una notevole stabilità.
Le particolari caratteristiche e l'aspetto elettrocardiografico stereotipato hanno stimolato da tempo le ricerche sul meccanismo elettrofisiologico, fino alla sua quasi completa definizione recente.
In base all'aspetto elettrocardiografico, Puech aveva distinto una forma “comune”, caratterizzata da onde F a dominante negatività nelle derivazioni inferiori, e positività in V1, che si ritrova con minime variazioni nella maggior parte dei casi (fig.07
), e una forma “non comune” o rara (fig.08 ), con onde F a prevalente positività in D2‑D3‑aVF. Entrambe le forme sono suscettibili di interruzione con la stimolazione atriale ad alta frequenza, e corrispondono al flutter “tipo 1” descritto da Wells (frequenza atriale fino a 320‑340); il “flutter impuro”, forma di transizione verso la fibrifiazione atriale, non è sensibile alla stimolazione rapida e corrisponde al “tipo 2” di Wells (frequenza atriale >320‑340).L'assenza di isoelettrica a separare le onde P (chiamate F in questo caso) indica la presenza di un'onda di eccitazione atriale a continua evoluzione in un circuito di macrorientro. Tale meccanismo, a partire dagli studi fondamentali del gruppo di Waldo sul fenomeno del trascinamento (“entrainment”), fino ai risultati delle procedure di ablazione transcatetere, è stato confermato e precisamente localizzato.
Nel flutter “comune”, una singola onda di attivazione percorre con senso di rotazione antioraria l'atrio destro (fig.09
), in un “canale” delimitato anteriormente dall'anello tricuspidale, e posteriormente dalla cresta terminale nell'intervallo intercavale e dalla valvola‑cresta di Eustachio nella porzione postero‑inferiore. L'impulso scende lungo la parete anterolaterale dell'atrio, subisce un rallentamento entrando come in un imbuto nell'istmo fra cava inferiore e anello tricuspidale, per poi risalire cranialmente lungo il setto interatriale. L'atrio sinistro è attivato passivamente.Il circuito può essere, più raramente, percorso in senso inverso (orario), dando luogo a onde prevalentemente positive nelle derivazioni inferiori come nel flutter non comune di Puech.
In una classificazione basata sul meccanismo elettrofisiologico, le due forme vengono quindi riunite nella definizione di flutter comune, antiorario (“counter‑c1ockwise”) e orario (“reverse” o “clockwise”), entrambe suscettibili di trattamento radicale mediante ablazione transcatetere dell'istmo cava‑tricuspide.
Ancora in fase di precisa definizione è il flutter atriale sinistro, sospettabile, per onde F (negative o positive) di minima ampiezza in D2‑D3‑aVF, positive in V1, spesso associato a blocchi di conduzione interatriale (P>0.12" in ritmo sinusale, con aspetto bifasico +/‑ nelle derivazioni inferiori).
TERAPIA
Quando perdura oltre 12‑24 ore, difficilmente il flutter può essere interrotto con farmaci antiaritmici. In assenza di segni di insufficienza cardiaca conclamata, è agevole ottenere la riduzione della frequenza ventricolare con Veraparnil 5‑10 mg, Diltiazern 0.30 mg/kg ex., mentre la digitale da sola è poco efficace o trasforma il flutter in fibrifiazione (che a sua volta potrà regredire). La cardioversione elettrica, spesso con soli 50 j, è la metodica più efficace per ripristinare il ritmo sinusale. Se la cardioversione è controindicata (insufficienza respiratoria, obesità, alti dosaggi di digitale), o anche come prima scelta in caso di flutter comune di recente insorgenza (entro 48 ore), l'aritmia può essere interrotta con la stimolazione rapida transesofagea o atriale destra. Specie quando il flutter è di lunga durata si ottiene invece la trasformazione in fibrillazione, aritmia meglio tollerata per il più facile controllo della frequenza ventricolare, ma a maggior rischio tromboembolico.
Se non è efficace o indicata la riconversione in ritmo sinusale, il controllo della frequenza richiede in genere l'associazione di digitale e calcio antagonisti o beta bloccanti; risulta peraltro spesso impossibile impedire la conduzione 2:1 ai ventricoli durante sforzo.
La prevenzione delle ricorrenze si attua con antiaritmici del gruppo le (propafenone, flecainide) con risultati mediocri, o con amiodarone. La somministrazione di antiaritmici la (chinidina, disopíramide) come le dev'essere accompagnata a farmaci che deprimono la conduzione AV per evitare altissime frequenze ventricolari in caso di conduzione AV 1:1 (effetto di tipo vagolitico sul nodo AV di chinidina e disopiramide) delle onde di flutter, rallentate in maggior misura da flecainide o propafenone.
L'ablazione transcatetere del flutter comune (antiorario o orario) richiede la creazione di una linea continua di lesioni che interrompa la percorribilità del circuito, dall'anello tricuspidale alla cava inferiore (istmo posteriore), o da tricuspide a seno coronarico‑ cresta di Eustachio (istmo settale). La continuità della lesione ~ verificata in base all'assenza di conduzione tra i due lati della stessa ‑ determina i risultati a distanza: se si ottiene un blocco bidirezionale, le recidive si verificano nel 10% dei casi; possono però comparire nel 20‑30% dei casi episodi di fibrifiazione atriale non diagnosticati in precedenza.
Fibrillazione atriale
Gli atri sono attivati da più fronti d'onda simultanei risultanti da circuiti di rientro funzionali multipli e in continua trasformazione: ciò dà origine sull'ECG di superficie alle continue e irregolari ondulazioni della linea isoclettrica, senza l'evidenza di onde P discrete. Le onde di fibrillazione (onde f), a frequenza compresa fra 350 e 600/min, possono essere ampie (“coarse” atrial fibrillation), o di minimo voltaggio tanto da essere irriconoscibili, ma sempre irregolari per ciclo e morfologia, a differenza del flutter.
La risposta ventricolare è tipicamente irregolare, a frequenza fra 100 e 160/min in assenza di trattamento: non tutte le onde vengono infatti trasmesse: molte vengono bloccate dopo un percorso variabile all'interno del nodo AV (conduzione occulta), generando scie di refrattarietà che bloccano gli impulsi successivi. I QRS sono abitualmente stretti, in assenza di blocchi di branca preesistenti; quando però un QRS cade precocemente dopo una pausa lunga, può avere l'aspetto di blocco di branca (usualmente destro) per blocco funzionale dell'impulso nella branca 9 cui periodo refrattario è stato allungato dal ciclo lungo precedente (fenomeno di Ashman).
La successione dei QRS tende a farsi ritmica per frequenze ventricolari molto alte. Se la frequenza ventricolare è bassa (< 60/min) e i QRS sono assolutamente ritmici, è presente un blocco AV totale con ritmo sostitutivo (giunzionale o idioventricolare in base all'aspetto dei QRS).
In pazienti con sindrome di WW la frequenza ventricolare può essere elevatissima (300/min), i QRS sono larghi, e può verificarsi fibrillazione ventricolare.
TERAPIA
Se il riconoscimento della FA è usualmente agevole e immediato, la terapia pone molti problemi, legati alla presentazione clinica (forma cronica o parossistica, presenza o assenza di cardiopatia, funzione ventricolare sinistra, coesistenza di altri disturbi dell'eccito‑conduzione cardiaca), alle conseguenze emodinamiche e al rischio tromboembolico.
Gli obiettivi della terapia sono: il controfio della frequenza ventricolare, il ripristino del ritmo sinusale, la prevenzione delle recidive e delle tromboembolie.
Al momento della presentazione clinica occorre valutare, in successione: la tolleranza emodinamica, la presumibile epoca di insorgenza dell'aritmia, la presenza e gravità di un'eventuale cardiopatia (in ordine di frequenza: ipertensiva, valvolare, ischemica, oppure cardiomiopatia, cuore polmonare acuto o cronico, pericardite di ogni causa), di fattori scatenanti extracardiaci (tireotossicosi, stati febbrili ecc.).
In presenza di segni di insufficienza cardiaca o di ridotta funzione ventricolare sinistra, la riduzione della frequenza cardiaca è il primo obiettivo da raggiungere. La cardioversione elettrica viene riservata a casi di emergenza (edema polmonare rapidamente evolvente secondario alla tachiaritmia, bassa portata, WPW, infarto miocardico acuto). Il farmaco di prima scelta è altrimenti la digitale: l'efficacia non è immediata, ma non presenta gli effetti cardiodepressivi degli altri antiaritmici. In assenza di ipotensione o segni di scompenso cardiaco si possono associare, sotto stretta sorveglianza, Ca‑antagonisti (Diltiazem, Veraparnil) o, specie in caso di ipertiroidismo e buona funzione ventricolare sinistra, beta bloccanti. Nella terapia di mantenimento occorre verificare che la frequenza ventricolare rimanga entro limiti adeguati sia a riposo sia durante sforzo. La digitale deprime la conduzione AV attraverso un effetto vagomimetico: il suo effetto può quindi annullarsi sotto sforzo. In tal caso si associa spesso il Diltiazem o un beta bloccante.
Ripristino e mantenimento del
ritmo sinusale
Nel valutare l'opportunità di tentare la cardioversione del ritmo, entrano in gioco diverse considerazioni:
‑ la FA comporta una perdita di efficacia emodinamica e un rischio tromboembolico variabili da soggetto a soggetto; per quest'ultimo vanno considerati a rischio i pazienti con storia di scompenso cardiaco o ridotta funzione ventricolare sinistra, ipertensione arteriosa, pregressi episodi embolici, età superiore a 60 anni;
‑ tanto maggiore è la durata della FA, tanto minore è la probabilità che si ripristini in modo duraturo il ritmo sinusale; il “rimodellarnento elettrico” dell'atrio provocato dalle FA di lunga durata comporta un rischio di recidiva aritmica post‑cardioversione a decadimento esponenziale, particolarmente alto nei primi tre mesi;
- il ripristino dell'attività meccanica dell'atrio espone il paziente al rischio di tromboembolie: la paralisi meccanica dell'atrio si protrae tanto più a lungo quanto maggiore era la durata dell'arittmia, probabilmente in misura indipendente dalla modalità di cardioversione.
Se la FA è insorta da meno di 12 ore in assenza di compromissione emodinamica, è probabile il ripristino spontaneo del ritmo sinusale entro le successive 24 ore: per accelerare la conversione, in pazienti con conservata funzione ventricolare sinistra, si possono utilizzare farmaci IC (il propafenone è il più utilizzato, con efficacia simile alla flecainide), da somministrare ex., sotto stretto controllo clinicoECG. L'amiodarone ex. è probabilmente meno efficace, ma più sicuro in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra.
Se la FA perdura da oltre 48 ore, secondo le raccomandazioni universalmente accettate dell'Am. Coll. Phys., occorre considerare il paziente a rischio di tromboembolie: la cardioversione, qualora indicata, va quindi rimandata di almeno tre settimane, periodo raccomandato di adeguata terapia anticoagulante orale UNR fra 2 e 3). Dopo tale periodo le probabilità di successo della cardioversione farmacologica scendono sensibilmente: si ricorre pertanto abitualmente alla cardioversione elettrica, efficace nell'80‑90% dei casi con energie varianti fra 200 e 360 j.
La cardioversione elettrica endocavitaria (uno shock a bassa energia, 1‑10 j, viene erogato fra due cateteri ad ampia superficie elettrodica, introdotti nell'atrio destro e in seno coronarico o ramo sinistro dell'arteria polmonare) è più efficace, non richiede una narcosi profonda, ma è manovra invasiva, costosa, e di indicazione non ancora codificata (per ora limitata all'inefficacia della cardioversione elettrica transtoracica). La terapia anticoagulate va continuata per quattro settimane dal ripristino del ritmo sinusale, comunque ottenuto.
I pazienti con FA ricorrente, o perdurata a lungo prima della cardioversione, sono candidati a terapia antiaritmica cronica per la profilassi delle recidive, tenendo conto che:
‑ i farmaci del gruppo 1A‑1C e il sotalolo aumentano la probabilità di mantenimento del ritmo sinusale al 50% a 1 anno rispetto al 25 % senza terapia;
‑ la chinidina, nonostante questi risultati, ha aumentato la mortalità dei pazienti trattati, probabilmente per effetto proaritmico ventricolare (torsioni di punta);
‑ gli altri antiaritmici IC hanno aumentato la mortalità, ma solo nei pazienti con storia di scompenso cardiaco;
‑ l'amiodarone a bassa dose è farmaco probabilmente più efficace, privo di effetti cardiodepressivi e con minime potenzialità proaritmiche, ma gli effetti extracardiaci (tiroidei e polmonari) ne limitano l'impiego.
Sono in corso trials clinici per valutare se una strategia di cardioversioni ripetute e profilassi antiaritmica sia superiore al semplice controllo della frequenza ventricolare e terapia anticoagulante cronica in termine di sopravvivenza, incidenza di scompenso cardiaco, eventi tromboembolici ed emorragici.
Terapia non farmacologica
I risultati insoddisfacenti della terapia farmacologica e l'alto impatto socio‑sanitario della FA hanno stimolato la ricerca di terapie alternative.
Pazienti con malattia del nodo del seno, o con FA isolata bradicardia dipendente possono giovarsi della stimolazione cardiaca permanente, atriale o bicamerale. Sono attualmente in studio modalità più efficaci di stimolazione (stimolazione biatriale simultanea, algoritmi di soppressione delle pause postextrasistoliche e di overdrive).
Pazienti che rimangono sintomatici e in cui non si ottiene un adeguato controllo farmacologico della frequenza ventricolare, specie se con disfunzione ventricolare sinistra, rispondono con netto miglioramento della qualità di vita e spesso della funzione ventricolare sinistra all'ablazione transcatetere della giunzione A‑V, seguita dall'impianto di un pace maker rate‑responsive; la “modulazione” del nodo A‑V (riduzione della frequenza ventricolare ottenuta con erogazioni sulla “via lenta” senza creazione di blocco AV totale) può evitare l'impianto di un pace maker ma è meno efficace sul sintomo cardiopalmo. Non eliminando infine la fibrifiazione atriale, queste procedure non modificano, per quanto noto a tutt'oggi, il rischio tromboembolico.
L'eliminazione radicale della FA è stata ottenuta chirurgicamente con l'operazione di “maze” (“labirinto”), introdotta da Cox. Con una serie di incisioni delle pareti atriali miranti a compartimentalizzare il tessuto atriale in “ritagli” troppo piccoli per mantenere circuiti di rientro, viene resa impossibile l'attività fibrillatoria, mantenendo nel contempo la conduzione dal nodo del seno al nodo AV. Le complicanze postoperatorie (deficit di pompa, ritenzione idrica, aritmie ipocinetiche) e la complessità dell'intervento ne limitano fortemente Papplicabilità.
L in rapida evoluzione, con risultati ancora incerti, un'analoga compartimentalizzazione atriale per via transcatetere; l'ablazione a RF si è inoltre dimostrata utile in limitati casi di fibrifiazione atriale a genesi “focale”.
t stato sviluppato infine, e recentemente introdotto nell'uso clinico, il defibrillatore atriale automatico impiantabile. Presupposto all'ideazione del dispositivo è che il pronto riconoscimento dell'aritmia e la sua interruzione possano evitarne la cronicizzazione e ridurre il rischio embolico. Tale presupposto attende verifica.
SINDROMI DA PREECCITAZIONE
VENTRICOLARE
Denominatore comune di queste sindromi e substrato chiave delle aritmie caratteristiche è la presenza di fasci di fibre miocardiche che realizzano una o più connessioni anomale tra gli atri e i ventricoli. Queste vie anomale, o accessorie, possono percorrere il solco atrio ventricolare lungo tutto il perimetro degli anelli tricuspidale e mitralico, salvo la porzione anterosettale sinistra, corrispondente alla continuità mitro‑aortica.
Costituite da miocardio comune, a differenza del nodo atrio ventricolare, non posseggono, salvo alcune ben definite eccezioni, proprietà di conduzione decrementale e non determinano rallentamento della conduzione A‑V.
Delle tre entità cliniche individuate per particolare substrato anatomico ha perduto diritto di esistenza la sindrome di Lown‑Ganong‑Levine (PR corto in assenza di onda delta): 9 PR corto è dovuto a proprietà anatomiche o funzionali del nodo AV, mentre le fibre di Jarnes atriofascicolari non sono mai state correlate a TPSV; anche il quadro elettrocardiografico già attribuito a fibre di Mahaim (fasci nodo o fascicolo‑ventricolari) è ora dimostrato essere dovuto a particolari vie accessorie atrio‑ventricolari.
Sindrome di Wolff‑Parkinson‑White
Descritta dagli Autori nel 1930, è definita dall'associazione di un tipico quadro ECG di preeccitazione ventricolare con tachicardie parossistiche.
L'aspetto tipico dell'ECG in ritmo sinusale (fig.10
): PR corto, QRS allargato, onda delta) è determinato dall'invasione dei ventricoli da due fronti d'onda: l'onda delta, a inizio precoce, svela l'attivazione anticipata della zona di miocardio ventricolare basale attraverso la via anomala a conduzione rapida, e da cui si diffonde lentamente per conduzione attraverso il miocardio comune; la successiva deflessione rapida del QRS riflette l'attivazione ventricolare attraverso il sistema di conduzione nodo‑bissiano, a inizio ritardato per il rallentamento della conduzione del nodo AV, ma successivamente rapida per l'utilizzo della rete di Purkinje.Il grado di preeccitazione è determinato dalla differenza tra i tempi di conduzione dal nodo del seno ai ventricoli attraverso le due vie nelle loro componenti: conduzione intra‑interatriale, lungo la via anomala, nel nodo AV e sistema di Purkinje. Per l'assenza di proprietà decrementale della conduzione lungo la via anomala, ì]. PR non si afiunga con le extrasistoli o la stimolazione atriale prematura.
Per un minor tempo di conduzione intraatriale generano maggior preeccitazione le vie anomale destre rispetto alle sinistre, più lontane dal nodo del seno; il quadro di preeccitazione (o WPW) inapparente è definito dall'assenza visibile di preeccitazione pur essendo presente la conduzione anterograda lungo la via anomala: la preeccitazione può rendersi visibile con manovre che rallentino la conduzione dell'impulso nel nodo AV (Valsalva, NISC, Verapamil, adenosina ex.).
Per via anomala “occulta” si intende invece una via capace di conduzíone solo retrograda (ventricolo atriale) per blocco fisso unidirezionale, che non determina quindi mai preeccitazione: la sua presenza si desume solo per gli episodi di TPSV.
LOCALIZZAZIONE DELLA VIA
ANOMALA IN
BASE ALL'ECG DI SUPERFICIE
Fino a qualche anno fa solo elegante esercizio deduttivo, la precisa localizzazione della via anomala è diventata di importanza pratica con l'avvento dell'ablazione transcatetere.
L'attivazione ventricolare attraverso la via anomala genera un vettore che “fugge” dal punto di inserzione ventricolare della stessa: la direzione del vettore permette quindi di risalire alla localizzazione della via. Diversi schemi e algoritmi sono stati proposti (Gallagher, Frank, Fitzpatrick, Oreto), correlando l'ECG con i riscontri anatomici (casistiche da mappaggi intraoperatori all'epoca della terapia chirurgica del WPW) o, più recentemente, con la sede, radiologicamente determinata, di efficace ablazione endocardica transcatetere. In tutti i casi è necessario un grado sufficiente di preeccitazione per un'analisi attendibfle (tab.02
).
ARITMIE DELLA SINDROME DI WPW
L'aritmia di più frequente riscontro (70% delle aritmie nella S. di VTPW) è la tachicardia parossistica sopraventricolare, denominata anche, nel caso particolare, tachicardia reciprocante atrio‑ventricolare (TRAV) ortodromica o comune.
L sostenuta da un macrocircuito di rientro, in cui l'impulso attiva successivamente gli atri, il nodo AV, i ventricoli, per rientrare agli atri attraverso la via anomala, percorsa in via retrograda (fig.03
). Poiché i ventricoli sono attivati esclusivamente attraverso il normale sistema di conduzione, la TPSV è caratterizzata da QRS stretti (non preeccitati: fig.04 ). Presupposto per l'innesco della TPSV è un periodo refrattario della via anomala più lungo di quello nodo‑hissiano, in tale modo che un'extrasistole atriale sufficientemente anticipata può trovare impercorribile la via anomala ed essere condotta ai ventricoli esclusivamente per via nodohissiana.
Se 9 ritardo della conduzione nel nodo AV o lungo le branche è sufficiente a permettere 9 recupero della via anomala dalla refrattarietà, questa è percorribile in senso retrogrado dall'impulso che ha completato l'attivazione dei ventricoli.
Si inizia così il rientro che può mantenersi indefinitamente realizzando una TRAV. Con adeguate combinazioni di refrattarietà, la TPSV può essere innescata non raramente anche da extrasistoli ventricolari, bloccate in via retrograda nel sistema nodo‑hissiano e condotte all'atrio attraverso la via anomala.
Le caratteristiche ECG della TRAV sono già state descritte.
Per la natura del circuito di rientro, è obbligatorio un rapporto fisso 1:1 fra i QRS e le onde P.
Tachicardia reciprocante
affioventricolare antidromica.
Raramente il circuito di rientro può essere percorso in senso inverso (antidromico: fig.03
): la conduzione anterograda avviene attraverso la via anomala, la retrograda attraverso il sistema nodo hissiano.La tachicardia sarà costituita da una successione ritmica di QRS totalmente preeccitati (durata > 0. 14 ") e con l'aspetto corrispondente alla sede di inserzione ventricolare della via anomala; le onde P precedono ogni QRS.
In realtà una “tachicardia preeccitata” con l'aspetto descritto può essere dovuta ad altri meccanismi, con cui va fatta una diagnosi differenziale:
‑ tachicardia reciprocante coinvolgente due vie anomale, percorsa l'una in senso anterogrado, l'altra in senso retrogrado;
‑ tachicardia o flutter atriale con conduzione 1:1 o 2:1 ai ventricoli attraverso la via anomala: questo è il meccanismo più comune delle tachicardie preeccitate;
‑
tachicardia reciprocante giunzionale con incidentale preeccitazione
ventricolare per presenza di via anomala che non partecipa al meccanismo di
rientro (innocent bystander).
Per quanto fastidiose e a volte invalidanti, le TPSV non costituiscono, almeno direttamente, un elemento di rischio per i pazienti affetti da S. di WPW; la fibrillazione atriale è invece potenzialmente in grado, quando condotta attraverso vie anomale ad alta capacità di conduzione, di generare frequenze ventricolari elevatissime, che possono condurre a sincope o in ‑durre una fibrillazione ventricolare fatale.
La FA nel paziente con WPW si manifesta elettrocardiograficamente come una successione aritmica di QRS, raggruppati in sequenze di QRS totalmente slargati e aberranti per preeccítazione totale, alternati a sequenze di QRS stretti (non preeccitati: fig.11
). 1 fenomeni di conduzione occulta anterograda e retrograda nel nodo AV e nella via anomala determinano l'alternanza dei QRS stretti e preeccitati; ai fini di una diagnosi differenziale con un blocco di branca funzionale, si considerano:‑ l'aspetto dei QRS consistente con un quadro preciso di preeccitazione, usualmente ben diverso da un BB tipico, a volte simulante una tachicardia ventricolare, aritmica e rapidissima;
‑ l'assenza di un valore critico di frequenza ventricolare al di sopra del quale compare l'aberranza.
L'incidenza di morte improvvisa nei portatori di S. di WPW ed esenti da cardiopatie associate è sicuramente molto bassa (stimabile intorno allo 0. 1 % all'anno), ma l'osservazione di casi di fibrillazione ventricolare (M anche come prima manifestazione della Sindrome, ha stimolato la ricerca di fattori predittivi di rischio.
Elemento chiave nel determinare 9 rischio è la capacità di conduzione della via accessoria, definita come Periodo Refrattario Effettivo (PRE), misurabile con singolo extrastimolo, o minimo ciclo atriale condotto 1: 1 lungo la via anomala in corso di stimolazione atriale rapida, o minor intervallo RR tra QRS preeccitati in corso di fibrillazione atriale.
Si deve a Klein, in base a studi retrospettivi su pazienti andati incontro a FV, la definizione di WPW a rischio per PRE della via anomala < 250 ms.
Quando valutato prospetticamente, tale valore si è dimostrato in grado di individuare 9 gruppo a sicuramente a basso ríschio (PRE via anomala > 250 ms), ma poco specifico (molti pazienti venivano definiti a rischio senza andare incontro ad aritmie gravi). Poiché inoltre le proprietà elettrofisiologiche delle vie anomale risentono profondamente del tono neurovegetativo (il PRE viene accorciato in misura rilevante dalle catecolamine), la determinazione del PRE (definito in base all'RR minimo tra QRS preeccitati in FA indotta con stimolazione transesofagea) dev'essere effettuata anche sotto sforzo, almeno negli atleti, essendo considerato a rischio un valore < 2 10 ms.
Un altro parametro potenzialmente importante è l'effettiva propensione a episodi di fibriflazione atriale: l'incidenza di FA è maggiore nei pazienti con WPW rispetto alla popolazione generale; la capacità di conduzione retrograda della via anomala, e quindi di TPSV, è un fattore predisponente (spesso la FA risulta dalla degenerazione di una TPSV); lo studio della vulnerabilità atriale (facilità d'innesco della FA con la stimolazione programmata atriale, durata dell'aritmia indotta) contribuisce a individuare i pazienti con maggior propensíone a episodi spontanei di FA.
TERAPIA
Di fondamentale importanza è evitare in ogni caso i farmaci attivi esclusivamente sul nodo AV come i Ca antagonisti, o potenzialmente in grado addirittura di accorciare il periodo refrattario della via anomala come la digitale.
Per l'interruzione delle TPSV in presenza di VTPW già diagnosticato si utilizzano per infusione ex. gli antiaritmici del gruppo IA‑C: oggi sono preferiti, accanto alla procainamide e ajmalina, il propafenone e la fiecainide, per il potente effetto di depressione della conduzione sulla via anomala. Da evitare negli adulti l'adenosina per la possibilità di trasformazione della TPSV in fibrillazione atriale; poiché tale evento è eccezionale nei bambini, il farmaco è indicato nell'età pediatrica, sotto monitorizzazione ECG e pronti alla rianimazione. Gli stessi farmaci sono utilizzati in caso di fibrillazione atriale preeccitata: è essenziale in questo caso evitare la digitale e i calcio antagonisti, che possono precipitare una fibrillazione ventricolare. Anche la somministrazione ex. dell'amiodarone dev'essere evitata, perché il farmaco, in acuto, agisce prevalentemente sul nodo AV e non sulla via anomala.
In caso di instabilità emodinamica si impone la cardioversione elettrica.
Per la profilassi delle recidive aritmiche si utilizzano farmaci del gruppo IC (flecainide, propafenone) o III (sotalolo, amiodarone, riservando quest'ultimo come ultima scelta per gli effetti collaterali extracardiaci). Se le TPSV sono frequenti, o mai tollerate, e in caso di episodi di fibrillazione atriale rapida, è oggi preferibile ricorrere all'ablazione transcatetere della via anomala piuttosto che a una terapia farmacologica a tempo indefinito.
ARITMIE VENTRICOLARI
Contrazioni premature
ventricolari
Le contrazioni premature ventricolari (CPV) sono definite come una attività spontanea ventricolare anticipata. Le cause elettrofisiologiche della loro genesi sono identiche alle aritmie extrasistoliche sopraventricolari: esaltato automatismo, rientro o attività triggerata. L'aspetto elettrocardiografico del complesso che ne deriva è bizzarro, allargato rispetto ai battiti normali; l'onda T è allargata con andamento opposto alla deflessione principale (fig.12
). La diagnosi di certezza dell'origine ventricolare di un battito anticipato non è mai sicura all'ECG: criteri di presunzione sono il complesso allargato con onda T di polarità invertita in presenza di normale conduzione intraventricolare negli altri complessi, la dimostrazione di onde P retrograde prodotte dall'attivazione degli atri in via retrograda attraverso la via nodo‑hissiana (onda P negativa in D2‑133), o ancora la presenza di onda P sinusale dissociata. In relazione alla presenza o meno della retroconduzione, la pausa che segue il battito anticipato può essere o no completamente compensatoria e talvolta la contrazione prematura può essere interpolata. Spesso le CPV avvengono in modo ripetitivo e costante rispetto al ritmo sinusale di base, dando origine al fenomeno del bigeminismo (una CPV dopo ogni battito sinusale), trigeminismo (una CPV ogni due battiti sinusali) o accoppiamenti con rapporti più elevati. L'accoppiamento della CPV rispetto alla battuta sinusale può essere fisso o variabile. L'accoppiamento fisso è più frequentemente dovuto a rientro o ad attività triggerata. Quando l'accoppiamento è variabile si parla di parasistolia legata a un focus con blocco di entrata: questo focus quindi risulta protetto, non viene resettato infatti dalla normale attività elettrica cardiaca e invade i ventricoli in relazione alla propria frequenza di scarica e all'eccitabiltà del tessuto ventricolare che lo circonda.
Le CPV sono fenomeni aritmici comuni, presenti con frequenza in cuori sani in soggetti asintomatici che eseguono ECG dinamico per altri motivi. Talvolta i battiti sono sintomatici: in questo caso, oltre alle rassicurazioni, può essere utile l'utilizzo di basse dosi di beta bloccanti. Quando le CPV compaiono in cuori malati è necessario disporre di indagini più approfondite, come un ECG dinamico e una valutazione della funzione ventricolare sinistra. La presenza di CPV in cuori malati, se asintomatica, non necessita di trattamento, mentre un ECGD può evidenziare altre forme di aritmie associate e un EC0213 una frazione di eiezione depressa che possono portatare a indicare un trattamento farmacologico o non farmacologico delle aritmie. La presenza di CPV numerose all'ECG dinamico nel post‑infarto è un fattore di rischio di aumentata mortalità, ma studi clinici controfiati hanno dimostrato come la soppressione delle CPV con antiaritmici della classe 1 sia gravata da tassi di mortalità aumentati rispetto ai pazienti del gruppo controllo. L'attuale orientamento quindi è di evitare l'uso di antiaritmici della classe la e 1c in questa situazione clinica. L'uso di beta bloccanti è, se tollerato, sicuramente efficace nella riduzione di fenomeni aritmici, di nuovi eventi ischemici e nel migliorare la sopravvivenza. Recenti studi clinici controfiati hanno dimostrato che l'uso di basse dosi di amiodarone dopo infarto miocardico acuto in presenza di CPV frequenti e ripetitive riduce la mortalità aritmica, ma non la mortalità totale. Nei soggetti affetti da scompenso cardiaco con CPV frequenti inoltre, l'amiodarone si è dimostrato utile nel ridurre le aritmie, ma non ha migliorato la sopravvivenza. Al momento quindi, il trattamento delle CI`V dopo infarto miocardico è limitato alle sole forme sintomatiche.
Tachicardia ventricolare
Si definisce tachicardia ventricolare (TV) una serie di tre o più battiti prematuri ventricolari con frequenza vetricolare oltre i 100 o 120 battiti per minuto (fig.13
). Quando questa aritmia duri più di 30 secondi, o necessiti di cardioversione immediata per compromissìone emodinamica, viene definita sostenuta. Il riconoscimento di una TV è, in analogia delle CPV, solo di presunzione, in quanto è possibile che aritmie sopraventricolari condotte con aberrazione o che utilizzano una via accessoria in via anterograda possano simulare una TV. Tuttavia è bene ricordare che ogni tachicardia a complessi larghi dev'essere considerata ventricolare fino a che non si dimostri il contrario. La diagnosi differenziale si avvale di criteri clinici, anamnestici ed elettrocardiografici. 1 criteri clinici si basano sulla presenza o meno di una patologia cardiaca presistente, come una cardiopatia ischemica, la presenza di distrubo di conduzione nei battiti sinusali ecc. 1 criteri ECG sono schematizati nella tabella 3. Nonostante qualche critica, questo algoritmo mostra ottima sensibilità e specificità. La diagnosi di certezza è posta con la dimostrazione di dissociazione atrioventricolare, in cui si dimostri un ritmo atriale (sinusale o meno) indipendente dal ritmo ventricolare. Lo studio elettrofisiologico (SEF) con stimolazione ventricolare programmata può riprodurre l'aritmia: in tal caso la TV viene definita inducibile (fig.14 ).Le TV si classificano in base alla morfologia in monomorfe, quando i complessi siano tra loro uguali o molto simili, oppure polimorfe quando presentino ampie variazioni morfologiche battito‑battito. Le TV monomorfe si classificano ulteriormente in:
l. TV associate a cardiopatia ischemica.
2. TV associate a cardiomiopatia dilatativa.
3. TV in cuori apparentemente sani.
4, TV nella displasia aritmogena del ventricolo destro.
l. Le TV associate a cardiopatia ischemica cronica rappresentano la maggioranza delle TV e costituiscono un problema clinico rilevante nella gestione dei pazienti. Il meccanismo elettrogenetico di queste aritmie è rappresentato quasi invariabilmente da fenomeni di rientro localizzati a livello ventricolare, in cui le zone di cicatrice ischemica formano barriere elettriche e zone a lenta conduzione, basi per generare circuiti di rientro. L'aspetto elettrocardiografico di tali aritmie è generalmente monomorfo, tuttavia bisogna ricordare che lo stesso circuito di rientro può mostrare morfologie del QRS differente in base alle caratteristiche in un certo istante del tessuto miocardico che lo circonda, o per blocchi in uscita. La localizzazione della zona che genera la TV è possibile utilizzando criteri vettoriali conoscendo la massa di cicatrice del ventricolo: tale localizzazione, un tempo solo speculativa, può essere utilizzata come prima mappatura per procedure di ablazione della zona aritmogena. La terapia in acuto delle TV sostenute sintomatiche per sincope prevede manovre di rianimazione cardiopolmonari e la cardioversione elettrica con energia compresa tra 50 e 200 j/sec; quando siano tollerate emodinamicamente, può essere tentato l'uso di xilocaina o altri antiaritmici in vena. Nella tabella 4 è mostrato un diagramma di flusso della terapia in acuto della TV sostenuta. Le TV non sostenute rappresentano un frequente reperto nei soggetti dopo infarto miocardico acuto: in analogia con le CPV, la terapia può essere farmacologica con beta bloccante o con amiodarone, che si è dimostrato efficace nel migliorare la sopravvivenza nei soggetti con ridotta funzione ventricolare sinistra. Recentemente, lo studio controllato MADIT ha dimostrato che nei soggetti con depressa funzione ventricolare post‑infartuale, TV non sostenuta al monitoraggio dinamico e TV inducibile allo studio elettrofisiologico e non sopprimibile dai farmaci, l'impianto di un defibrillatore migliora in modo significativo la sopravvivenza. Le TV sostenute che si presentano sufficientemente tollerate possono essere trattate inizialmente con farmaci antiaritmici; come per le CPV, tuttavia, i risultati negativi di molti antiaritmici hanno limitato la terapia farmacologica ai soli beta bloccanti, sotalolo e amiodarone. La documentazione dell'efficacia del trattamento può essere effettuata con il monitoraggio Holter o con studioelettrofisiologico seriato. Nel caso la terapia farmacologica si dimostri inefficace o mal tollerata, trova indicazione l'impianto di defibrillatore impiantabile o, in caso di TV monomorfe non sincopali, il tentativo di ablazione transcatetere del focus.
In corso di ischemia acuta e in particolare di infarto miocardico, sono frequenti i ritmi ventricolari a frequenza non elevata, in genere al di sotto dei 100 battiti per minuto, che vengono perciò definiti idioventricolari accelerati: tali aritmie sono sostenute da foci di esaltato automatismo. Se non portano a compromissione emodinamica, non necessitano trattamento. Le forme di tachicardia ventricolare monomorfa a elevata frequenza durante infarto acuto sono di norma espessione di esaltato automatismo e sono, in genere, sensibili alla xilocaina.
2. Le TV in corso di cardiomiopatia dilatativa possono non essere differenti dalle TV nella CI, ma esiste un tipo peculiare di TV, probabilmente responsabile del 30% delle TV in questi soggetti, dovuto a un meccanismo di rientro tra le branche. La TV da rientro tra le branche si caratterizza per il quadro clinico di severa dilatazione ventricolare sinistra, ritardo di conduzione nelle branche nell'ECG di base, sincopi da TV molto rapida. Il circuito di rientro utilizza le branche stesse, cosicché il complesso che ne deriva ha un aspetto a blocco di branca sinistro o destro più o meno tipico (fig.15
). Il riconoscimento di tale aritmia è importante perché può essere trattata con ablazione selettiva della branca destra.3. Le TV in cuori sani si caratterizzano per l'assenza di chiara patologia cardiaca, l'aspetto usuale monomorfo, una base elettrogenetica non chiara e una prognosi generalmente buona. Si classificano in base alla morfologia dell'ECG in TV con aspetto a blocco di branca destro con deviazione assiale sinistra e TV con aspetto a blocco di branca sinistro. La prima, definita anche fascicolare poiché origina da un fascicolo della branca sinistra, ha come caratteristiche peculiari quelle di presentarsi in soggetti giovani e di essere sensibile al Verapamil endovenoso o orale. Le TV con aspetto a BBS hanno generalmente asse elettrico normale o deviato a destra, suggerendo la loro origine dal tratto di efflusso ventricolare destro (fig.16
). Queste aritmie sono generalmente sensibili ai beta bloccanti o al Verapamil, e si caratterizzano per essere innescate da frequenze sinusali critiche; benché siano generalmente associate a prognosi ottima, sono stati segnalati casi di morte improvvisa.4. Nella displasia del ventricolo destro le aritmie ventricolari si presentano con aspetto a blocco di branca sinistro e asse a sinistra, e possono essere trattate con beta bloccanti.
Tachicardia ventricolare
polimorfa
La differenziazione dalle forme monomorfe è importante poiché questo tipo di TV presenta, rispetto alle forme monomorfe, un substrato e un approccio terapcutico diverso. Si possono identificare tre situazioni differenti in cui si possono verificare TV polimorfe:
l. TV a torsione di punta.
2. TV polimorfe associate a cardiopatia ischemica cronica.
3. TV associate a ischemia miocardica acuta.
l. Torsioni di punta: si definisce torsione di punta una tachicardia a complessi larghi in cui i complessi ventricolari cambiano morfologia da battito a battito, con un passaggio della polarità progressiva (fig.17
). Criterio fondamentale per la diagnosi è la contemporanea presenza di QT lungo, con valori di QT corretto >=.44", talvolta di difficile diagnosi, di origine congenita o acquisita. Tra le forme acquisite bisogna ricordare le interferenze farmacologiche, in particolare con farmaci antiaritmici del gruppo Ia‑c, amiodarone, sotalolo, antidepressivi triciclici, antistaminici e svariati altri farmaci (eritromicina, ketoconazolo). I diuretici che causano ipopotassemia sono importanti fattori scatenanti tale aritmia. Il meccanismo elettrofisiologico della TdP non è del tutto noto, ma è probabilmente legato ai postpotenziali precoci che accompagnano l'eccessivo prolungamento del potenziale di azione provocato dalla bradicardia, dalla ipopotassemia e da farmaci. La terapia sarà quindi rivolta a eliminare i fattori scatenanti, correggere l'ipopotassemia, trattare la bradícardia con stimolazione atriale o ventricolare; la somministrazione di magnesio in vena è utile in tutti i casi. La sindrome del QT lungo congenito può essere associata (S. jervell‑Lange‑Nielsen) o meno (S. di Romano‑Ward) a sordità congenita, ed è caratterizzata da sincopi ricorrenti e morte improvvisa. Alla base di queste sindromi sono state identificate varie anomalie dei canali del K+ e del Na+ per mutazioni dei geni responsabili. In questi casi la TdP può essere scatenata dalle emozioni, attività fisica e in genere dall'aumento dell'attività simpatica. La terapia in questi casi si avvale della sommistrazione di beta bloccanti come prittia scelta.2. Tachicardie ventricolari polimorfe non associate ad aumento del QT possono manifestarsi con aspetto ECG del tutto analogo alle torsioni di punta, ma la mancanza del criterio del QT le fa classificare in un gruppo diverso per quanto riguarda l'approccio terapeutico. Le TV polimorfe in corso di cardiopatia ischemica cronica sono di frequente riscontro nei laboratori di elettrofisiologia durante studi di induzione di TV; tali aritmie sono spesso giudicate una risposta aspecifica, ma possono essere aritmie potenzialmente letali e richiedono pertanto idonei trattamenti. Le TV polimorfe durante cardiopatia ischemica acuta rispondono bene al trattamento antiischemico (farmacologico o di rivascolarizzazione), e ai beta bloccanti.
Flutter e fibrillazione
ventricolare
Sono aritmie caratterizzate dalla perdita di efficacia della pompa cardiaca accompagnata da sintomi gravi e dalla morte se non prontamente risolte entro 3‑5 minuti. La differenza tra fibrillazione e flutter è accademica, in quanto il secondo si presenta con onde sinusoidali di frequenza compresa tra 150 e 300 battiti al minuto, mentre la fibrillazione ventricolare si presenta come ondulazioni di ampiezza e morfologia variabile, senza evidente segmento ST od onda T (fig.18
). La FV si presenta in un'ampia varietà di situazioni cliniche, ma generalmente in corso di cardiopatia ischemica o come evento terminale di cardiopatia. Nei pazienti deceduti durante un monitoraggio Holter, circa il 75% presentava come evento terminale una FV, mentre il rimanente 25% mostrava bradicardie o blocchi. La terapia della FV prevede manovre di rianimazione cardiopolmonare e la defibrillazione con energie comprese tra 200 e 3 60 j (tab.05 ). La profilassi delle recidive è un argomento ancora in fase di chiarimento, tuttavia alcuni studi (AVID, CASH) hanno dimostrato che l'impianto di defibrifiatore in pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco con ridotta funzione ventricolare sinistra migliora la sopravvivenza rispetto al trattamento farmacologico.
Letture consigliate
Delise P.: Le tachiaritmie sopraventricolari: dall’elettrocardiogramma all’ablazione transcatetere. Casa Editrice Scientifica Internazionale, Roma, 1995.
Oreto G.: I disordini del ritmo cardiaco. Centro Scientifico Editore, Torino, 1996.
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Braunwald
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E. USLENGHI
Primario,
Divisione di Cardiologia
Azienda
Ospedaliera S. Croce e Carle, Cuneo
C. BRUNA
Dirigente I
Livello
Azienda
Ospedaliera S. Croce e Carle, Cuneo
G. ROSSETTI
Dirigente I
Livello
Azienda
Ospedaliera S. Croce e Carle, Cuneo
A. VADO
Dirigente I
Livello
Azienda
Ospedaliera S. Croce e Carle, Cuneo
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