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ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA

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 Ultimo aggiornamento: 26.12.2009

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IL DOLORE TORACICO

 

Il dolore toracico, al pari del dolore avvertito in altre sedi , può essere la conseguenza di un evento di modesta o trascurabile importanza oppure la manifestazione di una condizione patologica in alcuni casi anche grave, con pericolo immediato per la vita.

Il medico si trova quindi di fronte alla necessità, spesso non facile, di orientarsi verso una diagnosi differenziale che comporta alcune scelte attinenti la salute del paziente, la necessità di non sovraccaricare inutilmente i presidi ospedalieri di pronto soccorso, i costi di una ospedalizzazione non necessaria (tanto più se questa avviene in ambito di un'unità coronarica).

In primo luogo il medico "di territorio" deve decidere se indirizzare o no il paziente ad ulteriori accertamenti; nel caso di un dolore toracico acuto è solitamente il pronto soccorso ospedaliero l'ambito in cui un approfondimento diagnostico viene espletato.

A sua volta il medico che opera in tali presidi può decidere per il rinvio del paziente a domicilio, l'ospedalizzazione in reparto di medicina generale, il ricovero in unità coronarica o comunque in reparto di terapia intensiva, oppure, raramente, in reparto chirurgico.

Lo scopo di questo articolo è di fornire indicazioni per aiutare il medico ad orientarsi fra le scelte sopra esposte. Tratteremo brevemente della fisiopatologia del dolore, delle caratteristiche distintive del dolore toracico secondario a varie possibili patologie, dei criteri di orientamento nelle scelte da compiere.

 

 

Cenni di fisiologia del dolore

 

Numerosi stimoli sensoriali (calore, agenti chimici, stimolazione meccanica ecc.), di intensità tale da possedere una potenziale capacità lesiva per i tessuti, attivano le terminazioni nervose libere presenti nella cute, nel sottocutaneo e nei visceri.

Occorre notare, però, che non tutti gli stimoli algogeni agiscono allo stesso modo sui vari tessuti e visceri. La cute è sensibile a stimoli termici, a punture, tagli, schiacciamenti; viceversa la sensibilità dei visceri al calore, al freddo e al taglio è praticamente nulla; il dolore è evocato invece dalla flogosi, dalla distensione e dallo spasmo della muscolatura liscia, dall'ischemia.

Molte sostanze hanno un ruolo nella risposta agli stimoli algogeni: potassio, istamina, serotonina , prostaglandine (liberate dai tessuti danneggiati), bradichinine (provenienti dalla circolazione), sostanza P (liberata dalle stesse terminazioni nervose locali).

Gli stimoli nocicettivi sono inviati al midollo spinale attraverso fibre nervose lente amieliniche (C) e piccole fibre mieliniche più veloci (A delta). Queste fibre, il cui corpo cellulare risiede nei gangli delle radici dorsali, entrano nel midollo attraverso la radice posteriore e si connettono con i neuroni delle corna posteriori del midollo.

Dal midollo le vie di risalita degli stimoli dolorosi, dopo incrocio, sono essenzialmente due:

 

1) via spinotalamica diretta (monosinaptica): invia informazioni sul dolore al talamo (nucleo ventrale postero-laterale); i neuroni del nucleo proiettano principalmente sull'area sensitiva primaria della corteccia: ciò fa ritenere che tale via sia importante nella discriminazione del dolore (localizzazione, natura, intensità).

 

2) sistema spino-reticolo-talamico (multisinaptico), filogeneticamente più antico; le fibre ascendenti si connettono a vari livelli con la formazione reticolare e terminano nei nuclei centro-laterale e parafascicolare del talamo; questo sistema potrebbe mediare le reazioni autonomiche ed affettive al dolore.

Più recentemente si è scoperto che esiste un sistema di modulazione del dolore, discendente, capace di bloccare gli impulsi a livello dei neuroni delle corna posteriori, verosimilmente mediato dalle endorfine.

Dolore somatico: insorge per stimoli algogeni applicati a cute, articolazioni e muscoli, è solitamente ben localizzato e riferito all'area direttamente interessata.

Dolore viscerale: nasce dagli organi contenuti nelle cavità toracica e addominale; è poco localizzato, spesso associato a reazioni "vegetative"; può essere riferito ad aree cutanee innervate dalle stesse radici nervose del viscere (dermatomeri), anche distanti dal viscere stesso (vedi oltre).

Le vie afferenti degli impulsi dolorifici dei visceri toracici e addominali viaggiano nei nervi del sistema simpatico e nelle radici dorsali dei segmenti spinali compresi tra il 1° toracico ed il 2° lombare.

Gli impulsi dolorifici "a monte" della linea del dolore toracico (che passa all'incirca per la carena e lo sfintere esofageo) ed "a valle" della linea del dolore pelvico (organi pelvici profondi) viaggiano lungo le fibre del parasimpatico.

Dolore riferito: il dolore a partenza da un viscere può essere riferito a strutture somatiche anche distanti; ciò è vero altresì per il dolore somatico profondo (ad esempio articolare), ma mai per il dolore somatico superficiale. Quando un dolore viscerale è sia locale sia riferito, sembra che (e lo si dice comunemente) "si irradi" dalla sua sede di origine.

Esempi comuni sono il dolore alla punta della spalla per irritazione del centro del diaframma; al lato ulnare del braccio sinistro per il dolore cardiaco; al testicolo per la colica ureterale.

Purtroppo le sedi del dolore riferito non sono stereotipate e spesso interessano sedi inconsuete: il dolore coronarico, ad esempio, può essere riferito al braccio destro, alla mandibola, al dorso, all'epigastrio.

Il dolore è riferito a strutture aventi origine embrionale dallo stesso segmento o dermatoma, anche se successivamente avviene una migrazione (come nel caso del diaframma che migra dalla regione del collo).

Secondo la teoria della convergenza le fibre afferenti somatiche e viscerali convergono sugli stessi neuroni midollari (in effetti il numero di fibre dei fasci spinotalamici laterali è molto inferiore a quello nei nervi sensoriali spinali). Pertanto, quando i neuroni sono stimolati da afferenze viscerali, il messaggio per i centri superiori del SNC viene inviato alla regione somatica corrispondente.

Anche l'esperienza passata ha una parte importante nel dolore riferito: la preesistenza di un trauma, un intervento chirurgico, un infarto ecc., favorisce la proiezione del dolore all'area già interessata in precedenza.

La teoria della facilitazione sostiene che se da alcune aree arrivano al midollo impulsi nocicettivi subliminari, tali cioé da non divenire coscienti, la contemporanea proiezione sugli stessi neuroni spinali di un dolore viscerale è in grado, abbassando la soglia, di fare giungere tali impulsi ai centri superiori.

Questa teoria può spiegare la proiezione del dolore ad un'area già affetta da una malattia preesistente (ad esempio dolore ad un dente cariato in corso di infarto miocardico).

 

 

Caratteristiche del dolore toracico

 

Didatticamente è utile considerare le varie cause capaci di provocare un dolore toracico, suddividendole come segue:

dolore della parete toracica:

-colonna vertebrale (spondilartrosi, discopatia, neoplasie ecc.)

-articolazioni costocondrali e condrosternali (artrite, traumi, s. di Tietze ecc.)

-s. dello scaleno anteriore

-muscoli pettorali, intercostali (contratture, crampi ecc.)

-cute (herpes zoster);

dolore cardiaco:

-ischemia (angina, infarto)

-pericardite

-prolasso della mitrale

-cardiopatia ipertrofica ostruttiva;

dolori viscerali non cardiaci:

-aorta (aneurisma dissecante)

-arteria polmonare (embolia polmonare, ipertensione)

-polmoni (pleurite, pneumotorace, embolia polmonare, tracheite)

-mediastino (enfisema, mediastinite, adenopatia)

-esofago (esofagite, ulcera, spasmo, rottura, neoplasie);

dolori irradiati dall'addome:

-stomaco (distensione, ernia iatale)

-vie biliari

-pancreas (neoplasia, pancreatite)

-colon (distensione gassosa);

stati ansiosi:

-tensione muscolare emotiva

-iperventilazione;

simulazione.

Orientarsi in una diagnosi differenziale fra tante diverse patologie può sembrare difficile, ma un corretto approccio al paziente che lamenta un dolore toracico porta alla diagnosi esatta in un alto numero di casi.

Riteniamo utile proporre, anche per comodità mnemonica, uno schema (o una "griglia") comune per tutte le condizioni elencate, che applicheremo esaminando singolarmente le principali cause di dolore toracico.

 

L'anamnesi, con la possibile eccezione del malato di emergenza, è un momento estremamente importante, per vari motivi; 1) un'accurata indagine anamnestica è, di per sé, molto orientativa; 2) può essere raccolta anche in assenza di altri strumenti diagnostici; 3) spesso il paziente si reca dal medico quando il sintomo è già regredito e l'obiettività clinica o strumentale ormai muta.

Per non dimenticare nulla, possiamo fare riferimento all'elenco di domande da rivolgere al paziente riportato di seguito:

1) localizzazione del dolore

2) irradiazione

3) qualità

4) cause scatenanti

5) cause aggravanti

6) durata

7) manovre allevianti

8) farmaci allevianti

9) sintomi di accompagnamento

10) decorso nel tempo dello stesso sintomo

11) altri elementi anamnestici.

 

L'esame obiettivo in caso di dolore toracico è poco significativo se il dolore è di origine cardiaca, ma molto utile per accertare o escludere altre ipotesi diagnostiche. La ricerca di punti dolorosi toracici e l'evocazione del dolore stesso con la pressione è di estrema importanza, così come la percussione degli emitoraci, la comparizione del fremito vocale tattile, l'auscultazione del torace o del cuore per la ricerca di toni aggiunti, soffi di nuova insorgenza e stregamenti.

Da non trascurare mai è la palpazione dei polsi arteriosi e dell'addome.

 

Le indagini di laboratorio e strumentali, come l'esame obiettivo, possono essere diagnostiche, di aiuto o del tutto mute, senza dimenticare la possibilità di falsi negativi e falsi positivi.

Di notevole valore diagnostico sono l'ECG (vedi oltre) e la radiografia del torace (polmonite, versamenti pleurici, pneumotorace, aneurisma aortico, neoplasia, fratture ossee, metastasi ecc.); l'RX del torace ha inoltre un discreto valore prognostico (stasi polmonare in caso di infarto miocardico).

Poco utili gli esami di laboratorio, sia perché mancano di precocità (CPK), sia perché del tutto aspecifici (leucocitosi); fa eccezione il dosaggio dell'amilasemia (con i limiti di specificità e sensibilità ben noti).

Vi è poi un gruppo di indagini che potremo definire di secondo livello, sia perché richiedono attrezzature non presenti in ogni presidio ambulatoriale od ospedaliero, sia perché necessariamente differite nel tempo.

A questo gruppo appartengono l'ECG da sforzo, il monitoraggio ECG secondo Holter, la scintigrafia miocardica, la coronarografia, la scintigrafia polmonare, l'aortografia.

 

 

Dolore causato dall'ischemia miocardica

 

Il sintomo dolore è l'espressione della rottura dell'equilibrio fra apporto di O2 al miocardio e richiesta di O2 da parte del miocardio stesso.

L'apporto di O2 dipende da:

1) estrazione di O2 dal sangue coronarico (già massima in condizioni basali);

2) flusso coronarico.

Il consumo di O2 (MVO2), dipende da:

1) frequenza cardiaca;

2) stato inotropico del miocardio;

3) pressione arteriosa sistolica;

4) volume ventricolare.

Nella pratica il MVO2 si calcola mediante il doppio prodotto: frequenza cardiaca x pressione arteriosa sistolica.

In caso di angina da sforzo la presenza di una placca ateromasica impedisce al flusso coronarico di aumentare oltre un certo limite.

Durante lo sforzo si ha l'incremento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa e della forza contrattile del cuore: tutti gli elementi che determinano un aumento del MVO2 a cui, oltre un certo limite, non fa seguito un corrispondente aumento del flusso coronarico.

Nelle forme di angina stabile le crisi dolorose si manifestano sempre per il medesimo doppio prodotto; cioè al punto di rottura dell'equilibrio fra consumo e apporto di O2. Nel caso dell'angina spontanea è una riduzione primaria del flusso coronarico, con MVO2 costante, la causa dell'angor: si ritiene che abbia un ruolo di rilievo lo spasmo delle coronarie, normali o con ostruzioni non critiche.

Gli stimoli dolorosi a partenza dal miocardio ischemico viaggiano lungo i nervi cardiaci che attraversano (senza interruzione) i primi 5-6 gangli simpatici toracici, percorrono i rami comunicanti e raggiungono i corrispondenti gangli spinali (ove si trovano i corpi cellulari). Di qui si connettono con i neuroni delle corna posteriori del midollo. Alcune fibre sensitive dolorifiche possono attraversare i gangli simpatici cervicali e (dal ganglio cervicale superiore) raggiungere il ganglio trigeminale. Si spiega così la sede tipica del dolore cardiaco: torace e lato ulnare dell'avambraccio (dermatomeri C8-T5), nonché la sua possibile irradiazione in sedi meno comuni: collo (C3-C4), spalle (C5), nuca (C3), mandibola (ganglio trigeminale), epigastrio (T7-8) (fig.01x).

 

 

Angina pectoris

 

Anamnesi

 

-Localizzazione: tipicamente al centro del petto, più raramente al precordio, epigastrio o solo nelle sedi di irradiazione.

-Irradiazione: tipicamente al lato ulnare dell'arto superiore sinistro, ma tutt’altro che infrequentemente al braccio e alla spalla sinistra in toto, collo, mandibola, braccio destro, dorso, epigastrio.

- Qualità: costrittivo, meno frequentemente gravativo o urente. Il malato lo indica con la mano aperta o chiusa a pugno sullo sterno.

- Cause scatenanti: sforzo fisico, emozioni, pasti copiosi, esposizione al freddo, attività sessuale, somma di più di uno di questi fattori scatenanti.

Va ricordato che l'angina spontanea dà dolore a riposo o di notte (angina da decubito) e che spesso l'angina di Prinzmetal si manifesta ad orari fissi. Ciò pone problemi di diagnosi differenziale con il dolore dell'ulcera peptica, dell'esofagite, della colecistite (quando irradiato al petto o epigastrio).

  È bene accennare ad alcune particolari forme di angina le cui caratteristiche sono piuttosto "bizzarre":

-angina del primo sforzo:compare al mattino o all'inizio dello sforzo fisico;

-angina dopo sforzo; compare quando si interrompe lo sforzo, cioè nella prima fase di recupero;

 

-angina da accovacciamento: caratteristica di tale posizione;

-walk-through angina (camminare attraverso l'angina): scompare proseguendo la marcia o comunque lo sforzo;

-Cause aggravanti: non caratteristiche.

-Durata: solitamente pochi minuti.

-Manovre allevianti: cessare l'attività fisica; nelle forme notturne anche alzarsi dal letto (per diminuzione del ritorno venoso).

-Farmaci allevianti: nitroderivati sublinguali in 2 minuti (massimo 4) dopo l'assunzione. Occorre ricordare che tali farmaci rilasciano anche la muscolatura liscia dell'esofago e dello sfintere di Oddi, e possono pertanto far cessare un dolore a partenza da tali strutture.

-Sintomi di accompagnamento: senso di angoscia, sudorazione, nausea.

-Decorso nel tempo: anche nel paziente con angina già accertata l'andamento nel tempo del sintomo è un indice di "stabilità" o "instabilità" della malattia.

I criteri di "instabilità" dell'angina, che indicano una prognosi meno favorevole ed il rischio di infarto imminente, morte improvvisa, instatirarsi di angina cronica intrattabile, sono riassunti nella tab.01x.

-Altri elementi anamnestici: importante rilevare la presenza dei cosiddetti fattori di rischio coronarico, la cui positività fa aumentare le probabilità che il dolore riferito dal paziente sia di origine coronarica e può spingere verso ulteriori accertamenti. Tuttavia, l'assenza di fattori di rischio non permette di escludere la diagnosi di coronaropatia.

L'età e il sesso del paziente sono strettamente correlati con l'incidenza di angina; la tab.02x riporta la frequenza di coronaropatia in relazione ad età e sesso in caso di dolore toracico "tipico".

Esame obiettivo. L'esame obiettivo è poco significativo se non per escludere altre patologie. Durante la crisi dolorosa può comparire un 3° o un 4° tono o un soffio da insufficienza mitralica per transitoria disfunzione di un muscolo papillare.

Laboratorio. L'ECG eseguito durante la crisi può confermare la diagnosi. Spesso però il paziente giunge dal medico quando il dolore è cessato: l'ECG a riposo è normale nel 50% dei pazienti anginosi. La conferma diagnostica si ottiene in tali casi solo da altre indagini;

-ECG da sforzo (nell'angina da sforzo o mista);

-monitoraggio ECG secondo Holter (nelle forme di angina spontanea e notturna);

-scintigrafia miocardica;

-coronarografia.

 

 

Infarto miocardico acuto

 

Anamnesi

 

-Localizzazione: al centro del petto e/o all'epigastrio (è bene ricordare che il dolore epigastrico di lunga durata, associato a sintomi vegetativi, possibile espressione di un infarto della parete diaframmatica, è ancora troppo spesso scambiato per <`indigestione"); talvolta solo nelle sedi di irradiazione.

-Irradiazione: nel 30% dei casi alle braccia; più raramente alla mandibola, dorso, collo, addome. Può irradiare in alto fino all'occipite e in basso fino alla linea ombelicale trasversa.

- Qualità: solitamente simile al dolore anginoso, ma assai più intenso, è descritto come costrittivo, gravativo, dilaniante, urente.

- Cause scatenanti: l'insorgenza del dolore è solitamente improvvisa (più frequentemente nelle ore del mattino), solitamente senza relazione a sforzi fisici.

-Cause aggravanti: nessuna.

-Durata: oltre i 20 minuti.

-Manovre allevianti: nei casi in cui il dolore inizia durante uno sforzo fisico non regredisce con il riposo.

-Farmaci allevianti: scarsamente sensibile ai nitroderivati.

-Sintomi di accompagnamento: sono frequenti sudorazione, nausea, vomito; il paziente è spesso agitato con sensazione di morte imminente.

-Decorso nel tempo: il paziente può già avere sperimentato il dolore dell'infarto o dell'angina; in tale caso è utile fare riferimento all'esperienza precedente per confrontare le caratteristiche del dolore attuale.

-Altri elementi anamnestici: sono importanti sesso ed età del paziente: l'assenza di fattori di rischio coronarico non è una garanzia e non deve fuorviare dalla diagnosi di infarto.

Nota. In almeno il 15-20% dei casi l'infarto avviene senza dolore (specie nei pazienti diabetici ed anziani); in tale circostanza l'infarto può essere del tutto asintomatico o manifestarsi con i segni dello scompenso ventricolare sinistro, oppure con aritmia, sincope, improvviso calo pressorio, astenia o sudorazione improvvisa.

 

Esame obiettivo. Il paziente è spesso pallido, sudato, agitato, angosciato. La frequenza cardiaca e la pressione arteriosa possono variare ampiamente.

Sono spesso udibili un 3° o 4° tono, un soffio da insufficienza mitralica e transitoriamente sfregamenti pericardici; possono comparire i segni di una insufficienza ventricolare sinistra e più raramente destra.

 

Laboratorio. Abbiamo a disposizione tre gruppi di test:

1) ECG: è il più precoce e specifico, tuttavia presenta possibili falsi negativi e positivi. Un ECG del tutto normale esclude quasi con certezza la diagnosi di infarto miocardico acuto (IMA); i falsi negativi sono infatti circa l'1%. Nel 60% dei casi l'ECG evidenzia un sovraslivellamento del tratto ST o la comparsa di onde Q in più derivazioni. Un altro 25% dimostra manifestazioni ECGrafiche di ischemia, non presenti in precedenza. Nel restante 14% dei casi l'ECG evidenzia solamente la presenza di ischemia o necrosi pregressa, oppure varie alterazioni non specifiche.

  È evidente pertanto l'importanza di confrontare l'ECG attuale con quelli precedenti e di correlare l'ECG con i dati clinici: il solo tracciato comporterebbe infatti una mancata diagnosi di IMA nel 15% dei casi.

2) Dosaggio degli enzimi cardiaci (fig.02x), l'aumento delle CPK e dell'isoenzima cardiaco CK-MB si ha dopo 4-6 ore dall'evento ischemico; possiamo pertanto considerare tale esame una conferma diagnostica, ma è del tutto inutile nell'ottica di una ospedalizzazione immediata del paziente (il 50% della mortalità in fase acuta si ha nelle prime 2 ore in pazienti non ancora ospedalizzati) e di un "salvataggio del miocardio ischemico" permesso oggi dalla trombolisi (risultati buoni solo in fase acutissima, limite massimo di tempo 2a-3a ora).

Altro limite del dosaggio delle CPK sono i falsi positivi: iniezioni intramuscolari, traumi, attività fisica intensa, ictus ecc.

Da alcuni indagini risulta che una elevazione delle CPK si ha solo nel 40% dei pazienti con infarto miocardico all'atto dell'arrivo in ospedale, ma anche nel 20% dei pazienti con altra patologia.

Se consideriamo l'isoenzima CK-MB le percentuali scendono rispettivamente al 35 e 5%. Anche se sono state avanzate alcune proposte, si è ancora alla ricerca di un test di laboratorio, eseguibile di routine, dotato di precocità e specificità.

3) Indici non specifici di infiammazione e necrosi tissutale: la presenza di leucocitosi neutrofila e di aumento della VES è totalmente priva di specificità e di precocità.

 

 

Dolore causato da distruzione di tessuti

 

ANEURISMA DISSECANTE DELL'AORTA

 

Il dolore è provocato dallo scollamento, a livello della tonaca media, dell'intima dall'avventizia, nella quale sono contenute le terminazioni dolorifiche; le fibre afferenti corrono nei nervi cardiaci del simpatico in stretta correlazione con le fibre provenienti dal cuore.

 

Anamnesi. L'anamnesi può essere resa difficoltosa dalle condizioni critiche del paziente, ma gli elementi che si possono raccogliere sono spesso in grado di indirizzare verso l'esatta diagnosi.

-Localizzazione: il dolore è simile a quello dell'infarto miocardico. Nei casi in cui la dissecazione si estende distalamente, è tipicamente migrante: può iniziare al centro del petto e successivamente interessare il dorso, la regione lombare, l'addome, gli arti inferiori.

Non sono rari i casi in cui la dissecazione aortica simula una colica addominale o renale, oppure l'ischemia acuta di un arto.

-Irradiazione: può simulare l'infarto miocardico, ma più spesso si estende al dorso.

-Qualità: solitamente molto intenso, lacerante.

-Cause scatenanti: compare spontaneamente, all'improvviso.

-Cause aggravanti: nessuna.

-Durata: variabile, solitamente dura ore o giorni.

-Manovre allevianti: nessuna.

-Farmaci allevianti: oppiacei.

-Sintomi d'accompagnamento: il paziente è spesso agitato, visibilmente sofferente, sudato. Possono comparire sintomi causati dall'ischemia dei vari tronchi arteriosi a partenza dall'aorta (sincope, paresi, ischemia degli arti, infarto miocardico).

-Decorso nel tempo: non vi sono precedenti.

-Altri elementi anamnestici: fattori di rischio sono l'ipertensione arteriosa, l'età, la preesistenza di una valvola aortica bicuspide, di una coartazione aortica, la sindrome di Marfan.

 

Esame obiettivo. Importante la presenza di iposfigmia di uno o più polsi e/o di una pressione arteriosa differente agli arti. Ascoltatoriamente si può rilevare un soffio da insufficienza aortica, se la dissecazione interessa l'ostio valvolare.

 

Laboratorio .L'ECG è utile per escludere l'infarto miocardico (evento acuto con cui più spesso si pone il problema della diagnosi differenziale).

L'esame radiografico del torace può dimostrare un allargamento dell'ombra aortica.

Spesso è presente leucocitosi.

Diagnostici sono l'aortografia o l'angioTAC; qualche volta anche l'ecocardiogramma permette la diagnosi.

 

 

PNEUMOMEDIASTINO

 

L'aria può raggiungere il mediastino in conseguenza della perforazione di trachea, bronchi, esofago: per diffusione dalla faringe e dal peritoneo; come conseguenza di un trauma toracico, anche chirurgico; è descritto inoltre il pneumomediastino spontaneo, in cui l'aria si ritiene provenga dagli alveoli, attraverso l'interstizio polmonare e l'avventizia vascolare dell'ilo (senza causa apparente).

 

Anamnesi

 

-Localizzazione: retrosternale e infrascapolare.

-Irradiazione: può irradiare al collo e alle spalle.

-Qualità: intensità variabile, fino a un dolore molto intenso.

-Cause scatenanti: può comparire spontaneamente, ma talvolta fa seguito,a tosse, vomito, manovra di Valsalva, crisi d'asma.

-Cause aggravanti: cambiamenti di posizione; deglutizione se la causa è la rottura dell'esofago; la pressione sullo sterno e sulle apofisi spinose delle vertebre toraciche (specie in presenza di mediastinite).

-Durata: ore.

-Manovre allevianti: non specifiche.

—Farmaci allevianti: analgesici maggiori

-Sintomi d'accompagnamento: dispnea, febbre di tipo settico in caso di mediastinite.

-Decorso nel tempo: la forma spontenea, a differenza del pneumotorace, non è recidivante.

-Altri elementi anamnestici: accertare la presenza di cause favorenti (traumi, tumori esofagei o polmonari, vomito ripetuto, gastroscopia).

 

Esame obiettivo. Obiettivamente è spesso rilevabile un enfisema sottocutaneo nella parte alta del torace; ascoltatoria mente si possono apprezzare in qualche caso sul precordio rumori crepitanti sincroni con le pulsazioni cardiache (segno di Hamman).

 

Laboratorio. Leucocitosi neutrofila è spesso presente anche in assenza di mediastinite. Diagnostico è l'esame radiografico del torace in proiezione laterale: talora sono osservabili contemporaneamente alla falda aerea un pneumotorace e un versamento pleurico.

 

 

Dolore causato dall'irritazione delle tuniche sierose

 

PERICARDITE ACUTA

 

Il dolore della pericardite proviene dalla zona più bassa del pericardio parietale (l'unica provvista di fibre sensitive), che riceve l'innervazione sensitiva dal nervo frenico; spesso però è presente contemporaneamente un dolore pleurico.

Il dolore è frequente nelle forme infettive acute (virali) e nella sindrome di Dressler; meno frequente nella forma uremica, in caso di versamenti non infiammatori (neoplasie) e nelle forme croniche.

 

Anamnesi

 

-Localizzazione: al centro del petto, può associarsi ad un dolore pleurico.

-Irradiazione: alle spalle ed al collo; talvolta ai quadrati addominali superiori e alla regione lombare (simulante un dolore pancreatico o colecistico).

-Qualità: possono essere presenti due componenti: a) dolore continuo oppressivo simulante un infarto miocardico; b) dolore puntorio aggravato dal respiro.

-Cause scatenanti: può essere preceduto da un fatto influenzale intercorrente (giorni) o da un infarto miocardico (s. di Dressler).

-Cause aggravanti: è aggravato dal decubito supino o sul fianco sinistro e dalla pressione sul petto esercitata dalla mano aperta dall'esaminatore, da respiro, tosse e deglutizione.

-Durata: ore o giorni.

-Manovre allevianti: posizione seduta con busto piegato in avanti.

-Farmaci allevianti: antinfiammatori.

-Sintomi d'accompagnamento: febbricola.

-Decorso nel tempo: alcuni pazienti hanno pericarditi ricorrenti (virali, collagenopatiche).

-Altri elementi anamnestici: vedi cause scatenanti.

 

Esame obiettivo. L'obiettività può rivelare sfregamenti pericardici e/o pleurici; occorre notare la notevole variabilità in breve tempo del reperto. Come detto la pressione sul precordio accentua molto il dolore.

 

Laboratorio. L'ECG solitamente è diagnostico (sopraslivellamento del tratto ST); il laboratorio può fornirci altri elementi: presenza di leucocitosi e talora aumento delle CPK.

L'ecocardiogramma dimostra in alcuni casi la presenza di un versamento pericardico.

 

Nota. Il dolore pericardico può simulare l'IMA, ma talvolta una reazione pericardica si accompagna all'infarto transmurale, confondendo così le caratteristiche del dolore.

Il dolore origina dalla pleura parietale (ha come afferenze i nervi intercostali) e dalla pleura diaframmatica (nervo frenico).

 

 

PLEURITE

 

Il dolore origina dalla pleura parietale (ha come afferenze i nervi intercostali) e dalla pleura diaframmatica (nervo frenico).

 

Anamnesi:

-Localizzazione: parete toracica; ipocondrio (pleura delle basi polmonari).

-Irradiazione: collo e spalla, se è interessata la pleura diaframmatica.

-Qualità: puntorio.

-Cause scatenanti: atti respiratori, tosse, cambiamento dl posizione.

-Cause aggravanti: inizio graduale, spesso in corso di affezioni febbrili.

-Durata: ore o giorni.

-Manovre allevianti: decubito sul lato sano, respiro superficiale.

-Farmaci allevianti: antinfiammatori.

-Sintomi d'accompagnamento: tosse secca, febbre.

-Decorso nel tempo: non significativo

-Altri elementi anamnestici: febbre da giorni, affezioni polmonari, collagenopatia.

 

Esame obiettivo. Obiettivamente si possono ascoltare sfregamenti pleurici, eventualmente associati a segni di polmonite.

 

 

Laboratorio. L'esame radiografico del torace può confermare la presenza di un focolaio di addensamento polmonare e/o di un versamento pleurico.

  È bene ricordare però che il dolore pleurico può coesistere con una radiografia normale (fig.03x).

 

 

PNEUMOTORACE SPONTANEO

 

Il dolore è di tipo pleurico, insorge improvvisamente, spesso in maniera violenta (a pugnalata); può essere scatenato da un colpo di tosse o da uno sforzo fisico; spesso si associa a dispnea.

Il pnx spontaneo colpisce con maggiore frequenza soggetti leptosomici di età tra i 20 ed i 40 anni, talvolta è recidivante.

L'obiettività è clamorosa nelle forme massive, ma può essere muta in caso di piccoli pnx. L'esame diagnostico è l'Rx del torace in piedi; nei piccoli pnx la visualizzazione della falda aerea è favorita dall'esecuzione dell'esame alla fine di una espirazione massimale.

 

 

EMBOLIA POLMONARE

 

Il quadro clinico dell'embolia polmonare è assai vario, a seconda che si tratti di una forma massiva o di piccoli (e spesso multipli) emboli che si arrestano alla periferia del letto arterioso.

Nel primo caso il dolore è simile a quello dell'infarto miocardico e deriva dalla distensione acuta dell'arteria polmonare e probabilmente anche dall'ischemia cardiaca che ne consegue (13% dei casi di embolia polmonare); nel secondo caso il dolore è di origine pleurica (66% dei casi).

Anche se complessivamente le percentuali riferite sommano a circa l'80%, va ricordato che raramente il sintomo d'esordio dell'embolia polmonare (specie nelle forme periferiche) è il dolore toracico; questo, quando compare, è solitamente tardivo.

Di estrema importanza, comunque, nel sospettare la diagnosi sono i segni e sintomi di accompagnamento (vedi tab.03x), la presenza di trombosi venosa profonda (50% dei casi) o di fattori di rischio per la stessa (vedi tab.04x).

Nel caso di embolia massiva il quadro clinico è molto grave e non vi sono dubbi sull'opportunità del ricovero immediato. Tuttavia, anche nel sospetto di piccoli emboli è necessario inviare il paziente in ospedale con urgenza.

La conferma diagnostica verrà dall'ECG, emogasanalisi, Rx torace, scintigrafia polmonare, eventuale arteriografia polmonare; l'ecocardiogramma può essere di qualche utilità.

 

 

DOLORE ESOFAGEO

 

Il dolore esofageo più frequentemente è causato da irritazione chimica della mucosa (acido gastrico) e/o dallo spasmo della muscolatura liscia. Le afferenze dall'esofago viaggiano con il vago e con il simpatico (ganglio cervicale inferiore e primi nove gangli toracici); hanno pertanto un'ampia distribuzione.

 

Anamnesi

-Localizzazione: toracica profonda.

-Irradiazione: intrascapolare, alla mandibola, al collo ed alle spalle.

-Qualità: gravativo o urente, a volte molto intenso.

-Cause scatenanti ed aggravanti : il dolore che compare con la deglutizione (odinofagia) è caratteristico dell'esofagite non da reflusso (moniliasi), dell'ulcera peptica esofagea, del carcinoma e della perforazione.

Il dolore dell'esofagite da reflusso è scatenato o aggravato da cibi acidi, fumo, caffè, alcoolici; può comparire solo in clinostatismo, piegando il tronco in avanti (ad esempio allacciandosi le scarpe), dopo i pasti.

Il dolore dello spasmo esofageo può comparire a riposo, con la deglutizione o lo stress.

-Durata: minuti o ore. Il dolore causato dall'interessamento delle strutture perisofagee in caso di ulcera  o carcinoma può essere continuo e tenebrante.

-Manovre allevianti: ingestione di latte e acqua.

-Farmaci allevianti: antiacidi, trinitrina.

-Sintomi d'accompagnamento: disfagia, eruttazioni acide, rigurgito di cibo.

-Decorso nel tempo: spesso è cronico o recidivante.

-Altri elementi anamnestici: malattie esofagee già accertate (esofagite da reflusso o da raggi, ulcera, ernia iatale, diverticoli, acalasia ecc.); neuropatia diabetica; farmaci colinergici e anticolinergici (possono causare anomalie della motilità esofagea).

 

Esame obiettivo. L'obiettività non è significativa.

 

Laboratorio. Utile per la diagnosi sono l'esame radiografico dell'esofago con manovra di Trendelenburg, l'esofagogastroscopia, la Ph-metria e la manometria esofagea, il test di perfusione acida (di Bernstein).

Nota. Dimostrare la presenza di un'ernia iatale e/o di un reflusso gastro-esofageo non permette di escludere la presenza contemporanea di una cardiopatia ischemica.

 

 

Dolore polmonare

 

  È possibile provocare dolore solo stimolando la trachea od i grossi bronchi; la restante parte dell'albero bronchiale, il parenchima polmonare e la pleura viscerale non posseggono terminazioni sensibili al dolore. Una flogosi delle grosse vie aeree (tracheo-bronchite) può causare un dolore urente o costrittivo retrosternale, accentuato dal respiro (specie dall'aria fredda), con tosse e possibile quadro di tipo influenzale.

 

 

Dolore a partenza dalla gabbia toracica o dagli arti superiori

 

Questo tipo di dolore è il più frequente "dolore toracico anteriore" con cui ci si imbatte nella pratica clinica, può originare da numerose strutture: cute, muscoli, ossa, articolazioni, nervi; le principali cause sono riassunte nella tab.05x. Le vie afferenti sono i nervi cutanei ed intercostali. Anche se l'eziologia è varia, le caratteristiche del dolore sono spesso comuni; elenchiamo gli aspetti più importanti.

 

Anamnesi

-Localizzazione: più spesso al precordio, piuttosto localizzato.

-Irradiazione: può interessare la spalla ed il braccio in caso di radicolite, nevralgia del plesso brachiale, sindrome spalla-mano.

-Qualità: spesso trafittivo, ma talvolta si accompagna a tensione se è presente uno spasmo del muscolo pettorale o intercostale.

-Cause scatenanti: può insorgere spontaneamente, ma talvolta fa seguito ad eccessiva attività fisica, viaggi in auto prolungati, trasporto di pesi con il braccio lungo il corpo (ad esempio valigia: diagnosi differenziale con l'angina da sforzo) , esposizione al freddo.

-Cause aggravanti: movimenti del tronco e del braccio, atti respiratori, tosse, pressione locale.

-Durata: secondi oppure ore 0 giorni; solitamente è troppo breve o troppo lungo per essere di tipo anginoso.

-Farmaci allevianti: antinfiammatori, infiltrazione nell'area dolente di un anestetico locale.

-Sintomi d'accompagnamento: talvolta stato d'ansia.

-Decorso nel tempo: può essere recidivante.

-Altri elementi anamnestici: si associa a spondiloartrosi, costa sovrannumeraria, artriti, pregresso infarto miocardico (sindrome spalla-mano), trauma toracico.

Nota. I dolori della parete toracica sono quelli che più spesso vengono scambiati per dolore di origine cardiaca; è vero, tuttavia, anche il contrario. Inoltre, data la relativa frequenza di entrambi, è tutt’altro che improbabile la loro coesistenza in alcuni pazienti.

 

Esame obiettivo. Il paziente spesso indica con una o due dita sul precordio la zona dolente.

Molto importante è la palpazione delle articolazioni costo-condrali e condrosternali ed i muscoli intercostali e pettorali, alla ricerca di punti elettivamente dolorosi.

In alcuni rari casi le articolazioni suddette appaiono edematose, calde ed arrossate (sindrome di Tietze).

 

 

Laboratorio. La normalità dell'ECG durante il dolore è spesso diagnostica. Nei casi dubbi può essere necessario ricorrere alla prova da sforzo ed alla scintigrafia miocardica.

Utile ex juvantibus la somministrazione di trinitrina, confrontata con quella di un antinfiammatorio.

 

 

Dolore proveniente da organi non toracici

 

Si ritiene che il 10-20% dei dolori toracici originino in realtà da organi addominali.

Elenchiamo brevemente le cause più frequenti con qualche cenno orientativo.

Distensione gastrica da aerofagia o da eccessi alimentari: si può associare a palpitazione, nausea, dispnea.

Ernia iatale: come prima.

Ulcera peptica: il dolore è spesso in relazione temporale con i pasti e regredisce con il cibo e gli antiacidi.

Colecistopatie croniche: il dolore può irradiare al dorso e alle spalle; nelle forme croniche è spesso in rapporto temporale con i pasti: può insorgere dopo alcune ore dalla cena, simulando un'angina da decubito.

Distensione delle flessure coliche: può causare un dolore solo toracico.

Affezioni acute in grado di simulare talvolta l'infarto per l'intensità del dolore, la gravità del quadro clinico ed il corteo sintomatologico di accompagnamento sono la pancreatite acuta, la colecistite acuta, la perforazione di ulcera.

Nota.   È possibile che un'onda di lesione compaia in alcuni casi di pancreatite acuta o addome acuto, fuorviando verso una diagnosi di infarto miocardico.

 

 

Dolore da disturbi emotivi

 

  È una causa assai frequente di dolore toracico; si ritiene che sia almeno in parte legato all'aumento del tono ed allo spasmo muscolare conseguente all'iperventilazione.

 

Anamnesi

-Localizzazione: al petto, più spesso alla punta del cuore o al precordio.

-Irradiazione: no.

-Qualità: è definito "tensione","dolore trafittivo".

-Cause scatenanti: spesso non riconosciute dal paziente, compare dopo stress emotivi o affaticamento.

-Cause aggravanti: non c'è relazione diretta con lo sforzo fisico.

-Durata: solitamente ore; talvolta si tratta di dolori trafittivi di brevissima durata.

-Manovre e farmaci allevianti: rassicurazione.

-Sintomi d'accompagnamento: parestesie formicolanti, stato d'ansia, dispnea, costrizione al collo.

-Decorso nel tempo: la sintomatologia può essere ricorrente.

-Altri elementi anamnestici: stati d'ansia; spesso età giovanile.

 

Esame obiettivo. L'obiettività non è significativa. Può accentuare il dolore la pressione sulla muscolatura contratta.

 

Laboratorio. Da notare che l'ECG presenta in alcuni casi modeste anomalie della ripolarizzazione, verosimilmente legate all'iperventilazione, alla tachicardia o all'iperattività simpatica; ciò non deve avvalorare l'ipotesi di cardiopatia ischemica.

 

 

CARTE DI FLUSSO DIAGNOSTICO NEL PAZIENTE CON DOLORE TORACICO

 

Poiché il paziente si presenta dal medico riferendo un sintomo e non una malattia, è importante che il ragionamento che porterà alla diagnosi parta appunto dal quadro clinico.

In questa Sezione abbiamo schematizzato il procedimento diagnostico in "carte di flusso diagnostico", per fornire una guida al ragionamento deduttivo.

Il limite maggiore di queste "carte" è che non tengono in considerazione tutte le variabili individuali e tutto il polimorfismo clinico con cui una patologia può presentarsi.

A tale carenza deve supplire il medico con la sua cultura e la sua esperienza.      

 

 

 

G. PANDOLFO

Professore Associato di Metodologia Clinica

Università di Torino

 

B. TARTAGLINO

Divisione di Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso

Ospedale Maggiore di San Giovanni Battista

E della Città di Torino, Sede Molinette

 

 

 

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