HOME PAGE CARLOANIBALDI.COM HOME PAGE ANIBALDI.IT
|
ARGOMENTI DI MEDICINA CLINICA
VAI ALL'INDICE
Ultimo aggiornamento: 21.09.2008
mail to Webmaster
Si
definisce polmonite l'insieme di tutti i processi infettivi acuti a sede
polmonare caratterizzati da essudazione endoalveolare, peribronchiale ed
interstiziale, aventi diversa eziologia (batterica, virale o similvirale),
qualunque sia la loro estensione. Si tende infatti a dare meno importanza, oggi,
alla classica distinzione anatomoclinica in forme polmonitiche e
broncopolmonitiche con cui si usava disunguere le infezioni batteriche del
polmone nel passato in base appunto all'estensione del processo. Non si ritiene
quindi pratico ed utile disunguere le infezioni del parenchima polmonare in
forme polmonitiche e broncopolmonitiche: di conseguenza in questa rassegna
verranno prese in considerazione le varie forme di polmonite distinte unicamente
sulla base della loro eziologia.
Anche
nell'ambito delle infezioni broncopolmonari si parla oggi di polmoniti
emergenti: si tratta sia di infezioni sostenute da patogeni "nuovi",
in quanto la loro importanza è stata riconosciuta solo recentemente, sia di
infezioni in "nuovi" pazienti, vale a dire categorie di soggetti
portatori di deficit immunologici primitivi o secondari all'impiego di terapie
altamente immunosoppressive, come sono quelle eseguite con antiblastici o la
terapia radiante. I mezzi diagnostici e terapeutici oggi disponibili consentono
una aumentata sopravvivenza di tali pazienti, mentre si osserva parallelamente
il modificarsi della composizione della popolazione, nel senso di una tendenza
al prevalere di una popolazione anziana. Il diffondersi di particolari abitudini
comportamentali quali l'eulismo e la tossicodipendenza, rappresentano altri
fattori che portano e potranno portare modificazioni nel decorso delle malattie
da infezione e nell'epidemiologia di molte di esse.
In
queste particolari categorie di soggetti prevalgono quali agenti eziologici
delle infezioni respiratorie le specie microbiche definite
"emergenti", fra le quali vi sono specie già note che hanno però
acquisito caratteristiche particolari (resistenza agli antibiotici, ruolo da
saprofita a patogeno ecc.) (tab.01
È consuetudine suddividere le polmoniti in forme acquisite in comunità
e forme nosocomiali; tale distinzione ha importanza da un punto di vista
epidemiologico, e soprattutto nella prospettiva di una impostazione empirica del
trattamento. Infatti, in assenza di una diagnosi eziologica di certezza, la
conoscenza dell'epidemiologia delle infezioni respiratorie può aiutare, insieme
naturalmente ai dati clinici, a riconoscere quale potrebbe essere l'agente
eziologico più probabile, ed a scegliere quindi il trattamento più opportuno.
L'eziologia
delle polmoniti può essere molto varia: l'incidenza delle varie specie è
strettamente correlata con l'ambiente considerato (comunità, ospedale), con
l'età del soggetto, con le condizioni del sistema immunitario ecc. Il prevalere
delle varie specie si è modificato nel corso degli anni, proprio in
considerazione dei motivi più sopra ricordati. In particolare le specie
definite "emergenti" assumono oggi particolare rilievo nei pazienti
immunocompromessi, anche se si può parlare di patogeni "emergenti"
anche per la popolazione immunocompetente o comunque non vistosamente
immunodepressa.
Basti
pensare, a tale proposito, al concetto di polmonite cosiddetta
"atipica": questa rappresenta circa il 30-80% delle polmoniti della
comunità. Dalla fine degli anni '30 fino agli inizi degli anni '60 si definiva
polmonite atipica quella non sostenuta dal pneumococco; nel 1961 è stato
isolato e riconosciuto per la prima volta il Mycoplasma pneumoniae, e quindi si
sono attribuite a questo microrganismo le forme di polmonite cosiddetta atipica.
Successivamente si è potuto osservare che molti microrganismi potevano esserne
responsabili, e ciò è avvenuto grazie alle più affinate metodiche
diagnostiche di cui ci si è andati avvalendo nel corso degli anni. Anche se non
esiste a tutt'oggi una definizione ufficiale di polmonite atipica, tuttavia si
fa comunemente riferimento con questo termine alle infezioni sostenute da
microrganismi non facilmente isolabili dalla coltura dell'espettorato eseguita
con i metodi convenzionali. L'elenco di tali microrganismi si è ampliato nel
tempo (tab.02 È
piuttosto difficile valutare la reale incidenza della polmonite pneumococcica,
dal momento che in questi casi la diagnosi si basa quasi esclusivamente su
criteri clinici e non tanto su indagini microbiologiche sulle secrezioni
bronchiali. In tale senso i dati riportati dalla letteratura sono piuttosto
discordanti (tab.03 ). Si possono avere dati più attendibili se si fa riferimento a
statistiche relative a pazienti che hanno richiesto il ricovero. Prima del
riconoscimento delle forme da Legionella, la polmonite pneumococcica
rappresentava dal 2 al 95% delle polmoniti batteriche,mentre le forme virali, da
micoplasma e da clamidia erano molto meno frequenti (5-6%). Dopo la scoperta
della legionellosi l'incidenza della polmonite pneumococcica è rimasta pressoché
invariata, mentre la percentuale delle forme attribuite alla Legionella varia
dallo O al 60%. In realtà, dal momento che queste statistiche sono state
condotte su pazienti con forme acquisite in comunità che hanno però richiesto
il ricovero, è molto probabile che fra questi fossero compresi soggetti con
patologie predisponenti ad un determinato tipo di infezione.
Infatti
molti Autori ritengono più verosimile che almeno il 50% dei casi di polmonite
in pazienti ambulatoriali siano sostenute da virus o micoplasma; i soggetti che
hanno avuto un recente episodio influenzale sono maggiormente predisposti ad
infezione da H. influenzae, Staph. aureus, Strept. pneumoniae, mentre negli
etilisti sono frequentemente agenti eziologici della polmonite Klebsiella
pneumoniae, Staph. aureus, H. influenzae e Bacieroides spp.
Fra
gli agenti eziologici per così dire "nuovi" delle polmoniti in
comunità vi sono, oltre alla Legionella pneumophila, anche altre specie Gram-
negative e Gram -positive (tab.04
Negli
anziani che vivono in case di ricovero spesso la polmonite è sostenuta da
Enterobacteriaceae o da H. influenzae, mentre tra i soggetti giovani che vivono
in comunità (collegi, caserme ecc.) sono più frequenti le forme sostenute da
M. pneumoniae o da Chlamydia pneumoniae, una nuova specie di Chlamydia,
inizialmente considerata un ceppo di C. psittaci, la cui reale incidenza nel
nostro Paese deve ancora essere definita. Sempre fra i patogeni
"emergenti" per le polmoniti in comunità consideriamo la Moraxella
catarrhalis (già nota come Branhamella catarrbalis o come Neisseria
catarrbalis), specie con nuove caratteristiche epidemiologiche: infatti, da
semplice commensale del cavo orofaringeo, assume con frequenza crescente un
ruolo patogeno soprattutto negli anziani, ed in particolare nei
broncopneumopatici cronici.
Le
polmoniti nosocomiali sono tra le più frequenti infezioni acquisite in ambiente
ospedaliero, con un'incidenza che raggiunge il 20% nei reparti di terapia
intensiva. Anche in questo caso è difficile stabilire l'esatta incidenza della
polmonite: questa è certamente più elevata nel paziente ventilato, compresa
tra il 7 e il 41% circa.
La
grande variabilità dell'incidenza in questo caso è imputabile ai metodi
diagnostici adottati: è molto elevata se si considera solo il dato
clinico-radiologico, ma si attesta sul 10% circa se la diagnosi viene formulata
con criteri più selettivi, utilizzando indagini microbiologiche sul
broncoaspirato eseguito con catetere protetto.
Gli
agenti eziologici più frequenti sono i bacilli Gram-negativi: sono in aumento
le forme sostenute da Ps. aeruginosa, da Serratia sp. e da Acinetobacter
calcoaceticus, come pure quelle da Klebsiella ed Enterobacter, mentre sembrano
ridotte le forme da E. coli e Protens sp. Tra i Grampositivi, la specie più
comunemente responsabile di polmoniti nosocomiali è lo Staph. aureus la cui
incidenza si è mantenuta pressoché costante nel corso degli anni (tab.05
Si
è osservato recentemente che Legionella pneumophila può rendersi responsabile
di epidemie anche in ambiente nosocomiale e non soltanto nella comunità: alcuni
Autori riportano un'incidenza delle polmoniti nosocomiali da Legionella pari al
30%.
L'instaurarsi
di una polmonite batterica è condizionato da un lato dalla colonizzazione delle
alte vie respiratorie da parte di microrganismi potenzialmente patogeni,
dall'altro da una compromissione dei meccanismi di difesa dell'apparato
respiratorio. Infatti alterazioni a vari livelli dei meccanismi di difesa del
polmone possono comportare un'aumentata suscettibilità ad alcune infezioni.
Tali difetti possono interessare le difese meccaniche del polmone (dearance
mucociliare, tosse) come pure le componenti umorali del sistema di difesa
(immunoglobuline, transferrina, lisozima, surfattante) e cellulari (macrofagi,
granulociti polimorfonucleati).
L'eziologia
di un'infezione bronco-polmonare dipenderà dal tipo e dal grado di alterazione
dei meccanismi di difesa come pure dal tipo di microrganismo che colonizza
l'orofaringe.
Le
polmoniti da cocchi Gram-positivi fanno seguito in genere alla colonizzazione
delle vie aeree superiori da parte di queste specie. Le infezioni virali e da
micoplasma sembrano predisporre alla polmonite batterica; in realtà tale
associazione è stata sino ad ora dimostrata con certezza solo per il virus
influenzale di tipo A. È
possibile che le tossine prodotte dal pneumococco svolgano un ruolo nella
patogenesi della polmonite pneumococcica, mentre le tossine proteolitiche
prodotte da Staph. aureus e Strept. pyogenes sono corresponsabili della necrosi
e della tendenza all'ascessualizzazione tipiche di queste forme di polmonite.
Nella patogenesi della polmonite da H. influenzae giocano un importante ruolo
patogenetico alcuni difetti dei meccanismi di difesa che si riscontrano in
alcune categorie di soggetti (diabetici, etilisti, soggetti con deficit di IgG).
H.
influenzae è produttore di una proteasi che distrugge le IgA1 favorendo forse
in tal modo la colonizzazione delle alte vie respiratorie. La polmonite da M.
pueumoniae può conseguire all'inalazione di materiale infetto proveniente da un
paziente con malattia in fase acuta, ma è più vero simile che alterazioni dei
meccanismi di difesa giochino un ruolo ben più fondamentale in tal senso.
Per
le polmoniti sostenute da Enterobacieriaceae sono fattori predisponenti
l'etilismo, la tossicodipendenza, l'immunodepressione ecc.; il momento
patogenetico più importante è rappresentato dall'aspirazione di secrezioni
orofaringee colonizzate da queste specie.
Per
quanto riguarda la polmonite da Legionella pneumophila è determinante nella
patogenesi di questa forma la capacità del microrganismo di sopravvivere e
moltiplicarsi nei monociti circolanti e nei macrofagi alveolari grazie alla
produzione di eso- ed endotossine, che, probabilmente, condizionano anche le
manifestazioni sistemiche della malattia.
Per
quanto concerne le polmoniti nosocomiali tra i più importanti fattori di
rischio vi è l'intubazione endotracheale, che provocando traumatismi della
mucosa tracheale, favorisce la colonizzazione batterica delle prime vie aeree,
già nei primi giorni successivi al ricovero.
Le
specie che colonizzano l'orofaringe possono avere un'origine endogena oppure
possono provenire dall'ambiente, veicolate in genere dalle mani del personale
medico e paramedico. Sembra che una riduzione del pH gastrico possa favorire una
eccessiva crescita batterica a livello delle parti alte del tratto digerente, ed
in tal senso rappresenta quindi un ulteriore fattore di rischio per la
colonizzazione dell'orofaringe e successivamente per l'instaurarsi della
polmonite.
La
diagnosi di certezza si basa naturalmente sull'identificazione dell'agente
eziologico isolato da idoneo materiale patologico. Non sempre ciò risulta
possibile, sia perché quando si opera sul territorio non è possibile in genere
avvalersi dell'aiuto del laboratorio, sia perché l'agente eziologico può non
risultare facilmente coltivabile ed isolabile dalle secrezioni bronchiali, come
nel caso delle infezioni virali.
Quindi
diverso sarà l'atteggiamento a seconda che si sospetti una polmonite batterica
o una polmonite virale. Nel primo caso infatti si cercherà, ove possibile, di
isolare il microrganismo responsabile dell'infezione dalle secrezioni bronchiali
o da altro materiale patologico, mentre si farà ricorso a metodi alternativi
alla coltura nel caso in cui si voglia eseguire una diagnosi rapida (es.
microrganismi a lenta crescita) o nel caso in cui l'agente eziologico sia
difficilmente coltivabile sui terreni comuni di coltura.
Nel
caso in cui si sospetti invece una infezione virale, non essendo tutti i
laboratori adeguatamente attrezzati per l'isolamento e la coltura del virus, ci
si dovrà avvalere per lo più di metodiche che dimostrino indirettamente la
presenza del virus.
Il
primo approccio che si ha con il paziente è di tipo clinico: quindi è molto
importante la raccolta dell'anamnesi, l'osservazione del quadro clinico, la
rilevazione dei dati obiettivi e, naturalmente, l'osservazione del quadro
radiografico. Sono tutti elementi di valore non assoluto ma che possono fornire
un orientamento diagnostico, quanto meno verso forme batteriche e non
batteriche, e quindi indirizzare alla scelta degli accertamenti di laboratorio
più opportuni.
Nelle
polmoniti batteriche, come pure in molte altre forme di polmonite, è comunque
sempre indicato l'esame batteriologico dell'espettorato e/o delle secrezioni
bronchiali raccolte con metodi più o meno invasivi.
Se
le indagini microbiologiche vengono eseguite sull'espettorato è importante
osservare alcuni criteri per garantire l'attendibilità del campione (tab.06
Infatti
l'orofaringe è colonizzato da specie aerobie ed anaerobie a cui si attribuisce
un ruolo patogeno in genere essendo comunemente associate ad infezioni acute
dell'apparato respiratorio. Ciò vale ad esempio per Strept. pueumoniae, Staph.
aureus, H influenzae e per alcuni bacilli Gram-negativi. Il fatto però di
isolarle dall'espettorato non ha necessariamente significato patologico: si
tratta infatti di stabilire se queste specie sono presenti con ruolo di patogeni
oppure di semplici colonizzatori del cavo orofaringeo.
È quindi importante sapere se il materiale che si è raccolto proviene
realmente dalle vie aeree inferiori oppure se è costituito solo da secrezioni
delle alte vie respiratorie.Per far sì che il campione sia valido è necessario
osservare alcuni criteri fondamentali, tra i quali far precedere alla raccolta
dell'espettorato un accurato lavaggio del cavo orale con fisiologica sterile ed
eventualmente, secondo alcuni Autori, occludere i dotti delle ghiandole salivari
con tamponi di ovatta per evitare la contaminazione da parte della saliva.
Si
fa quindi precedere alla coltura del campione l'esame microscopico di uno
striscio dell'espettorato del quale si valuta la componente cellulare: la
prevalenza di cellule epiteliali squamose indica che il materiale proviene in
buona parte dal cavo orale e che quindi vi è contaminazione orofaringea, mentre
la presenza di cellule infiammatorie depone per una validità del campione che
proviene dalle vie aeree inferiori. Fra i vari criteri interpretativi proposti
per la valutazione del campione di espettorato uno dei più seguiti e più
validi è quello di Bartlett (tab.07
Dal
momento che le vie aeree al di sotto delle corde vocali nel soggetto normale
sono sterili, le tecniche diagnostiche che consentono di raccogliere campioni di
secrezioni bronchiali al di sotto della cartilagine cricoidea daranno
informazioni più accettabili. Infatti l'unica metodica di raccolta delle
secrezioni bronchiali che evita la contaminazione orofaringea è la puntura
transtracheale, che risulta però un po' indaginosa e non sempre ben tollerata
dal paziente, per cui la si riserva a casi in cui vi sia un'indicazione ben
precisa all'esecuzione, ad esempio nel sospetto di un'infezione da anaerobi o
nel caso di un paziente in stato comatoso che non espettori.
Anche
se si esegue un broncoaspirato in corso di fibrobroncoscopia non si elimina del
tutto la contaminazione orofaringea che si verifica durante il passaggio dello
strumento attraverso le vie aeree superiori. Si può superare la limitazione
della metodica facendo uso di cateteri "protetti" per effettuare il
prelievo.
La
tecnica del lavaggio broncoalveolare si è rilevata particolarmente utile ed
attendibile nella ricerca della Pneumocystis carinii ed anche del
Cytomegalovirus, oltre che di altri patogeni respiratori. In alcuni casi è
necessario ottenere campioni di tessuto polmonare, soprattutto nel sospetto di
infezioni da germi opportunisti in pazienti immunodepressi.
Vi
sono altre metodiche in diagnostica microbiologica che vengono proposte oggi in
alternativa ai metodi maggiormente utilizzati.
Ne
è un esempio la possibilità di ricercare prodotti del metabolismo batterico
con la gascromatografia, la radiometria, oppure di ricercare antigeni microbici
nei liquidi organici con test di agglutinazione al latex, immunodiffusione,
controimmunoelettroforesi, immunofluorescenza, ELISA, RIA, o con l'impiego di
anticorpi monoclonali.
Si
possono ricercare prodotti del metabolismo microbico direttamente nel campione
patologico (espettorato, liquido pleurico ecc.): acidi grassi a catena corta
degli anaerobi nel pus, arabinitolo e mannosio nel siero nelle infezioni da
Candida, l'acido tubercolostearico nell'espettorato e nel liquor cerebrospinale
nella tubercolosi polmonare e meningea ecc.
Tra
le tecniche più nuove e certamente più promettenti vi è la possibilità di
impiegare sonde di DNA; con questa metodica si ottengono risultati in tempi
molto brevi, con un buon livello di sensibilità e specificità. Sono già
disponibili negli Stati Uniti sonde per la ricerca di legionelle, micoplasmi e
micobatteri. La disponibilità e l'applicabilità di queste metodiche
indubbiamente forniranno un notevole contributo ai fini diagnostici.Sono stati
sviluppati anche metodi rapidi automatizzati particolarmente utili per la
determinazione della sensibilità agli antibiotici delle specie isolate: questi
sistemi, a tipo Autobac, MS2, AMS, vengono utilizzati soprattutto per la
determinazione della sensibilità in vitro dei micobatteri agli antitubercolari.
Per
quanto riguarda invece la determinazione della sensibilità agli antibiotici
delle specie batteriche che vengono isolate dal materiale patologico, possono
essere utilizzati vari metodi, di cui quello più comunemente adottato è quello
della diffusione in Agar secondo Kirby-Bauer.
Se
questi in breve sono gli aspetti epidemiologici, patogenetici e diagnostici che
riguardano le infezioni broncopolmonari in genere, le varie forme di polmonite
hanno caratteristiche particolari che le contraddistinguono e che verranno qui
di seguito brevemente descritte.
Il
quadro clinico della polmonite pneumococcica si discosta oggi molto spesso da
quello considerato tradizionale per esordio, decorso e aspetto radiografico.
Questa
forma di polmonite ha un esordio tipicamente brusco, con febbre elevata (39-41°),
brividi, tachignea, cianosi, dolore puntorio toracico, tosse dapprima secca e
poi produttiva con espettorato mucopurulento o addirittura "rugginoso"
o "croceo". Se questo è il quadro classico che colpisce in genere i
soggetti maschi, adulti, nell'anziano, nell'etilista, nel broncopneumopatico
cronico e nel cardiopatico si osservano spesso quadri sfumati, ad esordio e
decorso più insidiosi.
Talvolta
di associa a questa infezione l'herpes labiale, che, sia pur considerato
classico sintomo di accompagnamento della polmonite pneumococcica, può essere
associato anche ad altre infezioni polmonari gravi. L'obiettività toracica
nelle fasi precoci della malattia può non dare informazioni significative.
Successivamente si possono apprezzare i seguenti reperti, anche se Aon
rappresentano aspetti costanti: ottusità alla percussione, aumento del FVT, ed
all'ascoltazione sfregamenti pleurici, rantoli crepitanti nella sede
dell'addensamento, eventualmente soffio bronchiale. Se è presente versamento
pleurico o empiema, si apprezzerà ottusità alla percussione, riduzione del
FVT, riduzione del murmure vescicolare.
Per
quanto riguarda l'aspetto radiografico oggi si osserva con sempre minor
frequenza il tipico interessamento lobare, dal momento che la somministrazione
tempestiva di antibiotici arresta l'evoluzione del processo infettivo.
È piuttosto frequente un quadro caratterizzato da addensamenti sfumati.
Dal
punto di vista delle indagini di laboratorio si osserva spesso leucocitosi,
neutrofilia (globuli bianchi 15.000-30.000/mm al cubo, PMN neutrofili 70-90%).
In
molti casi l'esame microscopico diretto di uno striscio di espettorato evidenzia
la presenza di diplococchi Grampositivi, molto suggestiva per la diagnosi.
Attualmente
si riconoscono 84 tipi di pneumococchi, differenziabili sulla base della diversa
composizione polisaccaridica della capsula. Circa il 40% della popolazione
normale ne è portatrice a livello del rinofaringe: l'infezione si verifica in
occasione di una caduta dei meccanismi di difesa del soggetto.
La
coltura dell'espettorato risulta frequentemente negativa, o per errori tecnici o
perché il paziente spesso ha già ricevuto qualche dose di antibiotico a
domicilio. Di fondamentale importanza è l'esecuzione di emocolture seriate.
Per
quanto riguarda il trattamento, il pneumococco ha mantenuto inalterata la
sensibilità alla penicillina G, che rimane dunque il farmaco di prima scelta.
Anche
l'ampicillina e derivati e le acilureidopenicilline risultano attive in vivo an
che se la sensibilità del pneumo-cocco in vitro a questi derivati risulta
inferiore a quella della penicillina G.
Sono
oggi in aumento ceppi di pneumococco tolleranti alla penicillina, vale a dire
moderatamente sensibili ad essa, per cui è bene attuare una sorveglianza in
questo senso.
Fortunatamente
non sono stati isolati ancora nel nostro Paese ceppi resistenti alla
penicillina, come si è invece verificato altrove. Negli Stati Uniti i ceppi
penicillino-resistenti sono causa di polmonite in pazienti affetti da AIDS.
In
casi di ipersensibilità alle penicilline si possono impiegare nella polmonite
pneumococcica cefalosporine (solo il 10 % dei pazienti allergici alle
penicilline lo sono anche alle cefalosporine), macrolidi (eritromicina o i
derivati più recenti), tetracicline, lincomicina, fluorochinoloni. Il 20-30%
dei ceppi di Strept. pneumoniae sono resistenti alle tetracicline.
La
polmonite streptococcica in genere rappresenta una complicanza dell'influenza,
del morbillo, della scarlattina o di un'infezione streptococcica del faringe: ne
è più frequentemente responsabile lo Strept. beta-haemolyticus di gruppo C e G
e lo Strept. alpha haemolyticus, più raramente lo Strept. pyogenes ( 1% dei
casi). Lo stato di portatore a livello del rinofaringe per gli streptococchi è
poco frequente. Sono considerati fattori predisponenti il diabete mellito,
alterazioni neurologiche, le broncopneumopatie croniche ostruttive, le neoplasie
e l'etilismo.
L'infezione
si verifica più frequentemente nei mesi invernali ed all'inizio della
primavera. Questa forma è pressoché indistinguibile dalla polmonite
pneumococcica, anche se vi si associa con maggior frequenza versamento pleurico
ed empiema; non è infrequente la formazione di ascessi provocati dalle numerose
tossine proteolitiche elaborate da questa specie.
Il
quadro radiografico evidenzia in genere la presenza di focolai multipli
bilaterali, con tendenza alla diffusione del processo anche alla pleura.
L'osservazione
microscopica diretta di uno striscio di espettorato evidenzia gli streptococchi
disposti a coppie o in catenelle.
La
terapia della polmonite streptococcica può essere impostata analogamente a
quella della polmonite pneumococcica, tenendo presente che occorre un dosaggio
più elevato di penicillina, e che dal 30 al 40% dei ceppi di Strept. pyogenes
di gruppo A sono resistenti alle tetracicline ed all'eritromicina. Se fosse
presente empiema, questo deve essere drenato.
La
polmonite stafilococcica si presenta con maggior frequenza nei pazienti
immunodepressi e nei soggetti ospedalizzati (tab.08
Dal
punto di vista del quadro clinico la polmonite stafilococcica è simile alle
altre forme sostenute da cocchi Gram-positivi.
In
questo caso è molto frequente la tendenza alla necrosi ed
all'ascessualizzazione (25% dei casi) nell'adulto, mentre nel bambino è
caratteristica la formazione di pneumatoceli, in assenza però di necrosi
tissutale.
La
polmonite stafilococcica che consegue alla diffusione per via ematogena di
emboli settici a partire da un'endocardite localizzata nella porzione destra del
cuore o da una tromboflebite settica porta all'instaurarsi di un quadro
radiografico molto caratteristico, con lesioni nummulari multiple che si
ingrandiscono e vanno incontro a cavitazione nel giro di pochi giorni.
L'esame
colturale dell'espettorato porta più facilmente che-non nelle altre polmoniti
da cocchi Gram-positivi all'isolamento dello Staph. aurcus.
Il
quadro radiografico è caratterizzato da focolai multipli, ad interessamento
segmentario con tendenza alla cavitazione.
La
polmonite stafilococcica può porre problemi relativamente al trattamento, non
tanto nel paziente immunocompetente, quanto nel paziente immunodepresso. Infatti
se il 90% dei ceppi di stafilococco deve essere considerato penicillinasi
produttore, e quindi resistente alla penicillina e derivati, un problema a sé
stante è rappresentato dai ceppi meticillino resistenti, vale a dire resistenti
alla meticillina ed alle isoxazolilpenicilline, considerate farmaci
antistafilococcici: la resistenza a questo gruppo di antibiotici è dovuta alla
presenza in tali ceppi di una Penicillin Binding Protein diversa, la PBP 3a: i
ceppi meticillino resistenti hanno fortunatamente una diffusione ancora molto
limitata, e sono appannaggio soprattutto del paziente immunocompromesso.
Da
ciò la necessità, quando si isoli un ceppo di Staph. aureus, di eseguire
sempre l'antibiogramma, per poter stabilire se si tratti o meno di un ceppo
meticillinoresistente.
È necessario comunque impiegare una penicillina penicillinasi-resistente
(meticillina e isoxazolilpenicilline), dal momento che lo Staph. aureus è
produttore di penicillinasi nel 90% dei casi. Nel caso si trattasse di un ceppo
meticillino-resistente potranno essere impiegate la vancomicina o la
teicoplanina introdotta recentemente, che risulta molto meno tossica e più
maneggevole della vancomicina. Alcuni ceppi meticillino-resistenti possono
risultare sensibili, almeno in vitro, ad aminoglucosidici ed a fluorochinoloni.
Per
i ceppi meticillino-sensibili potranno essere impiegate, in alternativa alle
isoxazolilpenicilline, cefalosporine di 1a e 2a generazione, lincomicina,
clindamicina, macrolidi, fluorochinoloni e, tra gli aminoglucosidici,
gentamicina e netilmicina.
La
polmonite da H. influenzae è più frequente nei bambini di circa un anno di età,
mentre fra gli adulti risultano più colpiti i soggetti immunodepressi ed i
bronchitici cronici.
Non
è comunque nota la reale incidenza di questa forma, che è sempre comunque
espressione di una compromissione delle difese immunitarie. Il bambino è molto
più suscettibile dell'adulto all'infezione da H. influenzae verosimilmente
perché non possiede quasi del tutto anticorpi anticapsulari: solo i ceppi
capsulati infatti risultano patogeni. In realtà sembrano assumere con sempre
maggiore frequenza un ruolo patogeno anche i ceppi non capsulati non tipizzabili
soprattutto in alcune categorie di soggetti, rappresentate soprattutto dai
broncopneumopatici cronici. In effetti gli antibiotici molto attivi di cui oggi
si dispone portano ad una rapida eradicazione dell'infezione sostenuta da questi
ceppi in età pediatrica, per cui non vengono prodotti anticorpi. Questa
potrebbe essere una delle ragioni che spiegherebbero l'aumentata diffusione e
patogenicità di tali ceppi nell'adulto, dal momento che mancherebbe quindi di
una valida difesa anticorpale.
I
soggetti adulti con compromissione dell'immunità umorale (deficit di IgG) hanno
in genere una forma di polmonite molto simile a quella del bambino (15% del
totale): si tratta per lo più di soggetti di età < 40 anni, che presentano
sintomi a tipo raffreddore comune per qualche giorno e quindi 1'insorgenza
improvvisa di febbre, con dolore toracico, mialgie, tosse dapprima secca e poi
produttiva. Il quadro radiografico evidenzia un interessamento di tipo
segmentario.
Negli
adulti con immunità umorale intatta, ma con compromissione dei meccanismi di
difesa locali, come nel caso dei broncopneumopatici cronici, il quadro clinico
è simile in genere a quello di una comune riacutizzazione infettiva, con
tachipnea, febbricola, tosse produttiva. Questa seconda forma è di gran lunga
la più frequente.
Anche
nel caso della polmonite da H. influenzae l'isolamento del germe dalle
secrezioni bronchiali ed in particolare dall'espettorato, non è
inequivocabilmente diagnostico per un infezione in atto, soprattutto se si
tratta di pazienti bronchitici cronici.
È inoltre piuttosto difficile isolare questa specie dalle secrezioni
bronchiali, come pure è difficile isolarlo dall'emocoltura. Per quanto riguarda
il quadro radiografico il dato più caratteristico di queste forme è
rappresentato dalla precoce comparsa di un versamento pleurico, evidente nel 50%
dei casi circa. L'interessamento è di tipo segmentario nel 60%
H.
influenzae è sensibile all'ampicillina: dal momento però che oggi una certa
percentuale di ceppi, variabile da ambiente ad ambiente, sono produttori di
beta-lattamasi, soprattutto in ambiente nosocomiale, è opportuno utilizzare
l'ampicillina o l'amoxicillina in associazione con un inibitore delle
beta-lattamasi, nel caso in cui il trattamento debba essere impostato
empiricamente senza poter determinare se il ceppo è beta-lattamasi produttore o
meno (tab.09
Altri
antibiotici attivi nei confronti dell'H. influenzae sono le cefalosporine di 2a
e 3a generazione, il cotrimoxazolo, l'aztreonam, l'imipenem, il cloramfenicolo e
i fluorochinoloni.
Negli
ultimi anni si è riconosciuto un ruolo patogeno ad un microrganismo sino ad ora
considerato commensale del cavo orofaringeo, vale a dire Moraxella catarrhalis.
Viene infatti isolato con elevata frequenza dal tampone orofaringeo di soggetti
adulti sani: secondo alcuni Autori occuperebbe il quinto posto, in ordine di
frequenza, dopo H. influenzae, Ps. aeruginosa, Strept. pneumonide, Staph.
aurens. In pazienti ricoverati Moraxella catarrhalis viene isolata
dall'espettorato nel 55% dei casi circa in coltura pura, nel rimanente 45 % dei
casi in coltura mista con H. influenzae e/o Staph. aureus. I pazienti colpiti da
questo tipo di infezione sono in genere broncopneumopatici cronici, fumatori, e
comunque anziani (di età uguale o superiore 65 anni); molto spesso si tratta di
pazienti con compromissione del sistema immunitario per neoplasia, diabete,
etilismo oppure per trattamenti protratti con corticosteroidi.
Nel
70% dei casi l'infezione da M catarrhalis è rappresentata da una
riacutizzazione infettiva di broncopneumopatia cronica ostruttiva, e nel 30% dei
casi circa da polmonite. Vi è una certa incidenza stagionale, con picchi
massimi nella stagione fredda, da novembre a maggio; non sono note le ragioni di
tale comportamento, anche se si ritiene possibile un ruolo predisponente
esercitato dalle infezioni virali.
Si
tratta nella maggior parte dei casi di polmoniti acquisite in comunità, anche
se recentemente vi sono state segnalazioni relative ad epidemie occorse in
ospedale fra pazienti anziani.
Il
quadro clinico è simile a quello delle altre polmoniti batteriche, con un
livello di gravità inferiore, ad eccezione che nei pazienti immunocompromessi.
In
genere il paziente presenta tosse produttiva con espettorato purulento e/o
aumento della dispnea. Non sempre sono presenti febbre, brividi, dolore
toracico: molto spesso il quadro clinico non è differenziabile da quello di una
riacutizzazione infettiva di bronchite cronica; la radiografia del torace può
evidenziare infiltrati bilaterali diffusi o addensamenti lobari, mentre non è
costante la presenza di versamento pleurico.
La
diagnosi si basa sull'isolamento della M catarrtalis da campioni validi di
secrezioni bronchiali; l'esame microscopico diretto dello striscio di
espettorato colorato al Gram evidenzia numerosi polimorfonucleati neutrofili e
diplococchi Gram-negativi. Nell'impostazione del trattamento non va dimenticato
che oggi fino all'86% dei ceppi di Moraxella catarrtalis producono
beta-lattamasi, e perciò un trattamento empirico con ampicillina ed
amoxicillina non avrà successo. Si deve quindi ricorrere all'associazione di
beta-lattamici con inibitori delle beta-lattamasi, cefalosporine di 2a e 3a
generazione, macrolidi, cotrimoxazolo, cloramfenicolo, fluorochinoloni.
Attualmente
le polmoniti da bacilli Gram-negativi sono tra le più frequenti sia nell'ambito
della comunità sia in ambiente nosocomiale; dal 9 al 37% delle forme acquisite
in comunità sono sostenute da bacilli Gram-negativi soprattutto negli anziani,
mentre ben il 60% delle polmoniti nosocomiali riconoscono questa stessa
eziologia.
Klebsiella
pneumoniae è il più frequente agente eziologico di questo tipo di polmonite in
comunità e il secondo per le forme nosocomiali. L'infezione consegue
all'inalazione di secrezioni orofaringee contaminate da questa specie (tab.10 È noto
infatti come i pazienti ospedalizzati vengono rapidamente colonizzati da questo
e da altri microrganismi Gram-negativi a livello dell'orofaringe. Questa forma
di polmonite si manifesta più frequentemente nei pazienti debilitati, negli
etilisti, nei diabetici, nei portatori di cardiopatie, nefropatie e neoplasie.
L'esordio
è caratterizzato da febbre, compromissione generale, dispnea, tosse ed emoftoe;
l'escreato ha un caratteristico aspetto gelatinoso.
La
polmonite da Klebsiella tipicamente si manifesta con interessamento lobare,
prevalentemente a carico dei lobi superiori. Nei pazienti neutropenici si
manifestano invece infiltrati sfumati multipli diffusi. Vi è tendenza alla
necrosi ed all'ascessualizzazione delle lesioni, che esitano spesso in fibrosi
con ispessimento pleurico diffuso.
L'esame
microscopico dell'espettorato rivela spesso la presenza di numerosissimi bacilli
Gram-negativi capsulati. Molto importante è l'isolamento di questa specie per
l'esecuzione dell'antibiogramma.
La
polmonite da Enterobacter è molto rara in comunità, più frequente in ospedale
(15% circa), soprattutto fra i pazienti ustionati.
Causa
in genere focolai multipli diffusi; la sintomatologia è molto simile a quella
della polmonite da Klebsiella pn.
Caratteristiche
analoghe ha la polmonite da Serratiache pure colpisce più frequentemente i
pazienti ospedalizzati, ed ha un esordio acuto; è spesso presente emoftoe o
pseudoemoftoe, dovuto al fatto che i ceppi sono pigmentati. Il quadro
radiografico evidenzia focolai sfumati, che non evolvono verso
l'ascessualizzazione.
La
polmonite da E. coli è al secondo posto in ordine di frequenza fra le polmoniti
della comunità da bacilli Gram-negativi (12-45%), molto meno frequente invece
tra le forme nosocomiali (9-15%). A differenza delle altre polmoniti da bacilli
Gram-negativi, l'infezione polmonare da E. colisia nella comunità sia
nosocomiale può essere conseguente alla diffusione batteriemica a partire dal
tratto genitourinario o gastrointestinale. Può comunque conseguire anche
all'aspirazione di secrezioni orofaringee contaminate.
I
pazienti più predisposti alla polmonite da E. coli sono gli anziani con
patologie croniche debilitanti, i diabetici, i cardiopatici,
ibroncopneumopatici, i cirrotici ed i pazienti con infezioni urinarie. Vengono
preferibilmente interessati i lobi inferiori ed è frequente la presenza di
versamento pleurico. È
piuttosto facile isolare il patogeno dalle urine, dal sangue, dall'espettorato e
dal liquido pleurico.
La
polmonite da Proteus è molto più frequente in ambiente nosocomiale e consegue
all'aspirazione di secrezioni orofaringee. Predilige in genere i segmenti
posteriori del lobo superiore destro ed i segmenti superiori del lobo inferiore
destro; l'interessamento è lobare ed è molto frequente la tendenza alla
formazione di ascessi multipli nel suo contesto.
Le
polmoniti nosocomiali da bacilli Gram-negativi non sono sempre diagnosticabili
agevolmente, perché si tratta in genere di soggetti già notevolmente
compromessi a causa della malattia di base che ne causa l'ospedalizzazione.
Particolare attenzione deve essere rivolta all'osservazione delle eventuali
modificazioni delle caratteristiche delle secrezioni bronchiali e delle funzioni
respiratorie. Si è già ricordato come l'incidenza delle polmoniti nosocomiali
vari a seconda dei criteri dagnostici adottati.
È sicuramente molto più elevata nel paziente ventilato meccanicamente:
la diagnosi di certezza deve essere basata sull'esecuzione di un broncoaspirato
con catetere protetto, mentre l'osservazione del quadro clinico e del quadro
radiografico può risultare fuorviante se non è accompagnata da accurate
indagini microbiologiche.
Nelle
polmoniti da Enterobacteriaceae è più che mai necessaria l'esecuzione
dell'antibiogramma data l'estrema variabilità della sensibilità agli
antibiotici di queste specie.
Fra
gli antibiotici di scelta comunque si possono includere le
acilureidopenicilline, le cefalosporine di 2a e 3a generazione, imipenem,
aztreonam, gli aminoglucosidici ed i fluorochinoloni.
A
tale proposito si possono fare alcune considerazioni riguardo al trattamento
empirico delle polmoniti nosocomiali in genere, sostenute nella maggior parte
dei casi da Enterobacteriaceae, Pseudomonas aeruginosa, Staph. aureus ed altre
specie Gram-negative considerate "difficili".
In
assenza di diagnosi batteriologica la scelta più "tradizionale" è
rappresentata dall'associazione beta-lattamico + aminoglucosidico; oggi,
disponendo di antibiotici a spettro molto ampio, si può sostituire a questa
associazione una monoterapia condotta ad esempio con imipenem, oppure
ceftazidime, oppure ciprofloxacina ecc. In questo caso vi è però il pericolo
della selezione piuttosto rapida di mutanti resistenti. Nel caso in cui si
sospetti come forma alternativa la polmonite da Legionella, si associa
eritromicina ad una delle due soluzioni sopra prospettate; nel caso invece del
sospetto di una forma da Staph. aureus è bene associare vancomicina o
teicoplanina.
In
questi ultimi anni si è osservato un aumento dell'incidenza delle polmoniti
nosocomiali sostenute da Ps. aeruginosa che rappresentano circa il 14% di queste
forme; risultano particolarmente frequenti nei reparti di terapia intensiva.
Consegue
all'aspirazione di secrezioni orofaringee contaminate: circa il 5 % dei soggetti
adulti sani sono portatori di questa specie a livello del rinofaringe, mentre i
soggetti ospedalizzati affetti da neoplasie lo sono nel 50% dei casi.
Particolarmente
a rischio di polmonite da Ps. aeruginosa sono i pazienti granulocitopenici, come
pure i soggetti affetti da neoplasie o da cardiopneumopatie gravi.
Il
quadro clinico è caratterizzato da confusione mentale, febbre, brividi, tosse
produttiva con escreato giallo o verdastro. Vi è spesso bradicardia relativa ed
inversione della curva termica. Sono spesso presenti alterazioni degli indici di
funzionalità epatica e renale. Può essere presente versamento emorragico.
Il
quadro radiografico evidenzia focolai multipli, bilaterali, più frequentemente
a carico dei lobi inferiori.
Il
trattamento della polmonite da Ps. aeruginosa può risultare problematico, perché
si tratta di una specie dotata spesso di resistenze multiple agli antibiotici.
Tra
gli antibiotici attivi nei confronti di Ps. aeruginosa vi sono le
acilureidopenicilline (soprattutto azlocillina), alcune cefalosporine di 2a e 3a
generazione (cefoperazone, ceftazidime, cefsulodin, quest'ultimo attivo solo nei
confronti di Ps. aeruginosa); aztreonam, imipenem, aminoglucosidici
(tobramicina, amikacina o netilmicina), fluorochinoloni (ciprofloxacina,
ofloxacina).
Disponendo
dei dati dell'antibiogramma la scelta potrà ricadere su uno di questi
antibiotici; nel caso in cui la diagnosi fosse invece solo di presunzione la
scelta di un'acilureidopenicillina, di una delle cosiddette cefalosporine
antipseudomonas (con l'esclusione di cefsulodin), dell'imipenem o di un
fluorochinolone (ofloxacina o ciprofloxacina) dovrebbe garantire il successo sia
nell'ipotesi, non provata, di infezione da Ps. aeruginosa, sia nell'ipotesi di
eziologia da Enterobacieriacede come pure da H. influenzae, da pneumococco o da
Strept. pyogenes.
Legionella
pneumophila produce diverse esotossine ed un'endotossina che sembrano coinvolte
nella patogenesi dell'infezione come pure nelle manifestazioni extra polmonari
che caratterizzano questa forma di polmonite. Sono state isolate alcune di
queste tossine che inibiscono le funzioni fagocitarie, ed in particolare una
fosfolipasi che inibisce il metabolismo ossidativo ed il killing
intralcucocitario, come pure un inibitore della chemotassi.
Legionella
pneamophila è un patogeno a localizzazione intracellulare: le cellule chiave
nella difesa contro questo microrganismo sono i monociti ed i macrofagi
alveolari.
Negli
ultimi anni si è potuto stabilire che è causa di epidemie non solo in comunità
ma anche in ambiente nosocomiale. Si calcola che Legionella pneamophila e le
altre specie di legionelle siano responsabili di infezioni respiratorie in
diversa proporzione: per l'85% circa la prima e per il 10-20% le seconde.
Spesso
è sottostimata la reale incidenza delle polmoniti nosocomiali da L.
pneumophila, che si calcola essere compresa fra l'1 ed il 30% circa, mentre
l'incidenza delle polmoniti da L. pneumophila in comunità è compresa fra il 2
ed il 14% circa. Le altre specie dilegionelle causano infezioni respiratorie
soprattutto nel paziente immunocompromesso. Recentemente si è aggiunta un'altra
nuova specie alle 28 già note, vale a dire la L. tucsonensis, che è stata
isolata per la prima volta dal liquido pleurico di un paziente trapiantato.
Prendendo
in considerazione la polmonite da L. pneumophila, il quadro clinico può essere
molto vario: infatti, dopo un periodo che va da 2 a 10 giorni la maggior parte
dei pazienti sviluppano polmonite, oppure l'infezione può avere svariate
manifestazioni, alcune delle quali decorrono pressoché asintomatiche. L'esordio
della polmonite è graduale, brusco nell'immunodepresso; i primi sintomi sono
rappresentati da malessere, letargia, cefalea, confusione mentale, mialgie ed
anoressia. La tosse non è produttiva nella maggior parte dei casi; nel 25% dei
pazienti invece l'espettorato può risultare purulento o ematico. Sono presenti
in genere diarrea, nausea e vomito. La febbre è elevata, spesso con brivido,
nel 60% dei pazienti vi è bradicardia relativa. L'obiettività toracica è
quella classica, di un addensamento flogistico. Fra i sintomi extrapolmonari,
presenti in molti pazienti, possono esservi anomalie neurologiche, cefalea,
letargia, pericardite, miocardite, insufficienza renale.
Le
forme di polmonite causate da altre specie di Legionella non sono distinguibili
clinicamente da quella da L. pneumophila, con l'eccezione della polmonite da L.
micdadeie L. bozemanii: la febbre è meno elevata; vengono colpiti quasi
esclusivamente soggetti immunodepressi.
L'aspetto
radiografico è caratterizzato da un addensamento lobare, o segmentario,
nodulare o sfumato, ed in genere è presente versamento pleurico.
Nella
polmonite da L. micdadei vi sono infiltrati nodulari che ricordano il quadro
causato dalla localizzazione polmonare di emboli settici.
La
diagnosi di polmonite da Legionella si basa sull'isolamento dei microrganismi,
sulla messa in evidenza del germe o dei suoi antigeni solubili nei liquidi
organici, sull'impiego di sonde genetiche, o su indagini sierologiche (tab.11
La
specificità delle indagini sierologiche è attorno al 90%: è necessario
dimostrare la sieroconversione (un aumento di 4 volte del titolo anticorpale)
che si verifica da 4 a 6 o 8 settimane dopo l'esordio della malattia.
L'immunofluorescenza
diretta è il metodo più rapido attualmente per far diagnosi di polmonite da
Legionella: può essere eseguita sull'espettorato, sull'aspirato transtracheale,
su biopsia polmonare. L'isolamento della Legionella da campioni patologici deve
essere effettuato utilizzando terreni particolari.
La
terapia della polmonite da L. pneumophila si avvale dell'impiego di
eritromicina, eventualmente associata a rifampicina nei casi più gravi. Anche i
fluorochinoloni che sono in grado di penetrare e raggiungere concentrazioni
terapeutiche all'interno dei fagociti, si sono rivelati attivi in vitro nei
confronti di questa specie e sembrano essere molto promettenti per questo tipo
di impiego.
Questa
forma di polmonite può conseguire all'aspirazione di corpi estranei o materiale
corpuscolato che porta ad ostruzione bronchiale, oppure all'aspirazione di
liquido gastrico, all'inalazione di sostanze chimiche o sospensioni oleose,
oppure ad annegamento.
A
questi eventi in genere fa seguito l'instaurarsi di una polmonite batterica
sostenuta dai comuni saprofiti dell'orofaringe rappresentati da specie aerobie
ed anaerobie presenti in carica considerevole: la polmonite, che è quindi
causata da una flora mista, si verifica in pazienti in stato di incoscienza,
negli etilisti, nei tossicodipendenti, nei pazienti già sottoposti ad anestesia
generale. Nel 90% dei casi di polmonite da aspirazione sono presenti specie
anaerobie (tab.12x).
Si
tratta in genere di una forma ad andamento necrotizzante che colpisce per lo più
i segmenti apicali di entrambi i lobi inferiori; dati i caratteri
dell'infezione, la sua naturale evoluzione è verso l'ascesso polmonare e
l'empiema.
Il
quadro clinico ed il decorso non si discostano da quello delle altre forme di
polmonite.
Dal
momento che spesso ne sono responsabili specie anaerobie (peptococchi,
peptostreptococchi, Bacteroides, Fusobacterium, ecc.) particolare attenzione
dovrà essere posta nella raccolta del campione patologico da esaminare: è
preferibile infatti disporre dell'aspirato transtracheale.Non è agevole
l'identificazione delle specie anaerobie, che si basa su indagini relativamente
semplici (caratteristiche morfologiche delle colonie, comportamento nei
confronti dell'ossigeno ecc.), oppure su indagini più complesse (es. ricerca
acidi grassi a catena corta in GLC nel pus); è auspicabile che presto si possa
disporre di metodi diagnostici più rapidi ed attendibili, come l'impiego di
sonde genetiche o di anticorpi fluorescenti.
Se
la terapia antibatterica viene impostata tempestivamente, è verosimile che si
riesca ad evitare l'evoluzione verso l'ascessualizzazione.
È necessario impiegare antibiotici ad ampio spettro, oppure
un'associazione trattandosi per lo più di forme sostenute da flora mista.
Il
metronidazolo e la penicillina G, attivi nei confronti degli anaerobi, possono
essere utilizzati in associazione ad altri antibiotici. Se la flora aerobia
associata è rappresentata da bacilli Gram-negativi si possono impiegare
cloramfenicolo, piperacillina, mezlocillina, cefoxitin o cefotetan.In presenza
di Ps. aeruginosa si potrà scegliere un'acilureidopenicillina, oppure una
cefalosporina antipseudomonas (cefoperazone, ceftazidime, cefsulodin) o
ciprofloxacina associati ad un farmaco attivo contro gli anaerobi. Se sono
presenti Gram-positivi (S. aureus e/o streptococchi) insieme agli anaerobi la
scelta può ricadere su cloramfenicolo, cefoxitin, cefotetan, clindamicina,
eritromicina.
Un'altra
valida alternativa nel caso di un'infezione mista è rappresentata dall'imipenem
che comprende nel suo spettro d'azione specie Gram-positive e Gramnegative, sia
aerobie sia anaerobie.
M.
pneumoniae rappresenta uno degli agenti eziologici più frequenti di polmonite
nella comunità; tuttavia rilievi recenti hanno evidenziato che sono molto più
frequenti le infezioni asintomatiche o le tracheobronchiti sostenute da questo
agente. Infatti solo il 3-10% dei soggetti infettati sviluppano polmonite.
L'infezione può verificarsi durante qualsiasi periodo dell'anno, senza una
particolare incidenza stagionale.
L'infezione
da M pneamoniae non è gravata da una elevata contagiosità: è verosimile che
sia necessario un contatto stretto e duraturo perché si verifichi contagio e si
manifesti l'infezione, che ha un periodo di incubazione compreso fra 14 e 21
giorni. Molto frequenti sono le epidemie in particolari comunità: caserme,
dormitori universitari, prigioni, ospedali ecc.
L'esordio
è spesso progressivo e alquanto insidioso, con cefalea, malessere, febbre. La
tosse in genere non è produttiva o lo è molto poco. Il paziente frequentemente
lamenta dolore retrosternale, più raramente dolore di tipo pleuritico. Nel
25-50% dei casi sono presenti sintomi legati all'interessamento delle alte vie
respiratorie: rinorrea, otalgia, faringodinia. Molto meno frequenti sono altri
sintomi di carattere generale, quali nausea, vomito, diarrea, rash cutanei,
mialgie, artralgie.
È
piuttosto caratteristica, analogamente a quanto si osserva per le polmoniti
virali, la sproporzione fra il dato obiettivo ed il quadro radiografico che
rispetta più fedelmente l'interessamento del parenchima polmonare.
L'obiettività
non evidenzia infatti reperti molto imponenti; l'ascoltazione può risultare
negativa, talvolta si apprezzano invece ronchi, rantoli o sibili di modesta
entità nelle zone interessate. Sono rari i segni di consolidamento polmonare
(ottusità alla percussione, abolizione del murmure ecc.).
Il
quadro radiografico può evidenziare aspetti quanto mai vari che vanno
dall'addensamento lobare ad infiltrati interstiziali diffusi. Non sembra
comunque di poter evidenziare aspetti radiografici caratteristici di questa
forma. Il quadro più frequente è rappresentato da un infiltrato segmentario
monolaterale a carico dei lobi inferiori, di aspetto sfumato o confluente; nel
35 % dei casi tuttavia vi può essere un interessamento bilaterale.
Le
alterazioni radiografiche possono persistere molto a lungo: nel 40% dei casi si
ha la completa risoluzione entro 4 settimane dall'esordio della malattia e nel
96% dei casi entro 8 settimane.
La
diagnosi si basa sull'isolamento del microrganismo o su indagini sierologiche.
La
coltura viene eseguita sull'espettorato o sul tampone faringeo. La coltura con i
metodi convenzionali richiede tempi molto lunghi (14-21 giorni); attualmente
viene proposto un metodo di microcoltura che utilizza un terreno bifasico (brodo
+ agar) che contiene un indicatore: la crescita del micoplasma viene evidenziata
dalla presenza delle colonie che assumono un particolare aspetto "a uovo
fritto" e dal viraggio di colore dell'indicatore. Con questo metodo i
risultati vengono ottenuti entro 72 ore.
Fra
le tecniche sierologiche la fissazione del complemento è considerata lo
standard per la relativa sensibilità e facilità di esecuzione. Si ritiene
diagnostico un aumento di 4 volte del titolo anticorpale tra il siero della fase
acuta e quello convalescente. Con altre metodiche, quali l'immunofluorescenza
indiretta, l'ELISA ecc. che determinano il titolo anticorpale IgM, è possibile
ottenere risultati entro tempi più brevi, con una sensibilità dell'80% circa.
Negli
Stati Uniti sono disponibili sonde di DNA per l'identificazione di M. pneumoniae
che hanno una sensibilità ed una specificità del 90% circa.
Tra
le complicanze non polmonari della polmonite da M pneumoniae vi sono: l'anemia
emolitica da agglutinine "a frigore" (nel 50% dei casi; da anticorpi
IgM che reagiscono con l'antigene I della membrana eritrocitaria), rash cutanei
(25%) complicanze neurologiche (10%).
Dal
momento che M. pneumoniae non possiede una parete cellulare, penicilline e
cefalosporine non risultano attive. È
necessario impiegare antibiotici che penetrino e raggiungano concentrazioni
efficaci all'interno delle cellule, poiché si tratta di patogeni a
localizzazione intracellulare.
Fra
questi risultano attivi i macrolidi e le tetracicline. Per i fluorochinoloni è
stata dimostrata una buona attività "in vitro" che deve tuttavia
essere confermata dall'esperienza clinica.
Al
genere Chlamydia appartengono tre specie: C. trachomatis, causa di infezioni a
trasmissione sessuale, C. psittaci, agente eziologico della psittacosi e la C.
TWAR o C. pneumoniae che è stata identificata piuttosto recentemente ed è in
grado di causare infezioni respiratorie. Dopo l'identificazione di questa nuova
specie di Chlamydia se ne stanno riconoscendo le caratteristiche: può sostenere
infezioni a carico delle alte vie respiratorie (faringiti, sinusiti) e delle vie
aeree inferiori, soprattutto tracheobronchiti e polmoniti.Si ritiene che molte
forme sostenute da C. pneumoniae vengano erroneamente attribuite al Mycoplasma
pneumoniae: il quadro clinico dei due tipi di polmonite è infatti molto simile.
Si ritiene che circa il 10% delle polmoniti nella comunità possa essere
attribuito a C pneumoniae, ed anzi giungono dagli Stati Uniti segnalazioni
relative a casi di polmonite piuttosto gravi in pazienti anziani ospedalizzati
sostenuti da questa stessa specie.
Si
tratta di un'infezione a contagio esclusivamente interumano: vengono colpiti
soggetti di qualsiasi età, soprattutto giovani adulti, mentre è rara
l'infezione nei bambini di età inferiore ai 5 anni. Non vi è un'incidenza
stagionale per la polmonite e le infezioni respiratorie in genere da C.
pneumoniae. La prevalenza anticorpale è piuttosto elevata nella popolazione
adulta, pari a circa il 40%.
Nel
soggetto adulto le manifestazioni cliniche possono corrispondere ad una prima
infezione oppure ad una reinfezione, mentre nel soggetto anziano si tratta in
genere di reinfezioni, ad andamento cronico, soprattutto nei pazienti con
patologie croniche di base, quali le broncopneumopatie croniche ostruttive.
Molto
spesso l'insorgenza della polmonite è preceduta da faringite con intensa
faringodinia, che recede per poi dar luogo alla forma broncopneumonica
(andamento "bifasico" della malattia).
Il
quadro radiografico si presenta con un interessamento in genere subsegmentario
monolaterale, mentre nel paziente ospedalizzato possono verificarsi focolai
bilaterali con reazione pleurica.
La
diagnosi di polmonite da C. pneumoniae può essere formulata in base
all'isolamento del microrganismo o con metodi sierologici. L'isolamento
dall'espettorato è molto difficile, anche perché il microrganismo viene
inattivato rapidamente a temperatura ambiente. L'isolamento può essere reso più
agevole dall'impiego di un anticorpo monoclonale anti-C. pneumoniae coniugato
con fluoresceina.
Piuttosto
attendibile sembra essere anche il test di immunofluorescenza diretta da
eseguirsi su campioni di espettorato, in alternativa alla coltura. I metodi
comunque più comunemente adottati sono quelli sierologici. I seguenti reperti
sono indicativi di infezione recente: 1) aumento di 4 volte del titolo
anticorpale nel siero convalescente rispetto a quello della fase acuta; 2)
titolo delle IgM specifiche: 1:32; 3) titolo delle IgG specifiche: 1:512.
Non
è comunque agevole, come risulta da quanto sopra esposto, formulare una
diagnosi rapida di infezione da C. pneumoniae: in genere viene posta solo a
posteriori, per cui molto spesso si è nell'impossibilità di differenziare
questa forma dalla polmonite da mycoplasma.
La
terapia si basa sull'impiego protratto di macrolidi o tetracicline a dosaggi
piuttosto elevati, sia nelle forme da C. pneumoniae sia nelle forme, più rare,
da C. psittaci.
I
virus causano polmonite con maggior frequenza nel bambino che non nell'adulto.
È spesso difficile formulare una diagnosi di certezza di polmonite
virale sia nel bambino sia nell'adulto: infatti i criteri diagnostici si
avvalgono soprattutto di dati clinici ed epidemiologici piuttosto che di
laboratorio. Alcuni elementi possono orientare verso l'eziologia virale della
polmonite (quadro radiografico, quadro clinico con sintomi extrapolmonari a tipo
mialgie, cefalea, rinorrea, mancato isolamento di specie batteriche dalle
secrezioni bronchiali), anche se lo stesso quadro clinico può essere imputato
ad altri agenti eziologici, quali Mycoplasmi, Chlamydie, Legionella sp.,
Rickettsie ecc.
Molti
fattori possono influenzare l'incidenza e l'epidemiologia delle polmoniti
virali. A seconda del gruppo di età considerata, infatti, vi è una diversa
incidenza delle varie specie virali, ed anche il tipo di ambiente (casa di cura,
ospedale, caserma ecc.) può determinare il prevalere di una specie virale
piuttosto che di un'altra (tab.13
Nei
bambini sono più frequentemente responsabili di polmonite il Virus
RespiratorioSinciziale (RSV) (40-60% dei casi) seguito dal virus parainfluenzale
di tipo 3, e dagli adenovirus. Nell'adulto è più frequente il virus
influenzale A, mentre tra le reclute nelle caserme gli adenovirus sono
maggiormente responsabili di polmonite. Molto meno comuni nell'adulto sono le
polmoniti da virus parainfluenzale di tipo 3 e da RSV.
Globalmente
considerate comunque le polmoniti virali fra gli adulti rappresentano solo il
10% delle forme acquisite in comunità.
Le
polmoniti virali e le infezioni respiratorie di origine virale in genere, hanno
una maggiore incidenza nel periodo invernale. Le piccole comunità chiuse
(collegi, caserme ecc.) rappresentano l'ambiente ideale per l'insorgere ed il
diffondersi di piccole epidemie. La presenza di patologie concomitanti può in
vario modo influenzare l'incidenza delle polmoniti virali: risultano
particolarmente predisposti fra gli adulti i portatori di valvulopatie cardiache
ed i fumatori; i soggetti sottoposti a trapianti cardiaci o di midollo ed i
pazienti affetti da AIDS, sono più frequentemente colpiti da polmonite da
Cytomegalovirus.
Il
quadro clinico è molto simile indipendentemente dal tipo di virus responsabile
dell'infezione e molto spesso è anche simile a quello delle altre forme di
polmonite cosiddetta "atipica".
La
polmonite da virus influenzale è preceduta circa 24 ore prima in genere dai
segni e sintomi classici di una sindrome influenzale; il quadro è poi
rappresentato da dispnea ingravescente, febbre elevata, cianosi e crisi
asmatiformi. È possibile il
verificarsi di emoftoe. Obiettivamente si apprezzano rumori secchi diffusi.
Molto spesso vi è discrepanza tra l'obiettività toracica, negativa, ed il
quadro radiografico, che può evidenziare infiltrati periilari bilaterali
diffusi.
La
polmonite da RSV colpisce tipicamente i bambini (6 mesi-3 anni) spesso con
piccole epidemie in inverno ed agli inizi della primavera: i segni e sintomi
sono molto simili a quelli della bronchiolite causata dallo stesso agente.
Obiettivamente si apprezzano rumori broncospastici diffusi, ed il quadro
radiografico evidenzia infiltrati polmonari e zone di atelettasia alternate ad
aree di iperdiafania.
Gli
adenovirus possono essere agenti eziologici di polmonite tanto nel soggetto
immunocompromesso quanto nell'immunodepresso. Da questo tipo di pazienti sono
stati recentemente isolati altri sierotipi di adenovirus responsabili di
polmonite, oltre ai più comuni sierotipi 4, 7 e 21.
Il
quadro clinico è molto simile a quello delle altre forme virali, tranne che
nell'esordio, che risulta spesso graduale, a differenza di quanto accade nella
polmonite influenzale.
Le
forme da virus parainfluenzale sono in per lo più di lieve o moderata gravità
e non richiedono in genere l'ospedalizzazione soprattutto per l'adulto
immunocompetente, mentre nell'immunodepresso anche questa forma di polmonite può
risultare fatale.
Il
Cytomegalovirus (CMV) è agente eziologico di polmonite esclusivamente
nell'immunodepresso soprattutto nei pazienti sottoposti a trapianto renale o di
midollo. È una forma di
polmonite molto grave, spesso fatale. Il quadro clinico è rappresentato da
febbre, mialgie, artralgie, faticabilità, sintomi seguiti dalla comparsa di
tosse secca e tachipnea. Il quadro radiografico evidenzia infiltrati polmonari
diffusi, talvolta addensamenti focali.
La
diagnosi di polmonite virale non è molto agevole: la diagnosi di certezza
naturalmente dipende dall'isolamento del virus da tamponi rinofaringei, dal
liquido di lavaggio del rinofaringe, dall'aspirato transtracheale,
dall'agoaspirato o dalla biopsia polmonare. Non tutti i laboratori però sono
attrezzati per questo tipo di indagine che richiede comunque tempi piuttosto
lunghi (da 4 a 7 giorni o più). Per le infezioni da RSV o da altri virus è
possibile utilizzare l'immunofluorescenza su cellule esfoliate dal rinofaringe
come pure la ricerca di antigeni virali nelle secrezioni bronchiali.
Fra
le indagini sierologiche vengono utilizzate per la diagnosi di infezione virale
la fissazione del complemento, l'inibizione dell'emoagglutinazione, la
neutralizzazione e l'ELISA. Risulta diagnostico un aumento di 4 volte del titolo
anticorpale nel siero convalescente rispetto a quello della fase acuta.
Sono
in fase di studio sonde genetiche per l'identificazione dei virus.
Come
già ricordato il quadro radiografico della polmonite virale non evidenzia in
genere aspetti caratteristici.
Il
trattamento delle infezioni virali e quindi anche delle polmoniti virali, pone a
tutt'oggi non pochi problemi.
Molti
farmaci sono infatti ancora in fase di studio e solo alcuni sono entrati
nell'uso clinico, e comunque con risultati spesso discordanti (tab.14
L'amantadina
è risultata efficace nella profilassi dell'influenza mentre studi condotti per
valutarne l'efficacia nel trattamento della polmonite influenzale hanno dato
risultati piuttosto deludenti. Solo se somministrata agli esordi della malattia,
può portare ad un certo miglioramento del quadro clinico.
L'acyclovir
è dotato di efficacia clinica nel trattamento delle infezioni da herpes simplex
e varicella-zoster virus. Non vi sono studi pubblicati sulla reale efficacia del
farmaco nella polmonite, peraltro molto rara, sostenuta da questi agenti virali:
tuttavia la bassa tossicità dell'acyclovir e la sua elevata attività possono
giustificarne l'impiego nei pazienti con forme gravi, e soprattutto negli
immunodepressi.
La
ribavirina può essere impiegata per via aerosolica nel trattamento della
polmonite da RSV e da virus influenzali. In studi controllati si è potuto
osservare che produce una più rapida defervescenza, una riduzione nella
replicazione e nella diffusione del virus ed un miglioramento della
sintomatologia.
Il
DHPG o gancyclovir [9 (1,3-diidrossi-2-propossi-metil) guanina] è stato
utilizzato in pazienti immunocompromessi con infezione disseminata da CMV, fra
cui anche pazienti affetti da polmonite: in questi ultimi il trattamento non ha
dato risultati soddisfacenti, mentre questi si sono avuti in infezioni a
localizzazione diversa da quella polmonare. Sono necessari perciò studi più
approfonditi per valutarne la reale efficacia.
Amar
R.L., Greenberg S.B.: Pneumonia caused by Mycoplasma pneumaniae and the TWAR
agent. Seminars in Respiratory Infections, 4, 19, 1989.
TORNA ALL'INDICE
TORNA ALL' HOME
PAGE CARLOANIBALDI.COM
PILLOLE DI STORIA CONTEMPORANEA dal sito LA GRANDE CROCIATA |
L'Europa degli anni '20-'30 |
Il resto del mondo |
L'ascesa dei regimi |
Cronologia del Nazismo |
L'Europa in fiamme |
Il 1940 giorno per giorno |
Antisemitismo in Europa |
L'Olocausto |
I Lager |
La Campagna d'Italia |
Il D-Day |
6 Agosto |
I personaggi |
Le cartine |
Le cifre |
Links |
Filmati |
Collana monografica: |
|